Indiana Jones 5: cinque ingredienti per rilanciare il franchise

Indiana Jones tornerà al cinema nel 2019. Come ridare lustro a una delle saghe più amate di tutti i tempi?

Redattore su BadTaste.it e BadTv.it.


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La Disney ha annunciato il ritorno di Indiana Jones, previsto per luglio del 2019, con Steven Spielberg nuovamente alla regia e Harrison Ford per la quinta volta nei panni di Indy. David Koepp, già autore dello script del quarto episodio, scriverà la sceneggiatura. Non sarà invece coinvolto George Lucas, tra gli ideatori del personaggio e ex proprietario della Lucasfilm. Come ridare lustro a una delle saghe più amate della storia del cinema? Vediamo insieme quali sono gli elementi più efficaci del franchise che vorremmo tornassero in questa quinta avventura!

1) Un fiume di elementi iconici

Ogni capitolo di Indiana Jones ha una caratterizzazione visiva molto forte, frutto sia di scelte creative mirate che di un accorto lavoro di preparazione sugli storyboard. I Predatori dell’Arca Perduta ridefinì l’avventura sul grande schermo con un montaggio e delle trovate di regia rivoluzionarie, nelle quali un’inquadratura raccontava un personaggio meglio di mille battute. Spielberg accompagnava lo spettatore alla scoperta di ogni sequenza, giocando su volti coperti e giochi di luci e ombre. Non solo il protagonista, ma anche lo spettatore era costantemente avventuriero, chiamato di continuo a scoprire ciò che un regista illuminato e furbo gli mostrava con gradualità. E’ così che nasceva e si sviluppava il metalinguaggio spielberghiano. Indy correva e si fermava dubbioso davanti alla macchina da presa, oppure correva in direzione opposta al pubblico lasciando entrare in campo i suoi inseguitori. E il pubblico si è lasciato coinvolgere in nuove vette di puro entertainment.


Ogni immagine, nei tempi e nei modi giusti, raccontava sapientemente una storia. All’inizio di Indiana Jones e l'Ultima Crociata, quando il bianco cappello del villain di turno galleggiava in mare, avevamo la conferma della sconfitta di un vecchio antagonista. Di fatto, la cosmogonia del professor Jones è popolata di personaggi che si conoscono già da tempo, pronti a rispolverare amicizie di lungo corso, vecchi amori o antichi rancori. E quando ne I predatori dell’Arca Perduta Karen Allen scorgeva l’ombra del cappello di Indy sul muro, non aveva dubbi: “Indiana Jones!”.

Marion Indiana Jones
La quadrilogia è intrisa di elementi tipici, pronti a ripetersi su più piani. Oltre alla classica caccia al tesoro, ricorrono l’inevitabile confronto con animali pericolosi (serpenti, insetti, ratti e formiche giganti), gli immancabili inseguimenti (a cavallo, in miniera, in moto, in macchina e in barca), la rotta degli aerei con la mappa sullo sfondo durante gli spostamenti, una vasta pletora di loschi figuri che osservano da dietro le pagine di un quotidiano (spesso ripresi di spalle o inquadrati solo parzialmente prima di svelarne l’identità) e gli inevitabili cazzotti in faccia che il povero Indy non riesce a evitare. Un must, poi, l’immancabile scena nella quale Jones si salva in maniera del tutto rocambolesca, buttandosi con un canotto da un aereo in volo o chiudendosi in un frigorifero durante un’esplosione atomica. Tutti elementi caratteristici dei quali la saga deve continuare a servirsi senza esserne schiava. In quale vasca di orribili animali cadrà il professore stavolta? Con quale contesto storico-politico si incrocerà la sua caccia all’artefatto di turno? Grazie a quale soluzione improvvisata si salverà la pelle quando tutto sembrerà perduto? La ricorrenza degli elementi del franchise, tuttavia, può anche essere un’arma a doppio taglio e va utilizzata con gli ingredienti tipici al servizio della storia, e mai viceversa.

Indiana Jones e il Tempio Maledetto
La Disney, con Star Wars, è stata fin troppo attenta a far risuonare ai fan molti campanelli della loro infanzia. Da Han Solo che esclama “Ho un gran brutto presentimento” fino alla richiesta se nella base ci sia un compattatore di rifiuti, molto è stato mirato a suscitare un brivido in chi ha amato la trilogia originale. Anche Indy, ne L’Ultima Crociata, svelava a Elsa che una raffigurazione rupestre mostrava l’Arca dell’Alleanza, che finiva persino col riapparire brevemente in Indiana Jones e Il Regno del Teschio di Cristallo, in una cassa rotta della base segreta. La saga ama citare se stessa, anche rispolverando partiture musicali: ne Il Regno del Teschio di Cristallo era proprio la colonna sonora a suggerirci che ci trovavamo nella stessa base del finale de I Predatori. Indy 5 dovrà certo fare attenzione a amalgamare la propria pesante eredità del passato. Ma contemporaneamente dovrà essere accattivante per quel pubblico che era troppo giovane anche ai tempi de Il Regno del Teschio di Cristallo. Non scordiamoci che se tutto va bene il nuovo capitolo uscirà nel 2019, a quasi dieci anni di distanza dal precedente e con un Harrison Ford 77enne.

