Ipotesi di complotto oggi è ancora più inquietante

Ipotesi di complotto è un film che con gli anni è riuscito a diventare ancora più angosciante di quanto fosse all’epoca della sua uscita

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Ipotesi di complotto è su Netflix

C’è una frase che si dice spesso riguardo a certi film, e inizia con “se uscisse oggi…” – le stiamo dedicando da qualche mese addirittura una rubrica. Questo pezzo su Ipotesi di complotto non fa parte di quella collezione, ma forse un posticino se lo meriterebbe; non perché sia politicamente scorretto nel modo in cui lo sono i vari Tropic Thunder o Scuola di polizia, ma perché tratta un tema vecchio come l’umanità e che, negli anni, invece di perdere di importanza è diventato sempre più centrale nel discorso pubblico, al punto da meritarsi sempre più attenzione anche da parte della politica, che in certi casi se n’è impadronita e l’ha incorporato tra i suoi strumenti di persuasione. Il tema in questione, ovviamente, è il complottismo.

Ipotesi di complotto, Kennedy e la massoneria

Ipotesi di complotto è, poco sorprendentemente, un film su un complottista. Di quelli veri, che prendono molto sul serio la loro paranoia e la loro convinzione che dietro le quinte della realtà succedano cose che noi normali cittadini non possiamo conoscere, a meno di drizzare gli occhi e le orecchie e notare tutti quei dettagli che tradiscono l’esistenza di un mondo parallelo, nel quale una serie di persone non meglio identificate muovono le fila di tutto quanto e decidono i nostri destini senza ascoltare la nostra opinione. Jerry Fletcher è convinto di avere sollevato il velo di Maya, per dirla con Schopenhauer, e di sapere cose che non dovrebbe sapere; e quindi interpreta ogni aspetto della realtà attraverso questa lente, come se avesse indossato gli occhiali di Essi vivono.

Nella sua testa c’è posto per tutti i complotti e le cospirazioni che vi possano venire in mente: l’omicidio Kennedy, i microchip sottopelle, il Watergate, gli elicotteri neri (e quindi gli UFO)… Ipotesi di complotto è un’interessante collezione di molte delle teorie più assurde che circolavano ancora negli anni Novanta, e ha in questo senso anche un notevole valore storiografico. Non ci sono tutte, ovviamente: non si parla, per esempio, di Terra piatta o di scie chimiche, ma insomma, anche in un’epopea di oltre due ore non si può sempre trovare posto per tutto quanto. Fletcher ha addirittura quella che chiama, con termine quasi profetico, una newsletter, che fa circolare via posta presso i suoi cinque (!) iscritti nella speranza di aiutarli ad aprire gli occhi e a vedere oltre le apparenze.

Il problema del protagonista complottista

Il problema di avere un protagonista del genere, con il senno di poi, viene rivelato quasi subito nel film. L’ultima teoria del complotto abbracciata da Fletcher ha a che fare con la NASA, con gli esperimenti sulle armi del futuro che provocano terremoti a comando, e con un piano segreto per assassinare il Presidente degli Stati Uniti. Sembra un’assurdità, e invece qualcosa di vero ci dev’essere, perché non appena il povero Jerry comincia a propagandare la faccenda scopre che… è tutto vero. Non tanto questo specifico piano, ma l’esistenza di quello che oggi forse chiameremmo “deep state”, un’agenzia governativa che si occupa di tenere sotto controllo la popolazione ma anche le altre agenzie, FBI e CIA comprese.

L’agenzia in questione ha la faccia di Patrick Stewart, e nel momento in cui entra in azione Ipotesi di complotto diventa un film realmente spinoso: pur non arrivando al punto di confermare tutte le paranoie di Fletcher, sembra però dire “guardate che il nostro eroe non ha mica tutti i torti”. Invece di smontare la sua follia, il film di Donner la alimenta, e in questo modo sembra lanciare un messaggio anche al pubblico: non tutto è come sembra, dice, e dietro le quinte della realtà qualcosa sta succedendo davvero. Questo automaticamente aiuta a riabilitare Fletcher, che fino a quel momento sembrava non solo un paranoico ma anche uno stalker, ossessionato e forse innamorato dell’avvocatessa del dipartimento di giustizia Alice Sutton – la quale peraltro invece che denunciarlo e costringerlo a stare a qualche centinaio di metri da lei lo incoraggia perché “c’è qualcosa in lui”.

L’Ipotesi di complotto è quindi confermata?

È chiaro che Ipotesi di complotto è un divertissement, e che Brian Helgeland non l’ha scritto pensando che davvero il governo metta il fluoro nell’acqua per controllare la mente dei cittadini; è un gioco, un what if che serve come scusa per inscenare inseguimenti, torture, sparatorie, esplosioni e per costruirci intorno anche un’improbabile storia d’amore tra due attori che al tempo erano star di portata mondiale. Ma nel 1997 Internet era ancora agli albori, certe scottanti rivelazioni venivano diffuse tramite carta stampata e ciclostilata male, e l’idea del complottismo come ragione di vita e chiave di lettura della realtà era ancora considerata appannaggio di pochi pazzi.

Oggi invece l’idea che “non ce lo dicono” è diventata il motto di interi movimenti politici, e la facilità di reperire informazioni sconvolgenti e apparentemente inattaccabili è una delle cifre del populismo che impazza un po’ ovunque. Quella che nel 1997 era solo un’ipotesi di complotto, appunto, oggi per molti è una certezza. Se il film uscisse oggi, Jerry Fletcher non sarebbe un disperato senza amici ma una personalità, un influencer, magari un politico; e le sue teorie cospirazioniste sarebbero prese come un manuale di istruzioni: l’idea che ci siano dei non meglio identificati “loro” che controllano e decidono alle nostre spalle, per esempio, e la retorica del “è impossibile provare l’esistenza di un complotto perché se si potesse farlo sarebbe un complotto venuto molto male” – l’indimostrabilità stessa delle sue teorie come prova che sono tutte vere. Sia chiaro, tutto questo non è colpa di Ipotesi di complotto, che è solo un film; è colpa di quello che è successo nel mondo dal 1997 a oggi.

E fatecelo dire: il risultato è estremamente inquietante.

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