It Comes At Night fa un po’ più paura a ogni lockdown

It Comes At Night nasce come thriller metaforico sulla condizione umana, ma da un anno a questa parte sta diventando sempre più letterale

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It Comes At Night è su Amazon Prime Video

Ora vi raccontiamo una storia che dimostra come un film possa sfuggire completamente di mano al suo autore per motivi imprevedibili. Comincia nel 2017, quando Trey Edward Shults, giovane regista americano che aveva esordito due anni prima con il dramma familiare Krisha, decide di proseguire la sua carriera con un altro dramma familiare: intitolato It Comes At Night e ambientato in un’America post-apocalittica, racconta la storia di una famiglia che vive isolata nei boschi per non incappare nella causa dell’apocalisse, e che conduce un’esistenza routinaria e relativamente sicura che però si sgretola nel momento in cui il padre decide di accogliere un’altra famiglia in cerca di riparo. Scritto, come raccontato dallo stesso regista e sceneggiatore, per elaborare il lutto dopo la morte del padre, It Comes At Night è un thriller psicologico con echi di La cosa e persino di Shining, un non-horror nichilista nel quale il mostro non è là fuori ma è ciò che alberga dentro ogni essere umano.

Facciamo avanti veloce fino a quattro anni dopo, cioè ora: riguardando It Comes At Night si scopre che le metafore e i secondi livelli di lettura giacciono in un angolo, dimenticati, e il film assomiglia sempre di più a un instant movie scritto la scorsa estate per sfruttare il panico dell’imminente seconda ondata di coronavirus.

It Comes At Night Will

It Comes At Night e le metafore

It Comes At Night si apre con un addio strappalacrime, una pallottola in fronte, un funerale frettoloso e un cadavere dato alle fiamme. L’America immaginata da Shults è stata colpita da un virus non meglio specificato ma contagiosissimo e letale, e infatti la prima immagine che abbiamo dei protagonisti Paul (Joel Edgerton in perfetta versione survivalist) e Travis (Kelvin Harrison Jr.) è di un padre e un figlio che, mascherati (non con le FFP2 ma con maschere antigas) e con le mani coperte da guanti di plastica, seppelliscono il cadavere del nonno di Travis e padre di Sarah, la moglie/madre, che si è beccato la malattia ed è stato dunque pietosamente soppresso per evitargli l’agonia.

È una scena di triage in mezzo ai boschi che informa tutto il film – ciascuno dei tre membri della famiglia proverà a elaborare il lutto a modo proprio) e ne anticipa i temi (perdere una persona cara, l’importanza della famiglia, la sfiducia pregiudiziale verso chiunque non ne faccia parte, il nero abisso del nulla esistenziale perché comunque It Comes At Night è un film privo di spiragli di luce e speranza...), e contemporaneamente dice tutto quello che serve sapere sul motivo per cui i tre vivono nel mezzo di una post-apocalisse: c’è una malattia orribile, non sappiamo esattamente come si trasmetta, sappiamo che per proteggersi bisogna mettere mascherine, guanti e rispettare le norme di distanziamento sociale e quarantena... leggendo le interviste a Shults è chiaro che questo impianto narrativo era per lui semplicemente una scusa per mettere alla prova degli esseri umani in condizioni estreme e studiarne le reazioni, e che non aveva alcun interesse, per esempio, nelle dinamiche della malattia o nell’allargare il campo visivo dal singolo alla società. Purtroppo per lui, però, dal 2017 a oggi è successa una cosa, ed è impensabile guardare It Comes At Night senza tracciare facilissimi paralleli con la quotidianità.

Malato

It Comes At Night e il coronavirus

Ovviamente, visto che parliamo pur sempre di un horror o di qualcosa di simile, It Comes At Night non è una fredda cronaca della vita nei boschi nel rispetto delle norme igieniche e di distanziamento. Il titolo stesso suggerisce che ci sia qualcosa oltre a quello che appare – e quello che appare è semplicissimo: una famiglia, un’altra famiglia che si imbatte nella loro casa mentre vaga in cerca di cibo, un gesto di umanità, l’unico, forse, dell’intero film, e improvvisamente nella casa ci sono sei persone invece di tre; ed è ovvio che se raddoppia la popolazione domestica raddoppiano anche le possibilità di contagio, oltre a quelle di frizione di vario tipo tra persone che non si conoscevano fino a due giorni prima e si trovano ora costrette a condividere spazi vitali mentre là fuori c’è l’inferno. It Comes At Night gioca per un’ora e mezza con questo inferno, suggerendolo ma mai mostrandolo, ballando sempre sul filo della rivelazione sovrannaturale, anche perché Schults è un fan di Lynch e si vede, e punteggia tutto il film con sequenze oniriche con protagonista il giovane Travis e una serie di figure da “horror con i mostri” che aiutano a disancorare dalla realtà anche chi guarda (oltre che a confezionare un trailer estremamente ingannevole).

Ma queste sono considerazioni che avremmo potuto fare anche quattro anni fa; nel 2017, però, non saremmo rimasti altrettanto colpiti dalle sequenze in cui si vede Joel Edgerton armarsi di mascherina prima di uscire, o da quel momento carpenteriano nel quale si scopre che una delle persone che stanno in casa potrebbe essersi infettata e le due famiglie praticano un po’ di sana quarantena domestica. Certo, la nostra apocalisse è meno virulenta di quella di It Comes At Night (il cui virus pare uccidere il 100% delle persone che infetta) e per ora la stiamo vivendo senza far collassare l’intera società come nel film di Shults; ma è innegabile che tutti i grandi discorsi, le metafore, l’autobiografia e la psicanalisi oggi rischino quasi di passare inosservati mentre ci chiediamo dove i nostri eroi trovino l’amuchina per disinfettarsi le mani.

Joel Edgerton

... e comunque è un bellissimo film

Il fatto che il film abbia cambiato senza volerlo la sua natura non toglie ovviamente nulla ai suoi meriti. Vagamente posizionabile a fianco di altri horror da arthouse più o meno contemporanei tipo The Vvitch o Babadook, It Comes At Night riesce a spremere sangue dalla proverbiale rapa: location unica (una casa la cui geografia interna muta in continuazione, e che comunica con l’esterno tramite una porticina rossa che fa tanto Shining), sei personaggi, pochi dialoghi, pochissima azione, è un film che punta tutto sull’atmosfera e sul crescente deterioramento delle percezioni e del senso della realtà che va di pari passo con lo sgretolarsi dei rapporti umani, prima tra famiglie e poi intrafamiliari. Va tutto male in It Comes At Night, e anche le (vere o presunte?) “minacce esterne”, quelle che vengono fuori solo di notte, perdono importanza e impatto man mano che il nichilismo si fa strada e il film si catapulta verso un finale nietzschano e nerissimo. Se non l’avete ancora visto vi conviene recuperarlo prima della prossima zona rossa.

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