John Hughes: è morta una leggenda

Negli Stati Uniti se ne parla come di un grande realizzatore e produttore, in Italia si fatica a ricordarlo. In effetti, John Hughes ha avuto un'influenza fondamentale nella storia del cinema moderno...

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Rubrica a cura di ColinMckenzie

"Pochi registi hanno lasciato una serie di lavori più personale o influente di John Hughes, il creatore del moderno cinema adolescenziale americano", Roger Ebert. "John Hughes ha avuto un impatto enorme sulla cultura americana, senza temere confronti con altri realizzatori statunitensi. Almeno due generazioni sorridono e citano le battute dei suoi film", David Poland. Può bastare? Semplicemente, ieri è morta un'icona del cinema degli ultimi trent'anni. Anche se su Twitter due dei trending topics sono incentrati su di lui, in Italia non ce ne siamo accorti, visto che al momento in cui scrivo su Google News si possono trovare soltanto 2 articoli italiani (uno è nostro), mentre tra i siti di cinema i primi a parlarne sono stati Cineblog e Alphabet City, con gli altri che stanno seguendo a ruota adesso.  

L'Agi, praticamente tra i pochissimi a mettere la notizia già in nottata, lo collegava a Mamma, ho perso l'aereo. Non certo un errore, considerando che era stato sceneggiatore e produttore di quel fortunatissimo titolo (sicuramente il maggiore successo della sua carriera), ma che non rende bene l'idea. Semplicemente, per chiunque fosse adolescente negli anni ottanta in un Paese occidentale, era impossibile non imbattersi nelle sue pellicole.

Stiamo parlando di titoli come Bella in rosa, Una pazza giornata di vacanza, Sixteen candles - un compleanno da ricordare, La donna esplosiva e soprattutto il suo capolavoro, Brakfast Club. Cosa avevano di tanto particolare questi titoli? Beh, la cosa più semplice da dire, poco originale ma assolutamente vera, è che questi adolescenti sembravano assolutamente reali. Poco importa, per fare un esempio, che ai tempi di Breakfast Club Emilio Estevez avesse 23 anni e Judd Nelson addirittura 26, perché comunque erano e sembravano credibili.

D'altra parte, a quell'epoca Anthony Michael Hall e Molly Ringwald, senza dubbio i maggiori rappresentanti dell'adolescente hughesiano, avevano entrambi 17 anni. E la cosa emergeva chiaramente, come ormai è molto difficile che avvenga. Cosa ben più importante, interpretavano adolescenti reali. Sulla carta d'identità si può infatti barare, ma sulla credibilità assolutamente no. E il pregio di queste pellicole era di non rendere gli adolescenti eccessivi, ma assolutamente interessanti nella loro normalità, senza tendere a eccessi drammatici.

"I ragazzi sono sufficientemente intelligenti per sapere che la maggior parte delle pellicole adolescenziali li stanno sfruttando, ma loro reagiscono positivamente quando gli adolescenti vengono descritti come persone reali. I miei film parlano della bellezza di crescere. Ritengo che soprattutto le adolescenti siano pronte per questo tipo di pellicole, dopo essere state infastidite da tutto il sesso e la violenza presenti in buona parte dei film adolescenziali. Le persone dimenticano che, quando hai 16 anni, probabilmente quello è il periodo della tua vita in cui sei più serio. Pensi seriamente alle questioni importanti". Questo ha detto John Hughes a Roger Ebert e non si poteva spiegare meglio il suo lavoro.

La cosa interessante è che, quando ha deciso di puntare su una coppia di uomini adulti, ha prodotto un altro film incredibile come Un biglietto in due. Poi, a un certo punto, si sono quasi spente le luci sulla sua carriera. Certo, ha continuato a produrre titoli di grande successo (la serie di Mamma, ho perso l'aereo, Flubber, La carica dei 101), ma verso la fine dello scorso secolo era evidente che il suo interesse per il cinema (o meglio, forse un 'certo' cinema) fosse decisamente affievolito.

Ed ecco che per molta stampa era diventato un 'recluso' o era impegnato in un 'J.D. Salinger' (dal nome del romanziere de Il giovane Holden, ritiratosi a vita privata nel momento di maggiore successo). In realtà, si confondeva la reclusione con il fatto di non voler vivere a Hollywood. "Non amo stare con le persone dell'industria cinematografica. A Hollywood passi tutto il tempo a pranzare e a stringere accordi. Tutti cercano di farti fuori", ha detto lo stesso Hughes. D'altronde, come descritto da chi ha cercato di approfondire la questione, la sua vita era all'insegna della famiglia, non certo quella di un lunatico fuori di testa.

E' interessante il fatto che, con l'eccezione del povero John Candy (anche lui scomparso troppo presto), i suoi attori principali abbiano praticamente smesso di fare cose interessanti senza di lui. Come se il Brat Pack (almeno la componente più legata a lui) non sapesse bene dove andare senza la sua guida.

Ma la sua influenza rimane enorme. Vogliamo contare le citazioni anche solo di una pellicola come Breakfast Club? Pensiamo a The Faculty di Robert Rodriguez, il documentario American Teen o un'esplicita puntata di Dawson's Creek. Meglio, più che citazioni si tratta in questi casi di veri e propri remake, più o meno dichiarati, ma se volete un elenco completo (e quasi infinito) di riferimenti potete andare qui. E che dire di una figura come Judd Apatow, che sostanzialmente si può definire il John Hughes degli anni 00? O di Kevin Smith, che ha detto una volta "praticamente ogni cosa che faccio è una pellicola di John Hughes in chiave volgare"?

Ecco, anche se la stampa italiana dorme, possiamo essere sicurissimi che John Hughes non verrà mai dimenticato...

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