La piega queer di Bridgerton è davvero così assurda?

Qualsiasi siano le ragioni per cui la piega queer di Bridgerton proprio non vi piace, non potrete usare la scusa dell'inaccuratezza storica

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Abbiamo accettato un duca nero, una viscontessa indiana, la pansessualità di Benedict e tifato per una storia queer per Eloise, ma quando gli autori di Bridgerton - alla fine della 3^ stagione - hanno introdotto il personaggio di Michaela Sterling (Masali Baduza), da cui la neo sposina Francesca (Hannah Dodd) rimane chiaramente folgorata, una fetta di pubblico non l'ha presa benissimo.

In molti, alla realizzazione che il personaggio di Michael Sterling, protagonista con Francesca Bridgerton del 6° libro della saga di Julia Quinn, intitolato Amare un libertino, sia stato trasformato in una Michaela hanno alzato gli scudi, delusi per lo più di non avere così la possibilità di vedere realizzata sullo schermo una delle loro storie preferite.

Eppure non si può negare che i segnali ci fossero tutti.

Fin dalla prima stagione, Bridgerton ha messo all'ultimo posto delle proprie priorità l'accuratezza storica, anche se persino questa affermazione potrebbe essere messa in parte in discussione, da dettagli più piccoli come la colonna sonora, fino a cambiamenti più palesi come il colore della pelle o la sessualità di alcuni dei protagonisti, è stato evidente come l'intento della showrunner, Jess Brownell, fosse quello di raccontare una versione rivisitata della storia o una che non viene normalmente raccontata, scelte che hanno imposto di affrontare alcuni cambiamenti radicali rispetto ai libri a cui lo show si ispira.

È inutile sottolineare che potremo giudicare solo quando vedremo sullo schermo la storia di Francesca e Michaela e potremo constatare con i nostri occhi l'effetto di un versione queer del racconto ed è altresì innegabile che - comunque vada questa versione riveduta e corretta della vita di Francesca - la delusione dei fan della coppia Francesca/Michael sia più che comprensibile, anche se va sottolineato che queste modifiche sono state apportate con la benedizione della stessa autrice dei romanzi.

L'omosessualità nell'era Regency

Meno comprensibili, invece, sono le lamentele di coloro che dovessero asserire che un romanzo queer nell'era Regency, cioè il periodo della storia britannica che va all'incirca dal 1795 al 1837, sia inaccurato.

Reggetevi forte: non lo è.

Dal punto di vista linguistico, per cominciare il nostro excursus sulla comunità LGBTQ dell'epoca, in questo periodo storico ci si riferiva agli omosessuali come "mollies", un'evoluzione del termine "Molly" che significava "uomo effeminato", mentre già veniva usata la parola lesbica per definire una donna coinvolta in una relazione romantica con un'altra donna.

Da quello giuridico, l'omosessualità in sé per sé non era considerata illegale in Inghilterra e gli aristocratici, in maniera particolare, potevano discutere apertamente delle propria sessualità, ad essere illegale era invece la sodomia. Per essere giudicati colpevoli di questo reato, di cui potevano essere accusati anche una moglie ed un marito, considerato come per sodomia si intendesse "il sesso anale, il sesso orale e la bestialità", dovevano però esser presentati ad una Corte ben due testimoni in grado di dimostrare sia la penetrazione che l'eiaculazione e la pena, se processati e condannati, era la gogna, la prigione e, in casi estremi, anche la morte. La sodomia restò infatti un reato capitale nel paese fino al 1861, anno nel quale venne depenalizzato.
Con queste premesse, storicamente, le accuse di sodomia finirono però per essere spesso usate come forma di ricatto nei confronti di personaggi di spicco della società che venivano considerati scomodi, grazie alla facilità con cui si poteva comprare la parola dei testimoni richiesti per una condanna.

