La forma dell’acqua è Frankenstein Junior che fa piangere
La forma dell’acqua di Guillermo del Toro è tutto tranne che una parodia, ma ha più cose in comune con il film di Mel Brooks di quanto sembri
La forma dell’acqua (guarda il trailer qui) è uno dei film più importanti degli ultimi anni (qui la nostra recensione), una considerazione che va al di là della sua qualità e riguarda soprattutto il suo ruolo culturale: oltre ad avere consegnato un Oscar a Guillermo del Toro confermando la supremazia della scena messicana in questi ultimi anni (tra il 2013 e il 2018 l’unico non messicano ad aver vinto il premio come Miglior regista è Damien Chazelle nel 2016) e ad aver consacrato lo stesso Del Toro come cantore della diversità ed erede designato di Tim Burton, è anche uno dei rarissimi casi nella storia del cinema di monster movie che riesce a elevarsi agli occhi dell’Academy, e a meritarsi premi e applausi nonostante traffichi nel soprannaturale, nel bestiale e nel fantastico.
La forma dell’acqua e i generi cinematografici
Uno dei motivi per cui La forma dell’acqua ha colpito così tanto l’immaginario cinefilo è che, come le opere precedenti di Del Toro, Il labirinto del fauno prima di tutte, è un film che sfugge alla categorizzazione e all’incasellamento, scegliendo di usare tutti i linguaggi cinematografici che servono per raccontare la sua storia piuttosto che piegarla alle esigenze del genere. Per cui nelle due ore abbondanti che raccontano la storia del rapporto tra Elisa, donna delle pulizie muta, e la creatura anfibia custodita nel laboratorio dove lei lavora, Del Toro sperimenta un po’ con tutto quello che gli piace, dal body horror allo splatter, dal musical al dramma romantico; il risultato è un film di generi, al plurale, più che di genere, che nasce dall’amore sconfinato del suo autore non solo per la storia da lui scritta, ma per tutto il cinema del passato, e tutti i modi in cui è possibile raccontare questa storia.
La forma dell’acqua e Frankenstein Junior
Frankenstein Junior è un raro caso di film di Mel Brooks non concepito da Mel Brooks, non completamente per lo meno: è la prima creatura del Gene Wilder sceneggiatore, che fin lì aveva provato con scarso successo a trasformare le sue idee in storie per il cinema e che, mentre stava girando Mezzogiorno e mezzo di fuoco, venne folgorato dall’idea di scrivere la storia del nipote di Frankenstein, un uomo di scienza che non vuole avere nulla a che fare con le follie del nonno. Wilder scrisse un film che era una parodia di una lunga serie di classici del genere, a partire da, ma non limitandosi a, Frankenstein; ma lo scrisse perché fosse contemporaneamente anche un omaggio, non una presa in giro dissacrante volta a demolire cliché e stereotipi ma un’affettuosa versione da ridere di una serie di film che Wilder amava con tutto il cuore.
Wilder ci teneva talmente tanto che Frankenstein Junior mantenesse un tono e una dignità che vietò addirittura a Mel Brooks di avere un ruolo rilevante nel film (e infatti il regista compare solo in un piccolo cameo), perché sapeva che la sua presenza avrebbe demolito la quarta parete e portato il film negli stessi territori meta- nei quali si concludeva il loro film precedente (Mezzogiorno e mezzo di fuoco, appunto). Wilder voleva che Frankenstein Junior fosse un horror, una creature feature classica, solo con una passata di umorismo, che sfruttasse certi eccessi del genere per provocare risate e non paura; non voleva un circo, una raccolta di gag o un film consapevole di essere una parodia: al centro della sua attenzione c’era sempre e prima di tutto la storia che aveva concepito, non la necessità di divertire.
“Come Frankenstein Junior, ma fa piangere”
Cosa c’entra tutto questo con La forma dell’acqua? C’entra perché l’approccio creativo di Del Toro alla storia di Elisa è identico a quello di Wilder per Frankenstein Junior. La forma dell’acqua è anch’esso un creature feature classicissimo, a partire dalla struttura per proseguire con tutto il design visivo e sonoro: i laboratori sotterranei segreti che fanno tanto guerra fredda sono l'equivalente del castello di Frankenstein del film di Brooks, oppure pensate alla creatura che viene prima presentata con lampi e dettagli, poi fatta intuire nell’ombra, infine rivelata in tutto il suo splendore... c’è persino un personaggio (quello di Michael Shannon) che Del Toro ha scritto pensando “se fossimo negli anni Cinquanta lui sarebbe il protagonista del film”, e che fa capire quanto La forma dell’acqua sia anche (non arriviamo a dire “soprattutto”) un omaggio del suo autore al cinema del passato.
E come Frankenstein Junior era un omaggio all’horror classico ma anche una parodia dello stesso, così La forma dell’acqua è un omaggio all’horror classico ma anche una storia d’amore che parla di comunicazione e linguaggio (in particolare di “linguaggio in assenza di linguaggio”), e pure una parabola di redenzione per una serie di figure marginalizzate e discriminate dalla stessa società nella quale venivano fatti i film che Del Toro vuole omaggiare. Per cui il film di Mel Brooks fa ridere giocando su un canovaccio ben noto, e quello di Del Toro fa la stessa cosa ma puntando alle lacrime e al cuore gonfio.
Altre considerazioni sui paralleli tra i due film
Entrambi i film, poi, approfittano del loro essere un period piece per commentare anche, be’, il periodo, e non solo la storia che raccontano. Frankenstein Junior non è solo la storia del nipote di Frankenstein: è un film su scienza e fede, sul potere della superstizione ma anche sui limiti della nostra conoscenza, e parla anche, a modo suo, di incomunicabilità (pensate alla scena con Gene Hackman). E allo stesso modo La forma dell’acqua è un film a strati, che parla anche di discriminazione e di marginalizzazione del diverso in favore dell’omologazione; è un film talmente strapieno di metafore e simboli che a volte bisogna fare pausa per non perdersene qualcuno, che sfrutta ogni occasione possibile per lanciare un messaggio ulteriore (per esempio, non è un caso che le uniche persone che capiscono la gestualità di Elisa siano un artista omosessuale caduto in disgrazia, una donna delle pulizie di colore e un presunto “mostro”).
Paragonare La forma dell’acqua a Frankenstein Junior può sembrare azzardato, ma speriamo di avervi convinto almeno a prendere in considerazione la cosa. Se volete vi ricordiamo che, come vale per Frankenstein Junior, anche Guillermo Del Toro avrebbe voluto girare La forma dell’acqua in bianco e nero, per questioni di fedeltà storica, e che ha scelto il colore solo per avere a disposizione un budget più alto; e che entrambi i film guardano spesso al musical, e culminano a modo loro con un momento in cui i due protagonisti ballano (l’unica sequenza di La forma dell’acqua girata nel già citato bianco e nero, peraltro). E se proprio non siete ancora convinti, be’, stasera è in TV.