La prova del tempo: 1975, l'anno de Lo Squalo

Indaghiamo i successi del passato al botteghino americano, e scopriamo se hanno superato la prova del tempo: iniziamo dal 1975 con Lo Squalo

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  1. Lo Squalo - $260,000,000

  2. Qualcuno volo sul nido del cuculo - $108,981,275

  3. Shampoo - $49,407,734

  4. Quel pomeriggio di un giorno da cani - $46,665,856

  5. Il ritorno della Pantera Rosa - $41,833,347

  6. I tre giorni del condor - $41,509,797

  7. Funny Lady - $40,055,897

  8. Una finestra sul cielo - $34,673,100

  9. Tommy - $34,251,525

  10. La banda delle frittelle di mele - $31,916,500

Al primo posto nella classifica del 1975 c’è il motivo stesso per cui iniziamo da quell'anno questa nostra nuova rubrica dedicata alla storia del box-office e a come i successi hanno resistito alla prova del tempo: Lo squalo.

Uno dei più clamorosi game changer nella storia di Hollywood.

Alla base c'era un film girato da un giovane promettente di nome Steven Spielberg, che 1) era solido come una roccia, ancora oggi uno dei più grandi classici di sempre, e 2) si prestava perfettamente a nuove aggressive idee di marketing senza precedenti. Alla Universal erano carichi: un dirigente annuncia ufficialmente il più grande budget promozionale di sempre. La strategia prevedeva diverse tattiche usate ancora oggi, incluso il promuovere il libro originale prima ancora del film, per farlo diventare un best seller e far crescere interesse. E già al libro venne affibbiata la stessa immagine di copertina pensata per la locandina del film: l’immagine dello squalo, denti in bella vista, in procinto di attaccare una nuotatrice divenne, insieme al tema inquietante di John Williams, il focus della campagna che incise tale combinazione nella mente degli spettatori con esiti che uscirono dal cinema e sfondarono in una reale ed eccessiva ondata di panico verso gli squali che subiamo ancora oggi. Cannes venne invasa fin dall’anno precedente. Furono prodotti gadget, brevi insistenti teaser suggestivi, tie-ins: sensazionalismo, onnipresenza e la più ampia release contemporanea della storia lo trasformarono in un successo senza precedenti e nella pietra angolare su cui ancora oggi si progetta una release. Il 1975 è interamente dominato, divorato da Lo squalo. Che per fortuna era anche un filmone gigantesco che se lo meritava.

Dietro di svariate spanne abbiamo Qualcuno volò sul nido del cuculo, Shampoo, Quel pomeriggio di un giorno da cani, I tre giorni del condor, tutti sorretti da quattro delle maggiori star degli anni '70: rispettivamente Jack Nicholson (che vinse l'Oscar), Warren Beatty, Al Pacino e Robert Redford. Per ognuno di loro si tratta di un grande e solido classico in filmografia. Shampoo forse il più particolare dei quattro: la storia satirica e riflessiva di un parrucchiere e delle sue conquiste, scritta da Robert Towne e diretta da Hal Ashby col classico piglio da new Hollywood, sembra roba che oggi porterebbe a casa ben poco a parte il plauso della critica. Ma Beatty era una star del gossip e la trama pareva irresistibilmente autobiografica: fece centro pieno.

Il ritorno della pantera rosa era, dopo oltre 10 anni, anche il ritorno di Peter Sellers al personaggio dell'Ispettore Clouseau: forse l'unico altro caso insieme a Fast & Furious in cui una saga cinematografica è davvero decollata soltanto dopo un tardo tentativo di revival. Sellers e Edwards girarono altri due sequel a stretto giro di posta, ma il successo fu tale da spingere Edwards a proseguire anche dopo la scomparsa di Sellers, fra bieche compilation e tentativi falliti di trovarne un erede (incluso uno con Roberto Benigni).

Similarmente, Funny Lady è il sequel dopo sette anni di Funny Girl, il più grande successo cinematografico di Barbra Streisand. Tratto molto liberamente dalla vera storia dell'attrice/cantante Fanny Brice, si appoggiava quasi interamente sullo star power della Streisand e sulla voglia del suo pubblico di vederla cantare e amoreggiare con James Caan: a differenza dell'originale che regalò un Oscar alla sua protagonista, questo portò a casa solo nomination tecniche e lasciò i critici perplessi, guadagnando comunque un risultato più che decoroso al box office.

rollerballI dimenticati

Una finestra sul cielo è tratto dalla storia vera di Jill Kinmont, giovane promessa dello sci americano vittima di un incidente sportivo nel '55 che la lasciò semi-paralizzata proprio la stessa settimana in cui era finita in copertina su Sports Illustrated. Il trucco fu calcare sulla portata tragica e commovente della relazione sentimentale fra Jill e Dick Buek, il suo fidanzato dell'epoca, richiamando continuamente Love Story in fase di marketing. Il film sembrerebbe una macchina acchiappa-Oscar ma, canzone di Olivia Newton-John a parte, venne considerato troppo superficiale: il grande successo portò però addirittura a un sequel incentrato sulla storia d'amore fra Jill e il suo futuro marito – la pratica non è mai stata comunissima per le storie biografiche, ma un'altra eccezione era curiosamente il già menzionato Funny Lady. Menzione d'onore a La banda delle frittelle di mele, un simpatico Disney di un'epoca ormai andata, che probabilmente tanti avevano scordato ma che ha sicuramente provocato diverse botte di nostalgia appena è riapparso su Disney+.

I sottovalutati

Un grande classico politico/distopico/ultraviolento come Rollerball è immediatamente undicesimo. Più sotto troviamo Barry Lyndon di Kubrick 15esimo e Amore e guerra di Woody Allen 16esimo, entrambi battuti da La grande avventura (12esimo), storia di una famiglia che rinuncia alla vita agiata per andare a vivere tra le meraviglie e le insidie della natura selvaggia, un successo a sorpresa firmato da Stewart Raffill, un ex-addestratore di felini che divenne in seguito più noto per cult al contrario come Il mio amico Mac e Tammy e il T-Rex. Nello stesso anno in cui la gente si sparò in massa un rock musical pazzo come Tommy di Ken Russell, un altro rock musical pazzo come The Rocky Horror Picture Show non raggiunse nemmeno le prime 25 posizioni ma, come la leggenda tramanda, raggiunse lentamente lo status di cult grazie a proiezioni di mezzanotte che divennero col tempo un vero e proprio rituale tramandato ancora oggi.

Il grande flop

Finalmente arrivò l'amore di Peter Bogdanovich è per certi versi il La La Land che non ce l'ha fatta. Il tentativo di rilanciare il musical stile anni '30 con canzoni eseguite in presa diretta dai semi-improvvisati Burt Reynolds e Cybill Shepherd, nonostante le musiche di Cole Porter non catturò l'interesse del pubblico e incassò appena 1 milione e mezzo su un budget di 6. E con un budget quasi doppio rispetto a Lo squalo di Spielberg, ci si aspettava sicuramente di più anche dal disaster movie sull'Hindenburg diretto da Robert Wise, comunque in 13esima posizione.

E in Italia?

Beh, in Italia nel '75 abbiamo avuto un fenomeno che non ha bisogno di presentazioni e davanti al quale neanche Lo squalo poteva nulla: Amici miei.

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