Iron Man 3 contiene la frase più importante di tutta la saga | Un film in una scena

Iron Man 3 è uno dei film più divisivi dell'MCU. Eppure contiene un momento importantissimo che definisce e chiude il viaggio lungo 3 film

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Il terzo film di Iron Man sarebbe dovuto finire con “Io sono Tony Stark”. E invece all’ultimo la frase venne cambiata, per ribadire ancora una volta che i supereroi non sono opposti alle persone comuni, ma possono essere dentro di noi. Ed è un passaggio fondamentale dello sviluppo di Tony Stark.

Io sono Iron Man” dice quindi Robert Downey Jr. alla fine di questo viaggio durato tre film e che, nonostante il personaggio fosse destinato ad essere ancora molto presente nell’MCU, dà forte un senso di chiusura del viaggio del personaggio.

Iron Man 3 cambia tono e ritmo rispetto ai precedenti. Controverso fino al midollo venne amato e odiato, superando comunque il miliardo di dollari di incasso e dimostrando per la prima volta lo strapotere economico Marvel. All’epoca di uscita (2013) il dibattito si concentrò molto sulla questione Mandarino. Trevor Slattery è il villain? No, non lo è. Però forse sì, secondo il successivo cortometraggio All Hail the King, di cui qui potete vedere una clip.

Fatto sta che le discussioni si posarono a lungo sulla questione sbagliata, perdendo di vista la vera forza del film. Come l’opera di Shane Black sia un film di Natale a pieno titolo è un tema già ben affrontato dal nostro Andrea Bedeschi in un articolo pubblicato pochi giorni dopo l’anteprima del film nel 2013 che potete leggere qui

Eppure, rivisto oggi, Iron Man 3 sembra ancora di più un rifacimento diretto del Canto di Natale di Dickens. Ognuno crea i propri fantasmi, e Tony Stark ne ha molti. Dopo gli eventi traumatici di Avengers egli continua a ritornare, con la mente, alla battaglia di New York. Ma un nuovo nemico, ben più subdolo e nascosto dell’armata di Loki, sta mettendo a repentaglio la sicurezza della nazione. Il gruppo terroristico dei Dieci Anelli ha unito le forze con l’A.I.M. per imporre una nuova umanità potenziata e rovesciare la democrazia.

Iron Man 3

Mai come in Iron Man 3 poco importano le motivazioni dell’antagonista.

Come vedremo a breve, qualsiasi nemico è solo una facciata in questa corsa. Il vero pericolo per il progetto avanguardista mondiale di Stark… è solo Tony. 

Shane Black e Drew Pearce conducono quindi l’eroe in un vero e proprio viaggio con i suoi fantasmi. Il passato viene da un bambino, Harley Keener (Ty Simpkins). Piccolo brillante senza padre, è il bambino che Tony ha dentro di se da sempre, e che, durante l’adolescenza non ha mai potuto superare. Si rapporta a lui da pari, lo guida e si fa guidare. Lo invidia. Da questo incontro recupera l’inventiva, la capacità di costruire qualcosa da zero, privato dei suoi mezzi, e rinascere.

Tony si trascina dietro la sua armatura, da cui è emerso sventrandola come una carcassa. Respira sollevato quando indossa il casco. Ma ne è dipendente e il cammino, con quel peso, è lento. Harley Keener è invece libero, come può essere leggera e agile la mente di un brillante bambino a quell’età.

Il presente di Stark è legato al Tony mediatico. Il salvatore, la divinità più umana tra il gruppo di supereroi. Lo notiamo quando Gary, un operatore televisivo, gli mostra il tatuaggio sul suo braccio. È per il mondo un oggetto, una caricatura, un simulacro di speranza privato della sua complessità. Viene imitato per come appare, mai per come è.

A proposito di braccia: Iron Man 3 è il film che inaugura la tradizione di mani tagliate che sarà presente in ogni film della fase due. Un omaggio a L’Impero colpisce ancora di Star Wars. Un altro film in cui i fantasmi e l’identità sono parte integrante della formazione dell’eroe.

