John Wick 4 è troppo?
John Wick 4 è opulento e magniloquente: è la strada giusta o un tradimento dello spirito originale del franchise?
John Wick 4 è su Prime Video
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Il secondo è la stessa cosa, ma con il volume alzato a 11: dura due ore e mezza, innanzitutto, ha una trama complessa e intricata che guarda anche a certi thriller di Hong Kong, ed è un’opera gigantesca e ambiziosissima dove puntava al minimalismo e ad arrivare dritto al punto. Quello che condividono è lo stesso gusto nel rappresentare l’azione, che in The Raid 2 regala tra l’altro sequenze come questa. Mutatis mutandis, e con il peso di due ulteriori capitoli in mezzo che hanno reso il salto meno brusco, John Wick 4 sta a John Wick come The Raid 2 sta a The Raid.
Si potrebbe parlare della trama di John Wick 4, e per completezza d’informazione lo faremo. È questa: Wick si è ormai inimicato chiunque nel suo mondo criminale, a eccezione di Ian McShane. Dopo essere sopravvissuto a due interi film di gente che lo voleva far fuori, ora si ritrova contro addirittura uno dei membri della Gran Tavola, che offre la solita cifra spaventosa per vederlo morto. John decide quindi di sfidarlo a singolar tenzone nella speranza che questo antico rituale possa dargli finalmente l’agognata libertà.
Su questo scheletro tutto sommato semplice, Stahelski costruisce un edificio ipertrofico e sul quale vengono innestate una quantità di sottotrame francamente ingestibile a meno di non stirare la lunghezza del film fino a quasi tre ore – come poi di fatto accade. C’è un killer freelance che segue John Wick perché vuole essere lui a farlo fuori e che è sempre accompagnato da un cane; avrà più volte un ruolo decisivo nel corso del film, ma non è mai chiaro chi sia davvero o quali siano le sue motivazioni profonde. C’è una famiglia di Osaka collegata in qualche modo a John Wick, che sembra poter avere un ruolo centrale nel film e che viene invece usata come vittima sacrificale per introdurci un altro dei personaggi principali di John Wick 4, l’assassino cieco interpretato da Donnie Yen.
C’è Bill Skarsgård che fa un improbabile accento francese, e che ha un’intera corte dei miracoli che lo segue (spicca Marko Zaror) e contribuisce ad affollare il film. C’è una sequenza in discoteca che coinvolge anche Scott Adkins truccato da Mr. Creosote, che nonostante gli impedimenti dovuti al costume riesce a sferrare qualche piacevole calcio volante. C’è Ian McShane che continua a vagare per il mondo dispensando saggezza in latino, e c’è il già compianto Lance Reddick. C’è Natalia Tena che fa un improbabile accento russo. C’è un incredibile Clancy Brown che fa in sostanza l’angelo della morte.
C’è insomma un intero ecosistema in John Wick 4, che già i due capitoli precedenti ci avevano fatto conoscere ma che qui esplode anche in tutta la sua assurdità: nel mondo di John Wick non esistono le persone normali, la gente comune che cammina per strada e si fa i fatti propri. Sono tutti criminali, alla peggio performer in uno degli infiniti set piece che il film di Stahelski inanella a ritmo impressionante. Sembra quasi che la vita di John Wick si svolga in un mondo parallelo, una dimensione quasi identica alla nostra ma dalla quale sono state rimosse tutte le persone non funzionali in qualche modo alla trama del film. Il franchise ha sempre giocato con questa assurdità, che John Wick 4 trasforma in pura astrazione videoludica: non esiste più il mondo, solo una serie di arene nelle quali combattere (non è un caso che una delle scene più applaudite del film sia direttamente ispirata a certi twin stick shooter tipo Hotline Miami).
Questa scelta porta con sé vantaggi ma anche un grosso problema. I primi sono evidenti: John Wick 4 è ormai esecuzione pura, la trama una scusa per mettere in scena combattimenti e sparatorie sempre più intricate, ambiziose e gigantesche. E quando il ritmo cala e l’azione rallenta (o scompare) il film ritorna al minimalismo degli esordi, con dialoghi brevi, apodittici e rarefatti e pochissima voglia di approfondire i personaggi con le parole. Il grosso problema è che, ripulito di tutte le distrazioni esterne e concentrato solo sulle sequenze d’azione com’è, John Wick 4 finisce per svelare la matrice, e con essa una serie di magagne che fin qui avevamo imparato a ignorare.
La più grave ed evidente è che, se da un lato Keanu Reeves merita tutta la stima di chi ama l’action per la passione e la dedizione con cui si è reinventato performer e stuntman di sé stesso, dall’altro l’età continua ad avanzare e il fatto che si tratti comunque di un artista marziale improvvisato non aiuta. Vedetela così: John Wick 4 non riesce più a giustificare la fama del suo protagonista, che è palesemente in difficoltà a confronto con altri atleti più formati (in questo senso recitare a fianco di Donnie Yen non aiuta, nonostante la trama lo renda cieco per dargli uno svantaggio da colmare) e che ormai sopravvive a qualsiasi cosa più che altro grazie al potere della plot armor – e delle giacche eleganti antiproiettile in kevlar, che erano una buona idea un paio di film fa e che arrivati a questo punto cominciano a risultare un po’ ridicole.
Resta il fatto che, se è vero che John Wick 4 fallisce, lo fa per troppo entusiasmo e per bulimia creativa – che è comunque meglio di un film che fallisce per carenza di idee e facile aderenza a una formula. Il franchise è nato come revenge movie di dimensione familiare, e anno dopo anno è lievitato fino a diventare un kolossal da 100 milioni a capitolo e con un cast altrettanto ciclopico. Il quarto (e ultimo, ma forse no) capitolo è solo la logica conseguenza di questa rapida crescita, e in un certo senso è l’apice creativo della saga. In un altro è invece il capitolo peggiore, perché più sbilanciato e troppo pieno di cose delle quali avremmo anche potuto fare a meno. Sta tutto a voi, e alla vostra personale opinione: meglio un panino con tutto o un semplice hotdog cucinato alla perfezione?