La fine del cinema al Lido?

Si è chiuso ieri il Festival di Venezia. Tra cinema d’autore e Manuela Arcuri, la manifestazione è minacciata non solo dall’imminente rassegna romana, ma anche dai suoi stessi difetti, che ne mettono in gioco la sopravvivenza…

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Iniziamo subito sfatando un falso mito. Si dà per scontato che Venezia sia un Festival consacrato al cinema d’autore poco conosciuto, tanto che recentemente, quando si dovevano fare confronti con la manifestazione che avverrà a Roma a metà ottobre, si tacciava quest’ultima di spettacolarità e populismo. Ammesso (e assolutamente non concesso) che queste caratteristiche siano negative, credo proprio che quello del Lido sia una leggenda metropolitana. Sì, d’accordo, ci sono molte pellicole orientali e di cinematografie minori (peraltro, lo stesso accade anche nelle altre manifestazioni europee), ma cosa sarebbe la rassegna veneziana senza le star? Basta dare un’occhiata ai servizi televisivi (i giornali, ormai, contano poco e nulla): si arriva a parlare anche dello sbarco di Manuela Arcuri piuttosto che dare conto delle pellicole d’autore presenti in rassegna. E poi, quando si premia Ben Affleck come miglior attore (possibile che non ci fosse nessuno più bravo in concorso?), è chiaro che c’è una cambiale da pagare a Hollywood per i servizi resi.

Il problema del Lido non è tanto nei prezzi folli che ci sono in quel periodo per dormire e mangiare. Anche a Cannes succede qualcosa di simile (mentre Berlino, essendo l’unica, vera metropoli del terzetto, è decisamente la migliore da questo punto di vista). Ma, a parte i baristi che hanno deciso di fare un doppio prezzo degno dell’apartheid (se sei veneziano paghi normale, se arrivi da fuori il triplo), il vero problema del Lido è che ha delle strutture assolutamente inadeguate, soprattutto per la mancanza di sale che dovrebbero ospitare uno spazio-mercato, come avviene a Cannes e Berlino. Ma, anche a voler credere alle promesse di un nuovo Palazzo del cinema (peraltro costosissimo, ma presentato come irrinunciabile, come se fosse obbligatorio spendere tutti quei soldi per costruire qualcosa di nuovo, piuttosto che puntare su chi le strutture le ha già), la situazione continua ad essere problematica. Ed è sicuramente triste vedere come, anche in questo caso, lo scontro con la capitale nasconda anche una battaglia politica tra i due futuri candidati del centrosinistra alla poltrona di premier.

A parte gli opinionisti di regime (quelli che esaltano il Festival perché in Concorso ha proposto solo opere prime, come se questa fosse una garanzia di qualità), chi è stato quest’anno mi racconta di un brusco calo nelle presenze. Difficile dire se dipenda dalla concorrenza di Roma o da altri fattori. Difficile anche evitare un piccolo sorriso di compiacimento…

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