Iron Man 3

Torniamo ai fantasmi. Il terzo fantasma, quello del futuro, è sempre stato attribuito ad Aldrich Killian. Una versione distorta di quello che sarebbe potuto diventare Iron Man. Ma è un simbolo che non convince appeno. Dopo anni di storie e, in particolare, dopo Endgame, è diventato chiaro chi fosse in realtà il fantasma del futuro. Tony Stark a New York ha avuto una visione sconvolgente. Ha visto nuovi mondi, un esercito imbattibile, una guerra imminente. Ma, soprattutto, ha visto la sua stessa morte. 

E si è rifugiato in essa.

Il fantasma del futuro di Tony Stark è lo stesso Iron Man. E Iron Man è il guscio che gli darà la morte. È l’identità che ha deciso di adottare, a cui vuole essere fedele. Anche se, inconsciamente, sa che lo porterà alla morte. 

La dissociazione di Tony deriva da una disconnessione tra queste due identità. Se alla fine del primo film la parola Iron Man stava a significare un “io” ben accettato anche dalla controparte umana dell’identità di Tony, ora non è più così. Il meccanico, genio, playboy, miliardario ora vuole essere solo un uomo. Non sa ancora perché (noi si, lo sappiamo avendo già visto la sua morte in Endgame), ma sa che un giorno quell’armatura sarà la sua bara. 

E allora costruisce simulacri vuoti. Maschere (l’esercito di armature) come compensazioni di un ruolo che non vuole più suo. Vuole pagare il suo debito con l’umanità (era  a sua volta un mercante di morte),  ma il prezzo è troppo alto.

Diventa chiaro, a questo punto, il perché di Ultron. Se il progetto di uno scudo intorno al mondo avesse funzionato, Tony avrebbe avuto salva la vita. 

Ma così non è, nell’Universo Marvel tutto deve avere un prezzo. 

Ma l’eroe non è l’unico a combattere con una identità non più salda. E gran parte di questo conflitto tra ciò che si è, e come si appare, viene dal secondo nemico del film: la propaganda. 

Non importa chi sia il Mandarino, basta che venga creduto esistente. Il riferimento diretto (che, all’epoca, non venne sentito) è ovviamente diretto all’America reale. Mentre Drew Pearce scriveva il film, nel 2011, Osama Bin Laden veniva ucciso. La guerra al terrore si rivelava un conflitto soprattutto mediatico. Gli Stati Uniti iniziavano il processo di radicalizzazione che oggi vediamo in atto nella campagna elettorale. Così è il conflitto interno all’MCU (a breve lo S.H.I.E.L.D scoprirà di essere diventato il suo stesso nemico). 

Proprio quando si sentono piccoli, i personaggi di Iron Man 3, si mascherano come potenti. War Machine, nei panni stretti di Iron Patriot, si trova a combattere per l’immagine di un’America sicura, a poche settimane dall’attacco di una forza aliena e dalla scoperta dell’esistenza di esseri divini. Ma diventa simbolo del peggior attacco terroristico alla democrazia Marvel. 

Iron Man 3

È una maschera anche quella cool e malvagia di Killian, in realtà scienziato da laboratorio ai margini della vita mondana. È mascherata anche Pepper come dama in pericolo per tutto il film, e invece si rivela essere la vera eroina che risolve la situazione sul finale. E quindi ecco che, coerentemente, il terribile e potente Mandarino non è altro che un attore preso dalla strada.

Tony Stark vince, alla fine di Iron Man 3, non certo perché sia il più forte. Ma perché è il primo, grazie agli amici e agli incontri fatti lungo la strada, a riconciliarsi con se stesso. I suoi fantasmi continueranno a tormentarlo, soprattutto quello del padre, ma dopo quel Natale saranno un po’meno. 

Tony Stark è Iron Man non solo perché ha capito che, con extremis e l’avanzamento delle tecnologie, può nascondere sotto pelle la sua nuova armatura (come nel fumetto di Warren Ellis da cui è tratto il film). Il finale, coerentemente con la filosofia Stan Lee, ci mostra con quell’ultima battuta l’intero sviluppo del personaggio lungo tre film. Tony Stark è Iron Man perché non è un super-umano superiore agli altri, ma perché ha imparato ad essere semplicemente umano.

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