La fiera delle illusioni: del Toro ha scoperto la storia alla base del film grazie a Ron Perlman
È stato Ron Perlman a suggerire a Guillermo del Toro di leggere La fiera delle illusioni e vedere il film del 1947 per farne un remake
Il duro flop al botteghino lo rese un noir minore, marginale e difficile da reperire. Si guadagnò però un seguito piuttosto fedele che consolidò la fama di una piccola perla nascosta nello straordinario panorama dei film degli anni ’40. Del Toro, pur essendo un accanito cinefilo, oltre che un esperto di noir, non aveva ancora visto Nightmare Alley quando portò in sala il suo primo film. Fu Ron Perlman a menzionarglielo; i sue avevano infatti lavorato insieme a Cronos nel 1998. Un sodalizio tra attore e regista che continua tuttora caratterizzato da grande stima e amicizia.
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Il libro mi ha lasciato a bocca aperta. Quando ho visto il film l’ho ammirato, ma ho pensato ‘beh, potremmo fare altre tre o quattro versioni di questa storia perché il film cattura solo un certo aspetto del genio del libro’.
Che cosa ha sbloccato il progetto de La fiera delle illusioni? È facile intuirlo: essendo un regista amatissimo e affermato si pensa che oggi possa essere ascoltato da qualsiasi casa di produzione. Invece Guillermo del Toro ha sempre avuto numerose difficoltà a portare in fase di sviluppo le sue molte idee e, soprattutto, a farle performare bene economicamente.
La forma dell’acqua è stato il successo di cui la sua carriera aveva bisogno. Portato in palmo di mano da pubblico e critica, il film gli ha dato un nuovo potere nell’industria. Ha potuto così andare a “battere cassa” da Searchlight, ovvero la divisione di qualità dell’ex Fox (ora Disney). Loro avevano prodotto La forma dell’acqua e, fortunatamente, possedevano i diritti di Nightmare Alley.
Se nella prima fase era stato Ron Perlman a stimolare la fantasia del regista, ora la spinta è arrivata dalla sua nuova moglie Kim Morgan. Storica del cinema ed esperta di noir non sapeva che del Toro fosse stato in passato interessato ad adattare quel libro. Glielo propose pochi giorni prima della vittoria agli Oscar invogliandolo a fare un nuovo tentativo. Quando chiese alla produzione, a distanza di 20 anni dalla prima presentazione, la risposta fu affermativa. Decisamente affermativa.
Avendo grande libertà ha cercato così di non fare un noir convenzionale, pur riprendendo l’aspetto estetico della tradizione. L’illuminazione segue i dettami classici e i riferimenti visivi hanno usato i lavori di pittori americani come Andrew Wyeth, Edward Hopper, Grant Wood e Thomas Hart Benton. Ha ingaggiato Cate Blanchett per operare con lei una decostruzione della classica femme fatale: “Guillermo ha visto il mio personaggio come un angelo vendicatore in un certo senso. È un ossimoro interessante perché ha all'interno le ferite e la vendetta, ma ha anche un senso di altruismo e uno scopo superiore” ha detto l’attrice.
Bradley Cooper fu tra gli ultimi a firmare per avere una parte nel film. Ha detto che quello di Carlisle è stato il ruolo più difficile che abbia mai interpretato. In particolare ricorda che il regista l’ha fatto allenare per lungo tempo facendo boxe. Non c’è però nessun incontro di pugilato all’interno del film. Serviva solamente per avere un fisico coerente con l’epoca. Del Toro voleva evitare che il personaggio si muovesse come se avesse maneggiato fino a poco tempo prima un cellulare o come se vivesse in un mondo dove tutto è a portata di mano con internet. Ne La fiera delle illusioni tutti invece devono combattere contro un ambiente ostile e questo pericolo costante si riflette nel loro corpo e nel portamento.
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Fonte: Hollywood Reporter