La comicità positiva di Claudio Bisio: ridere dei difetti e accettarli per vivere meglio

In alcuni suoi ruoli "leggeri" Claudio Bisio nasconde nella sua interpretazione un accento più serio: la sua visione ottimista di un mondo pieno di difetti.

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Claudio Bisio non è un comico. È un bravo attore. Proprio grazie a questa sua capacità di interpretare personaggi e maschere di se stesso in maniera versatile ha attraversato quasi tutto lo spettro di quello che un uomo di spettacolo può fare. Di formazione teatrale, con inizi tra il The Rocky Horror Picture Show del cinema Mexico e opere più classiche, Bisio è stato diretto al cinema nella sua prima parte della carriera da registi del calibro di Risi e Monicelli (per piccole parti). Quando trova il sodalizio con Salvatores cambia tutto. Kamikazen, Turné e poi Mediterraneo gli aprono le porte verso una carriera versatile. C’è la TV da “simpatico umorista”, scrive libri, monologhi comici, canzoni (indimenticabile Rapput), costruisce legami creativi nel mondo dell’intrattenimento italiano. Ma Claudio Bisio resta un attore, ancora prima che un comico, uno che passa dal noir (La cura del gorilla) ai cinepanettoni (Natale a New York). È grazie alla sua capacità di mettere in scena i suoi personaggi che riesce a far ridere, conoscendo più di quanto non sembri dalla sua semplicità, i meccanismi emotivi degli spettatori, dalla risata alla commozione.

Perché Claudio Bisio non lo dà a vedere, non ne fa mai un vanto o una leva promozionale, ma nei suo personaggi migliori lascia sempre una sfumatura umana caratteristica. Una gioia di vivere che vince la malinconia, ma che diventa impegno civile, da cinema d’autore, forse come traccia degli inizi, forse come spinta di un uomo di spettacolo che non si è mai fermato e che in quello che fa mette sempre dentro un pizzico di se stesso.

Prima di Una terapia di gruppo

Il nuovo film che lo vede protagonista, Una terapia di gruppo, è una commedia leggera sul tema del disturbo ossessivo-compulsivo in uscita il 21 novembre. Bisio interpreta un uomo con la sindrome di Tourette e coprolalia. In preda a tic improvvisi e parolacce lanciate - più o meno - a caso spaventa le persone che ha intorno. Il film di Paolo Costella ha un nutrito cast di celebrità i cui personaggi sono scritti con il primo e unico intento di strappare una risata e intrattenere. Tranne uno, il Federico interpretato da Claudio Bisio. Lui si posiziona al centro di questo strampalato gruppo radunato nello studio di uno psicoterapeuta senza che questo sia presente. Si prende la maggior parte della comicità fisica e di parola, ma soprattutto prova a dare una sfumatura in più al suo personaggio. A differenza degli altri non mette solo il dramma personale e la comicità esteriore dei comportamenti, ma aggiunge anche una sua visione del mondo, un modo di prendere la vita, con schiettezza e attrazione verso le cose belle.

È quella vena sociale che Bisio riesce a mettere nei suoi ruoli. La nasconde bene, non la fa quasi mai diventare preponderante (contrariamente a quanto fa un Antonio Albanese capace di interpretare caratteri grotteschi, quando “vinti” dentro drammi atroci). Eppure il personaggio che si costruisce Claudio Bisio è a suo modo unico. Questa sua ricerca cinematografica è diventata palese ne L’ultima volta che siamo stati bambini, la sua prima regia, un film sulla Shoah. Lui interpreta un generale fascista, lo disinnesca subito caricando le movenze esagerate del duce, la parlata a petto in fuori e le frasi fatte. Il cattivo diventa ridicolo, lasciando spazio a un racconto comico e solo infine tragico di amicizia tra bambini. Un film semplice e imperfetto, ma carico di fiducia nell’umanità.

