La notte del giudizio otto anni dopo fa molta più impressione

La notte del giudizio, il primo capitolo del franchise, è “solo” uno home invasion, ma il suo sottotesto politico nel 2021 fa un certo effetto

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La notte del giudizio va in onda su Italia 2 questa sera alle 21:15 e in replica domani sera alle 23:56

La notte del giudizio sembrava solo un divertente gedankenexperiment, nel lontano 2013. Parlava di violenza legalizzata, una notte all’anno durante la quale negli Stati Uniti vengono sospesi tutti i diritti civili, interrotti i servizi essenziali e permesso ogni crimine, omicidio compreso; e lo faceva introducendo quest’idea fortissima di un intero Paese nelle grinfie della violenza, per poi nasconderla sullo sfondo e concentrarsi sulle disavventure di una singola famiglia durante una di queste notti. E funzionava anche senza il presupposto della liberalizzazione della violenza: era prima di tutto un thriller, punteggiato da monologhi satirico-politico su quanto sia profondamente americano massacrare gli homeless in nome del progresso, ma interessato prima di tutto a farci fare il tifo per una famiglia costretta a sopravvivere a un’invasione del proprio spazio privato. Poi sono arrivati i sequel, la mitologia si è allargata, il franchise è sbarcato anche in TV, e tutto questo mentre negli Stati Uniti quelli veri si arrivava, anno dopo anno, fino al giorno in cui una massa armata di gente più o meno mascherata ha provato a entrare nella sede del governo per vendicarsi della politica e dei suoi rappresentanti, dei suoi fallimenti veri o percepiti e anche di un sacco di cose mai successe ma che la massa in questione era stata portata a credere.

Il risultato è che guardare oggi La notte del giudizio significa mettere un po’ in secondo piano i drammi e i traumi della famiglia Sandin e fare più attenzione al contorno, a tutti quegli squarci di America che fanno irruzione in un modo o nell’altro nella teoricamente protettissima* magione di Ethan Hawke, Lena Headey e famiglia.

*ci si potrebbe a questo punto domandare come mai una villa equipaggiata con il miglior sistema di sicurezza del mondo non abbia neanche una ridondanza o una qualche forma di protezione contro un gesto così semplice come tagliare i cavi della luce, e come mai il generatore di riserva alimenti solo i monitor di sorveglianza e non il resto del sistema di sicurezza, ma il bello di uno home invasion così teso e anche sintetico è che ci si accorge di queste incongruenze solo a giochi fatti, quando il film ha già ottenuto il suo risultato, cioè incollare allo schermo

Matte risate

Intendiamoci, in termini di scrittura, messa in scena e puro screen time la famiglia Sandin rimane il cuore di La notte del giudizio, che è un film tutto sommato semplice dal punto di vista morale, quasi manicheo, e mette chiaramente James, Mary, Charlie e Zoe dalla parte dei buoni fin da subito – solo al padre, interpretato da un eccellente Ethan Hawke, vengono concesse un po’ di zone grigie, e il film è anche la storia della sua parabola di redenzione e sacrificio. Per cui è facile tifare per loro, che hanno la figlia adolescente che vuole solo godersi la sua vita da adolescente, il figlio pre-adolescente genio della tecnologia che aborre la violenza e che si rivelerà il vero cardine della serata, e che sono una coppia adorabile, bella e affiatata, ma umile, mai volgare (con l’eccezione della villa in cui vivono, ma quella è conseguenza dell’avere tanti soldi da non sapere neanche come spenderli), che subisce la notte del giudizio barricata in casa e la vede come un male necessario, non come un’occasione da sfruttare per sfogare la rabbia repressa.

È naturale quindi che quando si palesano quelli che saranno gli antagonisti del film, almeno per un po’, il primo istinto sia di vederli come i cattivi di uno slasher, e cominciare a sognare il momento in cui verranno massacrati uno a uno dalla famiglia in cerca di vendetta. Il Polite Leader interpretato da Rhys Wakefield è il volto perfetto di questa sorta di autorizzazione alla violenza che costringe i Sandin a farsi coinvolgere per la prima volta nella loro vita in uno Sfogo: è ricco, è viziato e soprattutto crede che tutto gli sia dovuto, e che in America i poveri esistano solo in quanto bersaglio della violenza annuale dei ricchi.

Vicini

A un certo punto, durante una delle tante trasmissioni televisive piazzate sullo sfondo a mo’ di editoriale e per darci un’idea di quello che succede nel resto d’America, qualcuno definisce gli homeless, ovvie prime vittime dello Sfogo, come “membri non produttivi della nostra società”, e dunque non solo vittime privilegiate, ma quasi obbligate, dell’annuale notte di omicidi liberi. Ripensarci adesso, dopo oltre un anno nel quale stiamo facendo di tutto per proteggere anziani, malati, deboli e in generale tutti coloro che un noto uomo politico italiano ha definito, per l’appunto, “membri non produttivi della nostra società”, fa venire i brividi. Come lo fa il fatto che lo straniero insanguinato, che entra in casa Sandin per sparigliare le carte in almeno tre occasioni diverse, sia non casualmente nero, e venga inseguito non casualmente da un branco di ragazzini ricchissimi, biondissimi e con i capelli perfetti: non stiamo dicendo che un certo tipo di violenza a tinte di white supremacy sia una novità degli ultimi anni, ma certo nel 2013 era ancora relegata, almeno nel mainstream, a “qualche sgradevole episodio isolato”, e non era ancora “la prima causa di terrorismo negli Stati Uniti”.

Al tempo una delle reazioni più diffuse all’uscita di La notte del giudizio fu una certa delusione per il fatto che gli spunti politici e sociali venissero trattati, appunto, solo come spunti e come motore per la violenza, e mai approfonditi o discussi al di là del tagliente sarcasmo con cui il film di DeMonaco li presenta. D’altra parte al tempo non sapevamo che i piani per il franchise di The Purge erano ben più ambiziosi di un singolo film costato 3 milioni di dollari: siamo a poche settimane dall’uscita del quinto e ultimo capitolo della saga, e nel frattempo abbiamo avuto anche due stagioni di una serie TV, e abbiamo imparato tutto quello che c’era da sapere (e anche di più, forse troppo) su questa nuova America, sui Nuovi Padri Fondatori e sull’importanza dell’ultraviolenza per il mercato azionario.

La notte del giudizio Ethan Hawke

Ci rimane però un dubbio: se La notte del giudizio uscisse oggi, e il franchise dovesse andare avanti film dopo film a partire dal 2021 e non dal 2013, come si evolverebbe? In che direzioni andrebbe a parare? Punterebbe con più decisione sulla lotta di classe, il vero sottotesto silenzioso del primo film, invece di lavorare sul worldbuilding e l’allargamento degli orizzonti? C’è un dettaglio che ci ha colpito più di tutti riguardando il film: nell’annuncio che dà il via allo Sfogo viene spiegato che “i politici con grado di protezione 10 sono esclusi dallo Sfogo e non devono essere toccati”. Ecco, l’idea di un nuovo capitolo di The Purge che si concentra su questo particolare, per sfidarlo, sovvertirlo e annullarlo, fa venire i brividi nel 2021 molto più di quanto potesse fare nel 2013 – perché nel frattempo, per certi versi, il mondo si è adeguato a The Purge.

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