La maggior parte dei genitori non fa caso al rating dei videogiochi

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ESRB e PEGI, sono avvertite. I genitori potrebbero non prestare attenzione alle indicazioni d'età dei videogiochi...

Le agenzie di rating videoludico sono nate per far fronte alla crescente sensibilità dei consumatori riguardo ai contenuti dei giochi

Alcuni elementi insiti nei videogame vengono percepiti come inadatti a determinate fasce d’età, o addirittura lesivi dello stesso processo di crescita del ragazzo.
Questa visione pedagogica del gaming ha guidato la formazione di commissioni (ESRB, PEGI) incaricate di assegnare un rating ai titoli in uscita.
Le indicazioni delle agenzie vanno intese quasi sempre come raccomandazioni, e non come vere e proprie leggi. Ogni nazione ha una legislazione apposita in merito.
In Italia ad esempio hanno solo valore formale, mentre in Germania un negoziante che venda un gioco inadatto alla fascia d’età dell’acquirente è addirittura perseguibile a norma di legge.
 

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Una recente statistica metterebbe in discussione l’utilità di queste classificazioni. Secondo un sondaggio del sito UK Playr2, il 64% dei genitori con figli minorenni non controllerebbe il rating di un videogame previa acquisto. Di questi, il 55% ha detto di non ritenere che le restrizioni d’età significhino davvero qualcosa quando si parla di videogiochi, e il 51% si è detto non preoccupato di vedere il proprio figlio minorenne alle prese con un gioco vietato ai minori.
Sull’aspetto pedagogico si sono ottenuti riscontri simili: il 61% dei partecipanti ha detto di non essere particolarmente preoccupato che il proprio figlio diventasse più violento a causa dei giochi.

Simon Kilby, il fondatore del sito, si è detto sorpreso di questi risultati. Questa statistica mal si sposa infatti con il sentimento generale che in primo luogo ha dato i natali alle agenzie di rating videoludico…

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