Gente che viene punita dalla vita, salvo scoprire che era un premio

Questo suo sguardo solare si vede anche in Benvenuti al sud. Le differenze tra persone e culture ci sono, ma si possono appianare riconoscendole e imparando a riderne. Il suo Alberto Colombo non è un protagonista perfetto. È un uomo qualunque, leggermente sotto la media. Fa un lavoro semplice ed è pieno di pregiudizi. Non fa problemi a fingersi zalonianamente disabile, solo per fare i propri interessi. Beccato e spedito al sud non deve fare altro che cambiare il punto di vista e aprirsi alla nuova comunità. La morale, volta però a proporre un miglioramento civile, è presente anche ne Gli sdraiati, tratto dal romanzo di Michele Serra. Qui interpreta Giorgio Selva, un celebre giornalista TV. Uno che crede di avere una prospettiva ampia sui problemi della nazione, ma non riesce a comprendere le ansie del figlio e a volergli bene così com’è. Anche qui Claudio Bisio recita, ma soprattutto inserisce spontaneamente, la fatica nel fare un passo indietro, guardarsi dall’esterno e accettarsi nei propri difetti.

Di passi indietro e di rabbia parla anche Benvenuto presidente! di Riccardo Milani. Qui nei panni di Giuseppe Garibaldi (omonimo contemporaneo del condottiero) si ritrova eletto suo malgrado come Presidente della Repubblica. La commedia gioca sul tema classico del pesce fuor d’acqua. Però anche qui la forza della semplicità del personaggio diventa distruttiva. Come sempre è lontano dall’intellettualismo. Un uomo pratico che dice le cose come stanno e così facendo inizia a cambiare lo status quo. Un rivoluzionario che non sa di esserlo. Davide contro Golia nella prospettiva grande, come cambiare l’Italia, ma anche un Davide contro Golia nelle piccole cose come in Non c’è più religione.

Qui si trova un altro esempio della comicità positiva di Claudio Bisio e dei suoi personaggi. In un’isola quasi spopolata la principale attrazione è il Presepe Vivente. Mancano però bambini che possano fare Gesù. L’unica soluzione è prendere in prestito un neonato dalla comunità marocchina che vive isolata dall’altro lato. Il sindaco Cecco deve fare due cose: la prima è riconoscere la mancanza. La seconda è cancellare i confini, cambiare prospettiva, risolvere il guaio mettendo da parte i pregiudizi e sorridere dell’imperfezione di un paesino molto amato.

Bisio sta dalla parte dei più deboli

Un educatore che non ha la stoffa per esserlo, ma lo fa lo stesso. Un po’ come Italo, di Asini diretto da Antonello Grimaldi, quarantenne milanese senza prospettive che si ritrova insegnante di ginnastica in un convento francescano. Lì dovrà lavorare con gli indesiderati. Gli asini, raccolti nel convento, animali che portano con sé uno stigma, ma in realtà grandi lavoratori e un gruppo di giovani orfani problematici. Imparerà a volergli bene.

La comicità positiva di Bisio mostra spesso come le cose piccole possano ripercuotersi in positivo nell’interiorità personale, più dei grandi eventi. Non ci sono maestri. I suoi personaggi imperfetti cambiano dagli incontri con altre persone imperfette. All’inizio cercano di evitarlo, ma poi si convincono puntualmente che da solo nessuno può salvarsi.

Così nel film migliore che esprime questa sua ricerca, ovvero Si può fare diretto da Giulio Manfredonia, Claudio Bisio racconta del reinserimento nella società delle persone dimesse dai manicomi dopo la legge Basaglia. Nello, un sindacalista scomodo, viene punito. La pena è lavorare con la Cooperativa 180. Una dinamica non differente da tutti gli altri film: Bisio viene puntualmente punito diventando Presidente, venendo spediti al sud o lavorando con gli Asini. Lì però, con i vinti, inizia una sua piccola rivoluzione. Crea una società ideale dove tutti sono diversi e quindi nessuno si conforma a un modello. Dove tutti sono ridicoli, perciò nessuno viene deriso.

Si dice spesso che i comici regalano risate amare. Claudio Bisio non è così, la sua parte della carriera più “impegnata” si è rivolta a creare un nuovo tipo di sorriso: la risata dolce. Quella che mostra le nostre brutture e ci convince che vanno bene così. Prima o poi, in maniera goffa, scomposta e forse involontaria, ce la faremo tutti.

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