La guida per trovare “I Sette Samurai” negli infiniti film che ha influenzato

Impossibile elencare tutti i film influenzati da I Sette Samurai. Però si può imparare un criterio per individuarli

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Il classico dei classici. Il film snodo che segna un totale ammodernamento dell’immaginario. L’opera preferita dai giovani amici della Nuova Hollywood. La storia capace di diventare una formula usata in ogni dove e in ogni genere. Nella storia del cinema ci sono pochi prima e dopo, è fatta di un flusso non di balzi. I Sette Samurai è invece uno di quei rari film spartiacque che quando arrivano cambiano tutto. Lo fa non tanto grazie alla sua forza indiscutibile, alla perfezione formale e alla capacità di essere, settant’anni dopo, ancora dannatamente appassionante. La sua rivoluzione non riguarda il pubblico, ma i registi. Akira Kurosawa ha infatti cambiato il modo in cui l’America prima, poi tutto il mondo, hanno visto, pensato e girato l’azione. 

Così oggi I Sette Samurai è il film più influente di sempre. Lo si vede praticamente ovunque. È fatto a pezzi, sviscerato e ricollocato in testi filmici anche apparentemente molto distanti. La caratteristica di un capolavoro è proprio questa: saper trascendere il tempo, ma anche le differenze culturali e riuscire così ad imprimersi nel DNA degli artisti che vengono dopo di lui. Non ha senso fare un elenco dei film che gli sono debitori, sarebbe interminabile. È più semplice fare l’opposto: non imparare a memoria i titoli che sono nati grazie a lui, ma capire come riconoscere l’influenza de I Sette Samurai nei film passati e soprattutto in quelli futuri. 

I Sette Samurai è… Nel modo in cui si gira l’azione

La struttura delle tre ore e mezza de I Sette Samurai è semplicissima. C’è un gruppo di eroi da reclutare per salvare un piccolo villaggio dai banditi che vogliono razziarlo appena il raccolto sarà completato. I sette devono poi addestrare i contadini e preparare un piano per sconfiggere il nemico. Infine c’è il terzo atto, la battaglia vera e propria. Lo spazio è limitato ai confini del luogo da difendere, eppure è vastissimo. Kurosawa ha una straordinaria capacità di far capire le geografie dei luoghi. Il modo in cui Peter Jackson ha girato la battaglia del fosso di Helm nel Signore degli Anelli è debitore delle intuizioni del regista giapponese. La principale è che i movimenti vanno composti secondo forme e associazioni geometriche. 

I samurai combattono con eleganza, la folla sullo sfondo si muove in maniera caotica. Quando anche i contadini iniziano a difendersi con eleganza, il loro corpo racconta l’elevazione da vittime a guerrieri. È proprio l’idea che l’azione possa raccontare i personaggi, possa essere formalmente bella, ad avere segnato il cinema. Se Max Rockatansky entra nella nebbia per sconfiggere fuori scena dei nemici in Mad Max: Fury Road è perché George Miller ha visto Kyūzō fare lo stesso per rubare un fucile dentro I Sette Samurai. 

Nell’ironia drammatica 

L’azione è stile, lo sa bene Tarantino che ha fatto sua questa intuizione. Ma nel dramma può esserci anche ironia. Ne I Sette Samurai si ride moltissimo. Sono i guerrieri stessi a raccontarsi con autoironia. Heihachi è un personaggio il cui talento è proprio tenere alto il morale! Kurosawa alterna momenti drammatici ad altri più rilassati diluendo così il peso dei Jidai-geki, i drammi storici che venivano prodotti in Giappone in quegli anni, con l’eccitazione del chambara. 

Se la Pixar oggi può dire di offrire un sorriso per ogni lacrima, lo deve all’alternanza di registri che Kurosawa ha saputo governare così bene. A Bug's Life - Megaminimondo, dove una colonia di formiche deve versare dei tributi di cibo alle cavallette, non è altro che uno dei molti semi remake sotto mentite spoglie de I Sette Samurai. Applica la formula dell’oppresso che si ribella, ma soprattutto ricopia il modo con cui viene portata avanti la rivolta. Con intelligenza, vincendo in pochi e deboli, ma uniti, contro i molti individui separati. Durante la battaglia si contano i morti (come fanno anche Gimli e Legolas), ma soprattutto si scherza e si riconosce il carattere distinto di ciascuno dei guerrieri, come ha imparato a fare la Marvel. 

Nella diversità dei gruppi

Senza I Sette Samurai, Avengers non sarebbe uscito così bene. Akira Kurosawa ha portato due idee importanti nel blockbuster: il primo è che per sette protagonisti, serve una durata fiume. La seconda è che sette è il numero perfetto. Permette qualche morte, e uno squilibrio di forze dato dal numero dispari (si riesce sempre a prendere le decisioni). Chi è il settimo membro degli Avengers originali? Nick Fury. L’equivalente di Kambei Shimada: un leader con una visione ampia delle cose e un gran carisma. È lui che mette insieme il gruppo.

