La prima cosa bella agli Oscar... e sulla stampa

Dopo l'annuncio ufficiale che sarà il film di Virzì a rappresentare l'Italia agli Academy Awards, vediamo come i mass media hanno affrontato questa notizia, prima e dopo...

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Rubrica a cura di ColinMckenzie

Risulta divertente rileggersi alcuni articoli di previsioni sull'Oscar per il miglior film straniero e su quale sarebbe stato il candidato italiano, dopo l'annuncio ufficiale che sarà La prima cosa bella di Paolo Virzì ad avere questo onore.

Per esempio, i toni eccessivi utilizzati da molti commentatori per Io sono l'amore, spacciato come un enorme successo in America. Il risultato è ottimo, ma perché paragonarlo ad altri titoli italiani (Gomorra, per esempio), che non avevano un'attrice premio Oscar come Tilda Swinton a disposizione? Non è corretto e poi anche chi menziona La vita è bella come termine di paragone compie un errore. Quel titolo aveva conquistato circa 228 milioni di dollari nel mondo, di cui 57 in America (che con l'inflazione oggi sarebbero almeno 70). Il film di Guadagnino si aggira intorno ai 5 milioni negli States, ottimo dato come detto, ma che non dovrebbe spingere a paragoni fuorvianti.

E se martedì il Corriere della Sera si lanciava in un titolo "Favoriti Diritti e Guadagnino", l'articolo più interessante è di Leonardo Jattarelli sul Messaggero e sulle candidature italiane agli Oscar di lunedì 27 settembre (quindi, in fase di pronostici). Jattarelli analizza quattro film che giudica più interessanti e papabili... peccato che nessuno di questi sia Virzì! E se Diritti e Guadagnino sembravano effettivamente avere delle buone chance (e hanno ottenuto dei voti), stranamente il giornalista si chiede delle possibilità che avevano Le quattro volte e 20 sigarette, quest'ultimo con l'interessante interrogativo:

Ma quanto peserà, a livello internazionale, anche il giudizio positivo espresso dal presidente della Repubblica Giorgio napolitano sul film di Amadei? Venti sigarette è stato definito dal Capo dello Stato "un film di impegno civile, di impegno nazionale, di alta moralità".

Mi immagino già i cartelloni sui boulevard di Los Angeles, con la scritta "il film preferito dal Presidente della Repubblica italiana" (a questo proposito, anche il produttore del film Claudio Bonivento ha citato il parere di Napolitano come qualcosa di fondamentale...). Invece si prende come punto di riferimento le vendite all'estero. Allora però non si capisce perché L'uomo che verrà dovrebbe avere più possibilità de Le quattro volte, visto che quest'ultimo batte 17 a 10 per vendite in paesi esteri il primo. ovviamente, è un criterio che non serve a nulla, perché non vengono citati gli analoghi dati delle altre pellicole e peraltro non sappiamo neanche esattamente venduti per quanto (dieci euro? In teoria potrebbe essere...)

Infine, Jattarelli conclude dicendo che il concorrente da battere sarà Des Hommes et des Dieux, peccato che non sembri proprio il classico prodotto che va bene agli Oscar. Poi magari vincerà, ma sono secoli che i francesi non trionfano proprio perché presentano film come questo.

E veniamo agli articoli di commento alla candidatura. Paolo Mereghetti sul Corriere inizia bene, spiega intelligentemente le differenze tra Medusa e Mikado, mette l'accento sul fatto che i film bisogna lanciarli bene in America, però poi si lancia in questa filippica:

Ed è difficile spiegare questi tonfi se non con una perdita di credibilità non tanto dei nostri singoli film quanto del nostro cinema in generale. Del «sistema» cinematografico Italia, che non è più capace di difendere — non si dice di imporre — la qualità e l’autorevolezza della nostra produzione culturale. Non siamo più «di moda», verrebbe da sintetizzare con un brutto ma efficace paragone.

Peccato che, come già detto, il sistema francese è invidiato da tutti, anche se perde costantemente agli Oscar. Semplicemente, ormai ogni anno arrivano più di 50-60 titoli, molti dei quali meritevoli e importanti. Significa che, matematicamente parlando, si parte con meno del 10% di possibilità di entrare nella cinquina, tanto per capire che non ha più senso questo tono per cui sembra normale essere tra i 5 nominati e uno scandalo quando si va fuori.

Come (quasi) sempre, il pezzo più originale è di Giorgio Carbone su Libero, che lancia alcune frecciatine interessanti a Guadagnino (dicendogli giustamente che, se non avevano vinto Chabrol o Ivory, non era il caso di sperare troppo), ma più che altro si lancia in un attacco alle lobby italoamericane ed ebraiche che farebbero vincere gli Oscar (smoking gun: una battuta di Billy Crystal, vabbeh). Evidentemente, erano addormentate quando negli ultimi anni hanno trionfato Departures e Il segreto dei suoi occhi. Fantastico questo estratto:

Qualche volta le due mafie han trovato il modo di premiare a braccetto. “Il giardino dei Finzi Contini” metteva insieme l’Olocausto e Vittorio De Sica (il regista più amato da Lucky Luciano). “La vita è bella” di Benigni, l’Olocausto e Roberto Benigni (amato da Sophia Loren). In qualche caso la mafia ha funzionato a rovescio. Cioè stoppando un film italiano amato dagli americani ma non da coloro che in Usa la pensano come i Soprano. Due anni fa “Gomorra” di Garrone era lanciatissimo, sembrava in grado di travolgere ogni avversario. Ma si stoppò prima del rush finale. È possibile, anzi probabile che i Soprano del cinema volessero tagliare le gambe a un film che parlava male della camorra e di come aveva ridotto una regione (per stare stretti) a immensa latrina.

E dire che decine di film ci hanno insegnato che ebrei e italoamericani non vanno esattamente a braccetto negli Stati Uniti. Sulla teoria cospirazionista per Gomorra, mi chiedo allora perché la mafia italoamericana non abbia fatto spezzare le gambe ai tanti critici che parlavano di capolavoro per quel film e si siano concentrati solo sull'Academy. Mancanza di fondi?

A questo punto, almeno è lodevole (pur con qualche sbavatura) sentire Paolo D'Agostini che, sulle pagine del suo blog, giustamente fa notare che scannarci per il candidato è eccessivo, visto che poi sono gli americani che scelgono tra una rosa vasta, così come caricarlo di responsabilità, come se dovesse vincere per forza.

Vanno fatti i complimenti anche a Michele Anselmi sul Riformista e Malcom Pagani sul Fatto quotidiano, gli unici a elencare i risultati esatti delle votazioni, che sarebbero stati 10 voti al film di Virzì, 4 a Io sono l'amore e 1 a L'uomo che verrà. Ci si chiede però allora perché La stampa ha parlato di 20 sigarette nel terzetto finale, al posto del film di Guadagnino, ipotesi in effetti poco probabile. E a proposito del regista di Io sono l'amore, registriamo alcune sue dichiarazioni poco sportive dopo il verdetto, compreso un "Sarà contento Berlusconi (La prima cosa bella è targato Medusa, ndr). Nel giorno del suo 74esimo genetliaco, riceve due regali in un solo colpo". Non il massimo dell'eleganza e della sportività...

Da notare anche l'articolo del Manifesto di M.C. (presumo sia Mariuccia Ciotta), che riesce nello stesso articolo a mettere insieme La prima cosa bella e la fiction Il peccato e la vergogna. Mah...

Vi ricordo che, per segnalarci articoli interessanti, potete scrivere su questo Discutiamone nel Forum Cinema  

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