Killer Joe, il film che salvò la carriera di Matthew McConaughey
Killer Joe di William Friedkin fu il primo, fondamentale passo di un percorso di redenzione per l’attore texano
Gli esegeti di William Friedkin vedono in Killer Joe uno dei punti di svolta della sua carriera, e la conferma di un ritorno alla forma dopo un decennio difficile dal punto di vista creativo e commerciale come gli anni Novanta (e dopo il primo importante segno di vita di Bug, nel 2006). È difficile dar loro torto: dopo essere stato uno dei più grandi registi degli anni Settanta e Ottanta, Friedkin era andato incontro nei dieci anni successivi a un inciampo dietro l’altro, commerciali prima di tutto ma anche in certi casi creativi. Killer Joe testimoniava invece come il regista si fosse definitivamente scrollato di dosso le scorie di quel decennio – un’operazione faticosa, a giudicare dal fatto che da allora Friedkin non ha più fatto film (con l’eccezione del documentario su padre Amorth), ma che ci ha comunque regalato una delle opere migliori di un autore che in curriculum può vantare L’esorcista, Il braccio violento della legge, Vivere e morire a LA…
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Il problema è che McConaughey era arrivato alle romcom facendo il giro lungo: all’inizio della sua carriera si fece conoscere con film decisamente meno educati (soprattutto La vita è un sogno), e poi riuscì a lavorare con alcuni dei suoi registi preferiti (Zemeckis per Contact, Spielberg per Amistad). Poi però, come in quelle cautionary tale sulla droga, McConaughey provò l’ebbrezza di farsi pagare un sacco di soldi per essere manzo ed entrò immediatamente nel tunnel, deludendo le speranze di coloro che vedevano in lui qualcosa di più di un semplice bonazzo da typecasting.
Non vorremmo sovrainterpretare, ma la nostra idea è che, dopo anni di educatissime commedie romantiche nelle quali certe… cose erano assolutamente inconcepibili, McConaughey sia rimasto sconvolto dallo script di Letts perché non concepiva che qualcuno potesse volerlo per un film del genere – non lui, non con quell’immagine perfetta e quegli addominali scolpiti. Eppure con il senno di poi, alimentato anche dalla visione di True Detective, è difficile pensare a un attore migliore di lui per il ruolo di Joe. McConaughey ha avuto il coraggio di buttarcisi e mettersi alla prova andando contro il suo generico personaggio, e ha (ri)scoperto un tipo di talento che sembrava ormai sepolto sotto la sabbia dell’ennesima spiaggia tropicale dove al tramonto si consuma l’amore tra i nostri due protagonisti.
Killer Joe è un film di estremi e di opposti, che a volte si attraggono ma nella maggior parte dei casi si scontrano facendo un gran casino. È il primo film di Friedkin ambientato negli angoli più meridionali degli Stati Uniti, il primo dove il regista mette un po’ da parte il suo stile documentaristico per dedicarsi a virtuosismi e inquadrature a effetto, ma anche il primo così pieno di caricature e di satira feroce e quasi grossolana; è anche un film dove l’unico elemento d’ordine in un mondo dominato dal caos è colui che dà il titolo all’opera, e che di mestiere fa il killer prezzolato. Proprio per questo McConaughey è perfetto per il ruolo: è preso di peso da un altro mondo (cinematografico), dal quale si porta in eredità tutti i manierismi e la perfezione formale, e catapultato in una sorta di inferno sociale popolato da gente che non è neanche capace di pagare un lavoro ben fatto.
È un fotomodello vestito da sceriffo, che parla con il tono calmo e posato del professionista ma che nasconde (e neanche troppo bene) una passione non del tutto sana per le ragazze adolescenti; è una persona che, presa nel contesto giusto, ti viene voglia di presentare a tua mamma, ma è anche capace di violenza e crudeltà estreme. Ma d’altra parte lo stesso vale per il resto della fauna che popola Killer Joe – e loro non hanno neanche le buone maniere a salvarli. Non si salva nulla e nessuno nel mondo inventato da Tracy Letts, ed è per questo che paradossalmente Joe Cooper è quello che si salva più di tutti; quello che almeno sa come salvare la forma, anche se la sostanza è inequivocabilmente marcia.
Se al posto di Matthew McConaughey ci fosse stato un altro attore con la faccia e il carisma più da assassino e meno da damerino, probabilmente Killer Joe avrebbe funzionato di meno; è un film che serviva a McConaughey per rifarsi la reputazione e dimostrare di saper far anche altro. Ma è anche un film che aveva bisogno di Matthew McConaughey per far funzionare Joe Cooper e metterlo al centro di tutto il caos. Senza Killer Joe non avremmo avuto Dallas Buyers Club, Magic Mike, quei pochi minuti in The Wolf of Wall Street; e senza Matthew McConaughey non avremmo avuto questo Killer Joe. Viviamo davvero nel migliore dei mondi possibili!