I Sette Samurai ha insegnato inoltre al cinema moderno la varietà dei caratteri all’interno dei gruppi. Non ci sono personaggi che si assomigliano o che assolvono alla stessa funzione. C’è il giovane e il vecchio, lo spadaccino e il pensatore...

I Sette Samurai è nel western...

Kurosawa ha girato il film ispirato dai film di John Ford. Da lui ha preso il sottile humor, il rapporto contrastato tra senso del dovere e interesse personale, e il continuo interrogarsi sul ruolo della legge. I western successivi si sono ispirati a Kurosawa. I magnifici sette di John Sturges è un remake pari-pari de I Sette Samurai. A loro volta lo sono i remake de I magnifici sette, come quello recente del 2016 o quello di Roger Corman intitolato in Italia proprio I magnifici sette nello spazio. Leone e Peckinpah hanno ripreso da Kurosawa inquadrature, ironia e soprattutto l’idea che il momento di violenza, rapidissimo come una spada che uccide a colpo sicuro, vada costruito con tensione e portata drammatica su tutti i personaggi.

... e nella pioggia

L’estetica dell’azione trova il suo apice nella pioggia drammatica. Neo in Matrix: Revolution combatte riprendendo le forme geometriche delle mosse dei samurai sotto un acquazzone. Lo stesso fa John Wick, un altro eroe che rappresenta la “formula” del singolo, giusto, contro i numerosi cattivi. La pioggia e il fango in cui si svolge l’ultima battaglia sono pura espressività cinematografica. Le cose si fanno serie, i piani saltano perché le condizioni atmosferiche aprono all’imprevisto. Arriva il sereno solo alla fine della battaglia. 

Nella lotta tra classi sociali...

I Sette Samurai è un film sulle classi sociali e la loro incompatibilità. Il cinema americano ha fatto molta fatica a fare sua questa idea. Gli eroi made in USA sono spesso accolti come i salvatori. Invece i contadini odiano i Samurai. Hanno paura che gli portino via le loro figlie seducendole, che il pagamento in riso sia solo un ulteriore modo per impoverirsi. Gli eroi devono convincere le persone che stanno aiutando di essere veramente tali. 

Kurosawa racconta la società giapponese del sedicesimo secolo, l’emersione dei Ronin solitari, la difficoltà a mischiarsi tra gruppi di diversa appartenenza. Così, nel mezzo della battaglia, può permettersi di inserire un dramma amoroso in cui il giovane samurai si innamora di una ragazza contro il parere del padre. 

... e nella statura religiosa degli eroi

C’è un vecchio saggio al centro del villaggio che invita a reclutare i samurai. Questi sono portatori di una filosofia di vita quasi religiosa. Combattono e uccidono con grazia, osservano l’orizzonte per lunghi secondi senza fare o dire nulla. Pensano, raccolgono le forze o… la forza. Che Star Wars sia debitore al cinema di Kurosawa è uno degli aneddoti più noti della storia del cinema (e per estensione lo sono tutti gli emuli come Rebel Moon). George Lucas ha tratto molte idee per la sua saga da La fortezza nascosta, sempre di Kurosawa. La leggenda narra però che prima di girare ogni film di Star Wars si sia rivisto I Sette Samurai.

Yoda, i Jedi, la struttura di alcuni pianeti come Tatooine e soprattutto i combattimenti con le spade laser sono tutti figli delle idee del film del ’54. In The Mandalorian Capitolo 4: Il Rifugio, la regista Bryce Dallas Howard adatta la trama de I Sette Samurai quasi ricalcandola. Pure Rogue One ha la stessa struttura. 

I Sette Samurai è in ogni film che supera i confini

Per molti I Sette Samurai fu il primo film giapponese visto. È merito del suo linguaggio capace di parlare a tutto il mondo, superando le barriere culturali. I giovani registi della Nuova Hollywood si sentirono così debitori tanto da sostenere il regista dopo il tentato suicidio nel 1971 finanziandogli alcuni progetti, insieme a loro anche gli ammiratori da Francia, Regno Unito e Russia supportarono il suo cinema. 

Si può trovare un po’ de I Sette Samurai in ogni film che cerca di superare le barriere dei generi, pur giocando con le convenzioni, che prova ad adottare un linguaggio culturalmente specifico, ma che non diventi inaccessibile agli stranieri. In chi fa una grande epica, in chi cerca un cinema spettacolare che non rinuncia a un significato profondo, coinvolgente e, in alcuni casi, anticonvenzionale. Un esempio è la sequenza che chiude l’opera. “Chi ha trionfato e chi ha perso?” Si chiedono i sopravvissuti dopo la battaglia. Il finale è amarissimo.

Così malinconico e così poco rassicurante che il cinema di oggi, ancora, fa fatica a copiare. 

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