Harrison Ford Indiana Jones e il Regno del Teschio di Cristallo

2) Strategia “Indiana Wars”

Che vi piaccia o no, a Hollywood quando una formula si rivela vincente la si replica finché continua a funzionare. L’uscita dell’ultimo Star Wars sotto l’ombrello disneyano ha scatenato un acceso dibattito sulle scelte creative di Abrams e Kasdan. Il più spielberghiano tra i registi della hollywood odierna ha scelto di rievocare la galassia lontana lontana con una cascata di rimandi ai tempi in cui Star Wars ha cambiato il modo di fare cinema. Meno effetti pirotecnici, meno funamboliche acrobazie e meno indigestione di CGI hanno spinto il settimo Star Wars verso una “decrescita felice” (e un'impennata in qualità), in linea con il sapore sempre più vintage del grande spettacolo. Evidentemente, ha funzionato. Il pubblico al quale erano originariamente destinati Indiana Jones e Star Wars, nel frattempo, ha avuto figli e nipoti. Ma anche le due saghe hanno avuto un fiume di discendenti legittimi, illegittimi e apocrifi. Come Star Wars, anche Indiana Jones ha dato vita a una cascata di intrattenimento crossmediale, guadagnandosi un biglietto di prima classe per l’Olimpo della cultura pop. Sul grande e piccolo schermo, nei libri e nei videogiochi, il più famoso cacciatore di reliquie di tutti i tempi ha generato un patrimonio di prodotti sulla falsariga di se stesso. Da All’Inseguimento della Pietra Verde a Il Mistero delle Pagine Perdute, e da Tomb Raider alla serie di Uncharted, sono in tanti a dovere più di un drink al professor Jones.

Uncharted
Alla Disney, il rilancio del franchise significa anche la rimessa in cantiere di un fiume di prodotti collaterali. Se nel variegato mercato videoludico l'avventura deve tornare a chiamarsi Jones, e non Drake, quale modo migliore di una nuova incursione sul grande schermo? Il tempo, inoltre, è sia tiranno che alleato. Nel 2019, quando Indy farà il suo ritorno al cinema, la nuova trilogia di Star Wars sarà quasi conclusa. Oltre al coinvolgimento di creativi vecchi e nuovi sarà anche tempo di bilanci, rendiconti e nuovi piani di marketing. A oggi, il motivo per il quale Star Wars funziona ancora è la sua infinita espandibilità spazio-temporale. La space opera ha luogo in un universo che è, tautologicamente, infinito. Lo ha ribadito Colin Trevorrow, futuro regista di Episodio IX, che ha ricordato che la mancanza di confini nell’universo creato da Lucas consente a un regista proprio il lusso di sperimentare. Il soggetto di Indiana Jones, in teoria, presenta uno spazio di manovra più limitato rispetto a una saga che può costruire una cosmogonia nell’infinità dello spazio. Ma la chiave di volta del franchise di Indy è l’avventura del suo eroe, non la vastità del proprio habitat. Se la saga di Star Wars è declinata in un racconto corale, Indiana Jones avrà sempre il suo punto focale nel proprio unico e indiscusso protagonista. A prescindere dalla presenza di Ford, comunque confermata per il quinto capitolo, l’universo di Indiana Jones è, nello specifico, l’universo che ruota intorno alla sua persona: le reliquie delle quali va a caccia, gli amici su cui può contare, i villain che rincorre e dai quali è braccato, le donne che incontra lungo la via.

Indiana Jones e l'Ultima Crociata
Spielberg ha passato parte della propria infanzia a chiedersi perché gli studios non rilanciassero la grande avventura come nelle serie di Tailspin Tommy, Masked Marvel e Spy Smasher. Oltre ai richiami, alle citazioni e al fiume di significati simbolici che la saga ha saputo reinterpretare in chiave avventurosa, il miracolo spielberghiano è stato quello di creare un capostipite di genere proprio pescando da un universo di riferimenti preesistenti. La formula, in qualche modo, è tornata accattivante e redditizia. Che abbiate amato o meno l’ultimo Star Wars, non è da escludere una possibile strategia disneyana pronta a replicare le modalità con le quali la galassia lontana lontana è tornata in auge. Due miliardi di dollari dopo il debutto de Il Risveglio della Forza, la Disney vuole spremere anche l’altro lato del limone che ha comprato. Forse non rimpiazzerà l’anziano Indy in maniera violenta, ma gli fornirà un qualche genere di salvacondotto narrativo per uscire di scena prima di risultare di troppo. Inevitabilmente, nelle stanze contigue agli uffici di Bob Iger, si sta pensando a come inaugurare un nuovo corso del franchise. E’ verosimile che, a prescindere da come andrà, si sia quantomeno ventilata l’ipotesi del flashback sulla falsariga de L’Ultima Crociata, che iniziava con il compianto River Phoenix nei panni del giovane eroe. Che le voci su Chris Pratt si rivelino fondate o meno, testare un volto nuovo senza sostituire immediatamente Ford potrebbe dare la possibilità alla Disney di proseguire, poi, a modo suo. E sul grande schermo, la formula del grande divo accanto al giovane attore di successo funziona molto bene.