Considerato che per vivere liberamente nell'era della Reggenza, gli omosessuali rischiavano letteralmente la vita non sorprende il proliferare di case di quelle che vennero chiamate "case Molly", in cui gli uomini si incontravano anche per intrattenere rapporti sessuali, abitazioni in cui spesso, però, la polizia faceva irruzione per arrestarne gli ospiti paganti.

Per quanto concerne le donne, invece, il discorso era un po' diverso.

Le signore nell'era della Reggenza erano infatti fisicamente affettuose con le loro amiche, si abbracciavano, si baciavano, dormivano nello stesso letto, scambiavano dichiarazioni d'affetto plateali e mostravano apertamente gelosia per i mariti delle loro amiche, senza che ciò fosse considerato sconveniente, il che dava loro maggiore libertà di quella che era concessa agli uomini, tanto che - spesso - le relazioni saffiche venivano semplicemente scambiate per affettuose amicizie, per non parlare del fatto che l'atto sessuale tra due donne non era penalmente perseguito come lo era invece la sodomia.

Il problema per le donne, quindi, non era tanto la possibilità di avere una relazione omosessuale, ma di potersi mantenere senza la stabilità finanziaria assicurata da un marito, tanto che la maggior parte delle lesbiche sceglieva comunque di sposarsi, intrattenendo le proprie relazioni in segreto.
Con qualche eccezione.

Notoriamente, leLadies di Llangollen, per esempio, Eleanor Butler e Sarah Ponsonby, ebbero una relazione romantica durata più di 50 anni con la quale sfidarono apertamente le proprie famiglie, quando decisero di ritirarsi assieme in una tenuta in Galles, chiamata Plas Newydd, piuttosto che sposare un uomo che non amavano. Col tempo, la coppia contrasse però molti debiti per il mantenimento della loro dimora e sopravvisse per lo più grazie alla generosità dei loro amici fino a quando - udite, udite - proprio la Regina Carlotta convinse il consorte, Re Giorgio III, a concedere loro una pensione per vivere dignitosamente fino alla fine dei loro giorni.

Un'altra famosa lesbica dell'epoca fu invece Anne Lister, che fu anche ospite della tenuta di Plas Newydd per qualche tempo, una donna che riuscì ad assicurarsi una posizione tra la nobiltà terriera, grazie ad un'eredità che la rese proprietaria di una tenuta nello Yorkshire, chiamata Shibden Hall, grazie alla quale non dovette mai sposarsi per sopravvivere. La Lister è oggi soprattutto nota come autrice di un diario segreto, scritto in codice, alle cui pagine affidò la propria storia.

Francesca Bridgerton, John Stirling e Michaela Sterling

Con queste premesse è facile immaginare perché sia stata scelta proprio Francesca (e non Eloise, come in molti si aspettavano) per rappresentare una storia queer in Bridgerton.

Se infatti, nella serie, si ripeterà in parte quanto accade nel romanzo dedicato a questa Bridgerton, che rimarrà vedova dopo la morte dell'amato marito, è probabile che ne erediti i beni e che, vivendo in Scozia, sia tanto lontana dalla pettegola e severa società londinese da poter intrattenere una relazione saffica con Michaela Sterling senza esserne bandita, mascherando appunto il suo amore per Michaela per una calda amicizia, soprattutto considerato come sia più che normale che la donna, in quanto cugina nubile (almeno così crediamo) di John, scelga di rimanere accanto alla sua vedova per farle compagnia.

Se la loro storia avverrà nel rispetto della relazione tra Francesca Bridgerton e John Stirling, con l'aggiunta della curiosità di vedere come reagirà la famiglia di Francesca alla notizia, ciò che potrebbe venire fuori da questo particolare capitolo dedicato alla famiglia Bridgerton potrebbe finire per stupire molte persone. E proprio per questa ragione è evidente come non potesse esserci occasione migliore di questo libro per portare sul piccolo schermo un'epica storia d'amore queer in costume.

La prima parte della terza stagione di Bridgerton (episodi 304-304) è disponibile su Netflix da giovedì 16 maggio e la seconda parte (episodi 305-308) da giovedì 13 giugno 2024.

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