La morte ti fa bella e quel curioso legame con Jurassic Park
La morte ti fa bella fu un successo di critica e pubblico, è diventato un cult, ma è anche il motivo per cui il T. rex ci fa così paura
Nonostante una facciata e una nomea da classico regista hollywoodiano che immancabilmente riesce a conquistare un ampio pubblico con le sue opere, Robert Zemeckis ha sempre avuto una vena più o meno sotterranea di sadismo, di crudeltà e di amore per il macabro – oltre che un immenso amore per la sperimentazione e per il superamento dei limiti tecnologici, ma questo è un altro discorso sul quale torneremo dopo. Pensate al giudice di Chi ha incastrato Roger Rabbit? e alle orrende torture che infligge su creature tenerissime in un film con i cartoni animati; o al fatto che il suo prossimo lavoro sarà una versione live action di Pinocchio, una delle favole più cupe della tradizione occidentale. Oppure ancora meglio pensate a La morte ti fa bella: in superficie è una commedia più o meno romantica che racconta l’amicizia e la rivalità tra due donne che stanno invecchiando, ma basta guardarlo per rendersi conto che è più simile a una puntata allungata di I racconti della cripta – guarda caso prodotta dallo stesso Zemeckis.
Con un doppio rapido salto in avanti scopriamo che Helen ha passato sette anni in un ospedale psichiatrico per riprendersi dalla botta, e che nel frattempo il matrimonio tra Madeline e il dottor Menville si è trasformato in una tortura per entrambi, che si odiano ma non possono separarsi. E che nei sette anni successivi Helen si è rimessa in pista, ha perso peso, ha finalmente scritto il suo libro e sembra aver ritrovato la giovinezza perduta. Scopriamo così che, per motivi diversi ma che hanno sempre a che fare con la sensazione di ineluttabile decadenza del corpo che le perseguita in quanto donne cinquantenni, sia Helen sia Madeline sono finite nelle grinfie di Lisle von Rhuman (una devastante Isabella Rossellini), imprenditrice di sé stessa che fa i soldi vendendo una pozione dell’eterna giovinezza a persone ricche e terrorizzate dall’invecchiamento. E che dunque entrambe sono tornate belle e splendenti come quando erano giovani, con l’unico piccolo effetto collaterale di essere anche morte.
Streep odierà pure lavorare con il green screen, ma di certo non si può lamentare del risultato finale: gli effetti speciali rivoluzionari di La morte ti fa bella non sono fini a loro stessi, ma sono fondamentali per stabilire il tono del racconto, quel mix tra umorismo nero e ultraviolenza che spunta ogni tanto nei film di Zemeckis nei quali il regista si lascia più andare. Qui raggiunge livelli di assurdità che non sfigurerebbero in un film della Troma: particolarmente memorabile è il buco in pancia di Goldie Hawn, impressionante a vedersi ancora oggi, foriero di momenti di grande ilarità ma anche, se ci pensate un attimo, un particolare disgustoso e apertamente gore, che sembra uscito da un film di genere e non da una graziosa commediola da 150 milioni di dollari di incassi.
Il successo di La morte ti fa bella è forse la dimostrazione che il pubblico (almeno nel 1992) era più che disposto a sorbirsi certe esagerazioni da video nasty, se poi dietro c’è una storia che vale la pena seguire. E il film di Zemeckis è talmente denso di temi anche profetici – Hollywood ha da sempre un problema con l’invecchiamento delle sue star, ma La morte ti fa bella sembra in un certo modo presagire certi eccessi contemporanei come Carrie Fisher e Peter Cushing resuscitati digitalmente – che è facile andare anche oltre il disgusto di vedere un collo che ruota di 180° con rumore di ossa che scricchiolano e si sfasciano. Negli anni è stato salutato alternativamente come una geniale riflessione sulla decadenza del corpo e sugli impossibili standard di immortalità imposti dal mondo del cinema; come un horror mascherato; e soprattutto come una storia a tinte saffiche per quanto non troppo esplicitate, nella quale l’uomo di turno, l’oggetto del contendere con i baffi di Bruce Willis, è de-mascolinizzato al massimo, probabilmente per suggerire senza spiegarlo che il vero cuore della storia non è il triangolo amoroso ma il riavvicinamento tra due amiche che si vogliono così tanto bene da accettare di passare l’eternità insieme.
Oltre a incassare il triplo del suo budget, La morte ti fa bella vinse anche un Oscar per i migliori effetti speciali, battendo tra gli altri Alien 3. Madeline e Helen sono diventate due dei modelli preferiti dalla comunità drag, e sono state omaggiate nella settima stagione di RuPaul’s Drag Race. E buona parte del reparto tecnico ha preso tutto quello che aveva imparato sul set e l’ha trasportato in Jurassic Park, regalandoci uno dei più grandi film della storia del cinema. Pensare che stiamo parlando di un film nel quale una delle protagoniste recita per mezz’ora con un buco nella pancia e l’altra con il collo girato al contrario è una di quelle cose che ci fanno sperare in un mondo migliore.