Io vi troverò e la nascita del daddy action

Io vi troverò doveva essere un piccolo film ma ha contribuito a cambiare i destini dell’action hollywoodiana per sempre

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Io vi troverò è su Netflix

«Ricordo di aver pensato “andrà direttamente in straight to video, ma non importa, è una piccola storia semplice”»: le recenti parole di Liam Neeson su Io vi troverò sono indicative di tante cose. Innanzitutto del fatto che non sempre il destino di un film è segnato da quello che viene deciso nelle stanze del potere: ci sono opere che nascono con un certo grado di ambizione e si ritrovano poi, per motivi imperscrutabili ma forse neanche troppo, a esplodere. Poi che non sempre basta leggere una sceneggiatura e capirne di cinema per saper prevedere il suddetto destino. C’è anche il fatto che “straight to video”, un’espressione che il pubblico spesso associa con prodotti di bassa qualità, è in realtà più neutra di quanto sembri, e indica semplicemente che non tutti i film vengono girati con l’idea di finire agli Oscar, e che a volte l’idea di mettere in scena un’idea, per quanto semplice, conta di più di quanto si voglia incassare. E in effetti Io vi troverò è l’esempio perfetto per illustrare questi tre concetti – oltre a essere un film che è risultato inaspettatamente decisivo per definire il genere action a Hollywood negli ultimi quasi vent’anni.

Io vi troverò e le ambizioni

Scritto da Luc Besson e dal suo collaboratore di lunga data Robert Mark Kamen, peraltro l’inventore di Karate Kid, Io vi troverò doveva essere uno dei tanti action con poche pretese ma tanto divertimento prodotti in quegli anni dalla EuropaCorp dello stesso Besson – tanto che alla regia c’era Pierre Morel, già direttore della fotografia dell’altrettanto piccolo culto The Transporter. Costato appena 25 milioni di dollari, finì per incassarne più di 200, grazie a una combinazione di elementi che comprendono tra l’altro un trailer indimenticabile e a… be’, obiettivamente non è facile capire che cosa abbia portato Io vi troverò alle vette più alte del botteghino, a meno di non usare una grande quantità di senno di poi.

Cioè: era un film che sperava di incassare il giusto, di arrivare in pari, e magari di conoscere una seconda vita in DVD, appunto (che tempi). Non era neanche uscito nella sua forma originale: inizialmente nei panni del protagonista doveva esserci Jeff Bridges, e Liam Neeson al tempo sembrava una scelta curiosa, se considerate che parliamo di un attore che era diventato famoso con tutt’altro, da Michael Collins a Rob Roy a I miserabili. Neeson, però, è sempre stato prima di tutto un professionista gigantesco, di quelli che mettono tutti loro stessi in qualsiasi progetto finiscano, non importa quanto modesto o lontano dal loro standard. E questo, più di ogni ambizione di incassi, è il vero segreto di Io vi troverò.

Un action così così con un protagonista clamoroso

Perché diciamolo, senza paura di offendere nessuno: al netto di Bryan Mills, Io vi troverò è un film tutt’altro che indimenticabile. Ha una sceneggiatura semplicissima e che parte da un’idea altrettanto semplice e un po’ assurda: un ex specialista della CIA con un passato anche nell’esercito deve andare dall’altra parte del mondo a recuperare sua figlia, rapita da un gruppo di albanesi specializzati nell’adescare ragazze innocenti e venderle poi come prostitute al miglior offerente. Lo specialista è talmente bravo, nonostante sia in pensione da tempo, e soprattutto talmente incazzato che nel momento in cui mette piede sul suolo francese si trasforma in un esercito di una persona, e passa un’ora abbondante a picchiare, torturare e/o ammazzare chiunque si metta tra lui e la figlia.

È un’idea talmente vaga e talmente anni Ottanta che potrebbe essere declinata in ogni modo possibile, e Morel la declina nel modo più semplice e lineare del mondo. Oltretutto, come ahinoi spesso capita a chi fa action per EuropaCorp (si veda per esempio Olivier Megaton), non sia un grande regista action; sa come gestire gli attori ma quando si tratta di lavorare sul movimento, su inseguimenti, sparatorie e risse, si fa prendere dal morbo della confusione, coreografando e girando sequenze che, quelle sì, sono da direct-to-video di qualità medio-bassa. Io vi troverò, però, come già ribadito più volte, ha un vantaggio su tutta la concorrenza: un Liam Neeson che, scena dopo scena, scopre quasi in diretta quanto sia divertente interpretare la one man army anni Ottanta, e che ora della fine del film ridefinisce per sempre l’idea di “attore non più giovanissimo che mena le mani”.

Io vi troverò, John Wick e tutti gli altri

Sarebbe facile citare John Wick come conseguenza più o meno diretta del successo di Io vi troverò, ma la verità è che il daddy action (che in qualche caso è sfociato anche nel grandpa action) è letteralmente esploso dopo il film di Morel, e non solo grazie a Keanu Reeves. Senza Io vi troverò non avremmo avuto per esempio Bad Ass con Danny Trejo (che all’epoca aveva già più di settant’anni) né Io sono nessuno con Bob Odenkirk, per non parlare di tutti quegli attori che erano già superstar e ai quali Hollywood continua ad assegnare ruoli da eroi d’azione senza preoccuparsi della carta d’identità – da Tom Cruise a Schwarzenegger passando per Denzel Washington e Samuel L. Jackson.

Non avremmo avuto una serie come The Old Man con Jeff Bridges, e forse a nessuno sarebbe venuto in mente di richiamare Michelle Yeoh, che si stava avviando verso una carriera da “grande vecchia”, per farla piroettare in Everything Everywhere All at Once. Non avremmo avuto un film come Red, dove Bruce Willis, Helen Mirren e Morgan Freeman si divertono come bambini. E magari a Stallone non sarebbe mai venuto in mente di concepire il progetto di The Expendables, che è in sostanza gli Avengers della gente non più giovanissima. Io vi troverò, insomma, fu un film decisivo perché dimostrò che non bisogna per forza avere vent’anni per spaccare tutto: basta una sceneggiatura efficace, una tonnellata di carisma e, ovviamente, una telefonata indimenticabile.

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