La prova del tempo: 1976, il fenomeno Rocky batte tutti

Nel nuovo appuntamento con la nostra rubrica Plus dedicata alla storia del box-office, parliamo del 1976 e del fenomeno Rocky

Condividi

  1. Rocky - $55,900,000

  2. È nata una stella - $37,100,000

  3. King Kong - $36,900,000

  4. Wagon-Lits con omicidi - $30,018,000

  5. Tutti gli uomini del Presidente - $30,000,000

  6. Il presagio - $28,500,000

  7. Che botte se incontri gli orsi - $24,800,000

  8. Cielo di piombo Ispettore Callaghan - $24,000,000

  9. In cerca dell'Arca di Noé - $23,800,000

  10. La battaglia di Midway - $21,610,435

Giovane speranzoso sulla soglia dei 30 anni, dopo una serie di piccoli ruoli disperati, si gioca il tutto per tutto, scrive un’appassionatissima sceneggiatura, insiste ammorte per interpretare il ruolo del protagonista a costo di farsi pagare molto meno, convince la United Artists a investirci un milione scarso (anche con l'inflazione, il prezzo di un Blumhouse oggi): ne esce fuori un film leggendario e – cosa che di sicuro non dà fastidio – il maggior incasso dell'anno.  E crepi l'avarizia, pure tre Oscar (film, regia, montaggio). Quel giovane speranzoso, che grazie a questo film divenne appena il terzo a ricevere una nomination contemporanea come Miglior Attore Protagonista che come Miglior Sceneggiatura dopo Charlie Chaplin e Orson Welles, era Sylvester Stallone. Il film – non confondetevi – non era Demolition Man ma era Rocky. In un'epoca in cui la cosiddetta New Hollywood raccontava storie sempre più complesse e pessimiste, Rocky conquistò tutti riprendendone parte del linguaggio ma tornando all'incoraggiante, epico ottimismo dei grandi classici.

Ma se fu Rocky a diventare indubbiamente il fenomeno culturale di maggior rilevanza dell'anno, a livello di marketing il caso più martellante fu quello di King Kong, annunciato come il kolossal dell'anno. La sfida del nostro Dino De Laurentiis, che si proponeva di conquistare Hollywood rifacendo un grande classico con effetti speciali mai visti prima d'ora, colpì subito come un classico esempio di arroganza da grande cinema, stimolando affascinanti echi con quello che era il cattivo della storia originale, il regista/imprenditore Carl Denham che catturò King Kong per esibirlo a Broadway. Il focus della campagna promozionale fu l'affermazione che Kong sarebbe stato un animatronic a grandezza naturale costruito dal nostro Carlo Rambaldi: si rivelò presto come una gigantesca panzana difficile da nascondere. Se da una parte il 99% del film fu gestito tra arti meccanici in primo piano e un costume da gorilla indossato da Rick Baker (fattò che portò a non poche polemiche da parte di quest'ultimo che non vide il suo lavoro adeguatamente riconosciuto), dall'altra fu comunque costruito un gigantesco Kong capace di movimenti elementari, principalmente a uso stampa durante le visite sul set: lo si vede in un paio di rapide inquadrature a campo largo. Non fu abbastanza per spodestare Rocky e la Streisand, ma funzionò.

Seguono un pugno di film in buona parte sorretti dalle loro star: È nata una stella, terza e penultima versione di una storia del '37 filmata più di recente da Bradley Cooper e Lady Gaga (che NON stanno insieme) ed ennesima conferma della strapotenza di Barbra Streisand al botteghino; Tutti gli uomini del presidente, grande classico con l'accoppiata ancora più potente Robert Redford - Dustin Hoffman; il terzo film sull'Ispettore Callaghan.

Il presagio tentava di percorrere la scia lasciata dall'Esorcista unendo horror domestico satanico e nomi prestigiosi (Gregory Peck) e, seppur con meno successo critico, non se la cavò affatto male.

La battaglia di Midway aveva il cast più incredibile di tutti – Charlton Heston, Henry Fonda, James Coburn, Robert Mitchum, Toshiro Mifune – ma era decisamente il film meno moderno del blocco.

