La casa nera potrebbe essere uscito l’altroieri
La casa nera compie vent’anni, eppure non li dimostra: i temi che tratta, e il modo in cui lo fa, sono ancora attualissimi
L’idea, cioè, che dietro la facciata di perfezione di una certa America ricca, benestante, benpensante e profondamente conservatrice si nasconda del marcio, la cui estensione è direttamente proporzionale a quanto la superficie sia scintillante. L’idea, anche, che l’America fosse uscita dagli anni Ottanta e dal reaganismo in condizioni pietose (la stessa cosa che aveva detto Carpenter tre anni prima in Essi vivono): con una fetta di popolazione troppo povera per potersi pagare un tetto sopra la testa e un piatto caldo, e un’altra, più ristretta ma più potente, che aveva fatto dell’accumulare (soldi, oggetti costosi, beni, proprietà) la propria unica ragione di vita.
La casa nera è un film del 1991 che ha come protagonista un tredicenne nero, Poindexter detto Fool, che, per pagare l’affitto e le cure alla madre malata di cancro e priva di assicurazione sanitaria come chiunque abiti nel ghetto, decide, con la collaborazione di un paio di amici adulti e poco raccomandabili, di provare a impossessarsi della collezione di monete rare nascosta nella casa della famiglia Robeson – una coppia ricca sfondata, reclusa e proprietaria di gran parte dei palazzi del quartiere, ghetto compreso. È fin dal principio un film che parla di lotta di classe e che si posiziona senza alcun dubbio dalla parte degli oppressi, e gioca poi per un’ora e mezza con i rapporti di potere tra le due categorie – un po’ come farà tanti anni dopo Parasite, se ci passate il paragone.
Paragone che forse non è nemmeno troppo azzardato: come la coppia nel film di Bong, anche quella di La casa nera nasconde, come suggerisce il titolo originale, della gente in cantina. E come nel film di Bong (e in quell’episodio di cronaca che ispirò Craven), a scoprire il loro rosario di orridi segreti è gente che era entrata in casa loro per commettere un crimine dettato dalla disperazione, e che si trova davanti a svariati crimini molto più grandi, e dettati da una visione del mondo distorta e deformata fino a diventare irriconoscibile. È uno home invasion al contrario, come di recente se ne vedono sempre più spesso tra l’altro, da Man in the Dark all’ancora inedito da noi (e bellissimo) Bloody Hell. Ed è intriso di politica in ogni fotogramma, programmatico come se dietro ci fosse Jordan Peele.
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Il giochino dei paragoni con opere e autori contemporanei ci serve per ribadire un concetto: al netto di certe inevitabili differenze legate al fatto che sono passati trent’anni (e che nel 1991, per esempio, non esistevano gli smartphone), La casa nera è un film che potrebbe essere stato scritto e anche girato l’altroieri. È un horror violentissimo e crudele, che raggiunge picchi di sgradevolezza che Craven non toccava da tempo. È una satira sociale altrettanto pungente, e che rifugge peraltro ogni tentazione di benaltrismo: è chiaro fin dall’inizio chi sono i buoni e chi i cattivi in questa vicenda, e la valutazione morale non ha nulla a che vedere con quello che direbbe la legge – non è un caso che (piccolo spoiler) i due adulti che accompagnano Fool vengano fatti fuori quasi subito, e la storia di una rapina andata a male trasformata nell’avventura di un oppresso per liberare un’altra figlia dell’oppressione dalle catene del conservatorismo che la tengono imprigionata tra quattro mura.
Conservatorismo che viene ulteriormente preso in giro e parodizzato nel modo in cui Everett McGill e Wendy Robie (che ritornano coppia su schermo dopo esserlo stati in Twin Peaks un anno prima) danno vita ai loro “Mommy” e “Daddy”; gente che corregge a bacchettate il modo in cui la figlia sta seduta, ma che di notte, lontano dagli occhi giudicanti del resto del mondo, si veste di pelle e borchie e si abbandona ai piaceri del sadomaso. Gente che dedica più affetto al proprio cane di razza che alla propria bambina; che agisce spinta da motivazioni assurde, eppure totalmente logiche, e soprattutto coerenti con tutto il resto della loro personalità. Molta critica al tempo dell’uscita del film si affannò a spiegare come non si trattasse di un horror, o quantomeno non solo; ma il fatto che la coppia antagonista sia un concentrato di puro male senza possibilità di redenzione alcuna sposta La casa nera decisamente in territori di genere.
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Satirici, con toni da commedia qui e là, e persino un pizzico di avventura in stile Goonies, tra trappole, trabocchetti e passaggi segreti. Ma pur sempre horror, di quell’orrore appiccicoso e disturbante che ti rimane addosso anche dopo la visione; e che ti spingerà a guardare con occhio nuovo la villa dei vicini miliardari la prossima volta che ci passerai davanti. Funzionava così nel 1991, funziona ancora così nel 2021: chiediamoci anche come mai in trent’anni non sia cambiato nulla o quasi.