La crisi di Lost
Arrivata ad un bivio importante della terza stagione, la serie sui naufraghi nella misteriosa isola sembra aver perso la magia che ci aveva conquistato all’inizio. Cerchiamo di scoprire, senza troppi spoiler, le ragioni di questa debacle…
Le avvisaglie, per chi le voleva vedere, c’erano già state nelle ultime puntate della seconda stagione. Penso a un dialogo folle tra Locke ed Eko e soprattutto ad un gruppo di persone (che dovrebbero essere sane di mente) che vanno allo sbaraglio in maniera assurda (chi le ha già viste ha capito di cosa parlo, per gli altri preparatevi al peggio). E in generale, si intravedeva già una certa difficoltà a far andare avanti la vicenda senza svelare il mistero, ma anzi ingarbugliandolo ancora maggiormente.
D’altronde, se pensiamo al caso di serie simili e che hanno ispirato Lost, ad un certo punto, dopo non tanto tempo, hanno sentito il bisogna di dire la parola fine. Il mitico telefilm Il prigioniero durò semplicemente 17 puntate, prima di far chiarezza (si fa per dire, visto quanto era psichedelico l’ultimo episodio) sull’identità del numero 1. I segreti di Twin Peaks venne criticata aspramente (e anche, in parte, giustamente) per l’evidente calo di tensione rispetto alla prima stagione, ma in tutto la serie era formata da trenta puntate.
D’altronde, difficile rammaricarsene troppo Anzi l’idea di allungare ancora il brodo è decisamente spaventosa e non potrebbe che peggiorare i problemi.
Prendiamo i personaggi. Dando per scontato che il nucleo storico fondamentale è di 3-4 persone (direi Jack, Kate, Sawyer e Locke), è ovvio che per andare avanti bisogna sviscerarne tutta l’esistenza (tra un po’ ce li faranno vedere all’asilo?), anche con particolari non propriamente fondamentali. Questa scelta, nella terza stagione, ha prodotto anche cose interessanti (l’episodio su Sun Kwon), ma per lo più assolutamente inutili (la puntata su Locke) o anche semidisastrose. Mi riferisco all’ultimo episodio prima della lunga pausa (Lost riprenderà in America a febbraio), in cui scoprivamo un altro aspetto del passato di Kate. Il problema è che si trattava (come nel caso di Locke) di un evento che non serve a nulla nella storia sull’isola e che soprattutto contribuisce (con altri fatti narrati nella sesta stagione) a peggiorare notevolmente questo personaggio, passato in due anni da essere un’affascinante e tenebrosa criminale al ruolo molto più convenzionale di vittima passiva.
Così, ormai ci si rivolge soprattutto agli appassionati un po’ maniaci, quelli che si vanno a cercare gli indizi in qualsiasi modo, ne discutono su Internet e che poi ti spiegano magari che quella puntata è fondamentale, perché compare un personaggio che è nipote del cugino della zia di una comparsa e che quindi questo dà tutto un altro senso alla storia. D’altronde, se la chiave di tutto è capire il Mistero che circonda l’isola, ad un certo punto lo spettatore normale stacca la spina, pensando che non se ne può più di dover aspettare e che alla fine comunque la soluzione non varrà tutto questo tempo perso. Perché, cosa che gli autori dovrebbero sapere bene, più si prolunga l’attesa e più il finale dovrà essere veramente efficace per non scontentare tutti e dare l’impressione di ‘tanto rumore per nulla’.
Insomma, non è difficile capire che quello che ha reso popolare e affascinante questa serie è anche lo stesso elemento che la sta rovinando. Quello che è difficile è capire come uscire degnamente da questa situazione. Io, francamente, non mi sentirei di essere ottimista…