Si distinguono infine un paio di commedie che per un motivo o l'altro non ebbero altrettanta risonanza in Italia: Wagon-Lits con omicidi puntava sull'accoppiata Gene Wilder - Richard Pryor, ma quest'ultimo era decisamente più famoso in USA per via della sua carriera da stand-up comedian; Che botte se incontri gli orsi anticipava un po' i Goonies nel suo modo poco disneyano di dipingere un gruppo di 11enni, ma era pur sempre ambientato nel mondo del baseball...

wagons-lits-con-omicidi

I dimenticati

Spicca decisamente In cerca dell'arca di Noé. Lo vedremo spesso in queste classifiche: ogni tanto spuntano nicchie specifiche e intense, accontentate meno spesso rispetto ad altri target, che di conseguenza si fiondano in massa a vedere l'unico evento della stagione dedicato a loro. Magari è un po' azzardato parlare di nicchia quando si parla di Cristianesimo, ma è evidente che a meno che Hollywood non sforni uno dei suoi blockbuster sulla natività o qualsiasi altro noto episodio della Bibbia si fiondano tutti in massa anche a vedere un documentario indipendente, girato da una piccola casa specializzata in film religiosi, che racconta di come l'Arca di Noé sia stata trovata sul monte Ararat in Turchia ma problemi politici impediscano di andare a controllare. Era soltanto la punta dell'iceberg di diverse ricerche e costose spedizioni condotte sull'argomento, equamente divise tra inconcludenti e bufale dritte. Finì per scatenare ulteriori ricerche con risultati altrettanto infruttuosi, incluso un sequel diretto in cui il protagonista, presunto avventuriero in possesso di reliquia, confessò poi di essere solo un attore.

I sottovalutati

Sotto la decina troviamo una discreta ammucchiata di classici, capitanati in reputazione da Taxi Driver e Carrie – Lo sguardo di Satana. Abbiamo tre commedie dal pedigree solido come Signori il delitto è servito, L'ultima follia di Mel Brooks e La pantera rosa sfida l'Ispettore Clouseau; un signor thriller come Il maratoneta con Dustin Hoffman; lo stilosissimo cult sci-fi La fuga di Logan; un altro Eastwood ineccepibile come Il texano dagli occhi di ghiaccio. Almeno per Mel Brooks e la sua idea balzana di girare un film muto, considerando come aveva spaccato il botteghino in due appena un paio d’anni prima con Frankenstein Jr e Mezzogiorno e mezzo di fuoco, nonostante il cast stellare (Paul Newman, James Caan, Burt Reynolds, Liza Minnelli) le cose andarono forse un po’ peggio del previsto.

Il grande flop

Mentre il mondo cattolico si fiondava in massa a farsi raccontare vaghe congetture sui resti dell'Arca di Noé, Il messaggio si proponeva come epico kolossal di tre ore sulla vita di Maometto e la nascita dell'Islam. Costato la bellezza di 10 milioni (quanto Callaghan), si trattava del progetto ambizioso di Moustapha Akkad, siriano, allievo di Sam Peckinpah al suo esordio, che decise di girarlo sia in inglese che arabo con cast doppio (Anthony Quinn guidava quello occidentale). Ebbe guai fin da subito, con accuse preventive di blasfemia visto il dogma religioso che proibisce di rappresentare Maometto e costrinse il film a renderlo una presenza fuori campo. Originariamente intitolato Mohammad, Messenger of God, finì per uscire soltanto nel Regno Unito, mentre il resto del mondo aspettò l'anno seguente nella vana speranza che, col titolo nuovo, si spegnessero polemiche e boicottaggi. Akkad girò un solo altro film in carriera: Il leone del deserto, 1982, sulla resistenza libica ai fascisti, co-finanziato da Gheddafi e bandito in Italia fino ad appena 10 anni fa. Gli andò meglio come produttore: è sua nientemeno che la saga di Halloween.

E in Italia?

È King Kong a trionfare, forte del "pezzo di Italia" che lo rappresenta. Subito sotto, Novecento di Bertolucci. Interessante che il podio sia chiuso da Taxi Driver, mentre Rocky finì addirittura all'11esimo posto, poco sopra Sturmtruppen.

Continua a leggere su BadTaste