Io, videogiocatore, e i fumetti di Assassin’s Creed: La Prova del Fuoco
Streghe, eresie e tradimenti. Assassin’s Creed: La Prova del Fuoco letto e analizzato da un videogiocatore
Lorenzo Kobe Fazio gioca dai tempi del Master System. Scrive per importanti testate del settore da oltre una decina d'anni ed è co-autore del saggio "Teatro e Videogiochi. Dall'avatara agli avatar".
Grazie all’espediente dell’Animus, strumento tecnologico che permette di risvegliare i ricordi degli antenati del soggetto che si sottopone al trattamento, il brand di Ubisoft può spostarsi con disinvoltura tra differenti epoche storiche, mostrandoci, di volta in volta, spaccati e spezzoni dell’eterna lotta tra Assassini e Templari, fazioni ambivalenti, divise negli scopi e negli obiettivi, piuttosto che negli strumenti e nei mezzi utilizzati per perseguirli. Non ci sono buoni, né cattivi, nonostante il punto di vista di riferimento sia quasi sempre quello di un membro della Confraternita.
Che la struttura narrativa sia piuttosto debole, lo si evince sin dal prologo. L’ignara Charlotte de la Cruz, protagonista sulle prime piuttosto affascinante per il suo tentativo di opporsi a certi meccanismi imposti dalla società contemporanea, con fin troppa facilità accetta l’esistenza degli Assassini e la sua lontana discendenza da Thomas Stoddard, membro dell’Ordine attivo nella Salem di fine Seicento in piena caccia alle streghe.
Meglio, ma non troppo, quando la narrazione si sposta a Salem. Thomas Stoddard si rivela immediatamente un personaggio molto più interessante, perfettamente calato nei panni dell’Assassino indottrinato e disposto a qualsiasi cosa pur di raggiungere il suo obiettivo, ovvero il ritrovamento di un frammento dell’Eden caduto nelle mani dei Templari. Risoluto e sprezzante del pericolo, è segnato nel profondo dalla morte del padre, i cui insegnamenti si mescolano e si confondono con i dettami dell’Ordine, rendendo, ai suoi occhi, la sua missione tanto più sacra, vitale, irrinunciabile. Peccato per dei villain appena abbozzati e per dei dialoghi a volte confusi, in alcuni casi persino patetici.
Anthony Del Col e Conor McCreery, già insieme in Kill Shakespeare, co-scrittori del volume, non riescono a proporci una trama solida e interessante dall’inizio alla fine. Un incipit fin troppo frettoloso, una protagonista che solo nell’epilogo mostra un briciolo di carattere e una sceneggiatura tutt’altro che graffiante, non permettono a La Prova del Fuoco di spiccare, opera che, fortunatamente, si salva dal baratro grazie ad una conclusione più briosa e alla buona caratterizzazione di Thomas Stoddard.
Ci saremmo aspettati qualcosa di più anche da Neil Edwards, responsabile dei disegni, a lavoro in passato su Fantastic Four, Avengers, Superman e Green Lantern. Se i luoghi claustrofobici in cui si sviluppa la maggior parte della vicenda, sia nel presente che nel passato, hanno dato ben poche possibilità all’artista di sbizzarrirsi in campi lunghi, destano perplessità i primi piani carenti di espressività e quelli medi fin troppo statici, privi di quel dinamismo che ci si aspetterebbe da sinuosi Assassini in procinto di abbattere i propri nemici. I colori di Ivan Nunes donano al tutto un pizzico di profondità, ma la sensazione generale è che manchi sempre qualcosa, nonostante verso l’epilogo, anche qui, la situazione migliori, forse segno che il progetto, nel corso delle singole uscite, ha acquisito progressiva importanza e rilevanza anche per gli editori.
La Prova del Fuoco ha un asso nella manica che potrebbe renderlo comunque un volume interessante per gli irriducibili: è un prologo, a tratti confusionario e tutt’altro che irresistibile, di una storia che proseguendo potrebbe comporre un’antologia degna degli altri capitoli della saga di Assassin’s Creed. Preso di per sé, ciononostante, è un’opera relativamente povera sia sul piano dei contenuti, sia su quello prettamente artistico.
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