River Phoenix Indiana Jones e l'Ultima Crociata
A meno di non (ri)trasformare i due franchise della Lucas in nuove saghe familiari, con i nuovi protagonisti figli dei vecchi eroi, la Disney potrebbe brevettare un giovane Indy allo stesso modo con il quale sta scegliendo il giovane Han Solo. Se l’impostazione di Abrams ha funzionato (portare al cinema più generazioni mescolando protagonisti vecchi e nuovi, compiacendosi della presenza dei primi e preparando il terreno ai secondi), anche Indiana Jones dovrà avere il coraggio di andare avanti con eleganza e con un minimo di sfacciataggine. Tuttavia, mentre il mondo si chiede di chi possa essere figlia Rey, Spielberg ha già introdotto nel franchise un problematico e ingombrante pargolo. E per molti, proseguire nella linea di successione significherebbe sostituire uno dei personaggi più amati di sempre con un interprete che, nel 2008, non ha sfondato come sperato.

3) Verso una transizione ragionata

La prima problematica da trasformare in opportunità è il grande stacco temporale tra l’uscita de Ultima Crociata e Il Regno del Teschio di Cristallo: in mezzo, potrebbero celarsi nuove possibili storie da raccontare. La questione dell’età di Ford, la più chiacchierata già dall’episodio del 2008, potrebbe essere il problema minore. Gli ingredienti di Indiana Jones, ridondanti come in un serial di altri tempi, sono molti e variegati. “Pesanti gli ultimi anni, prima papà poi Marcus” sospirava l’ultimo Indy, ricordando due pietre miliari della saga. Un approccio ben diverso rispetto all'ultimo Star Wars, nel quale chi muore abbandona la scena in una sequenza ricchissima di tensione drammatica e di pathos. Con Indy 5, la Disney potrebbe optare per un’operazione duplice: la prima potrebbe essere replicare quanto fatto con l’Ultima Crociata, che venne concepito proprio con l’idea di tornare allo spirito originario della saga e ai personaggi che avevano fatto innamorare spettatori e addetti ai lavori. Ha funzionato con Il Risveglio della Forza: pur attirandosi le ingiuste critiche di essere ricalcato su Una Nuova Speranza, il film di Abrams è finito sul podio del box office globale. La seconda operazione potrebbe essere sviluppare un capitolo di transizione per rimediare a qualche pasticcio progettuale de Il Regno del Teschio di Cristallo.  Nel metalinguaggio spielberghiano, in cui il cappello rappresenta il simulacro culturale del personaggio, il finale di Indy 4 era a un soffio dal rivelarsi un temutissimo passaggio di consegne: l’Henry Jones III di Shia LaBeouf per poco non riusciva a indossare il cappello del padre. Ma Indy glielo strappava di mano e se lo rimetteva saldo in testa, pronto a ribadire al pubblico un messaggio chiaro: “Indiana Jones sono io”.

Harrison Ford Indiana Jones
Quel cappello, avuto in dono con le parole “Oggi hai perso ragazzo, ma non significa che debba piacerti”, è parte dell’equazione del personaggio: faceva il suo ritorno portato dal vento dopo l’inseguimento sul carro armato de L’Ultima Crociata, e ne Il Tempio Maledetto Indy non si faceva scrupolo a rischiare un braccio pur di recuperarlo in una delle letali trappole del palazzo di Pankot. Non è detto che il tanto agognato copricapo debba necessariamente finire in pegno o in eredità a un successore: gli Indiana Jones non sono contigui sul piano temporale (Il Tempio Maledetto si svolge prima de I Predatori dell’Arca Perduta), e con storytelling e sospensione dell’incredulità si può ancora giocare abbastanza con le epoche, senza sfilacciarne troppo la continuità visiva. A meno che Spielberg non sposi definitivamente il motion capture di Tintin e trovi il modo di ringiovanire Ford per i prossimi 20 anni, la corsa al ruolo dorato del giovane Indiana potrebbe partire prima del previsto. E non sarà una passeggiata. Mentre i fan di Alien e di Bond mettono costantemente in conto cambi di stile e di star, i seguaci di Indy tengono molto alla continuità, anche visiva, dell’universo del professore con frusta e cappello.

Indiana Jones silhouette

4) Coraggio, onestà intellettuale, popcorn

L’Arca dell’Alleanza o il Santo Graal non erano solo MacGuffin attorno i quali si costruiva un’avventura, ma anche occasioni di regalare al protagonista (e dunque a tutti noi) un punto di vista nuovo. Alla fine de Il Tempio Maledetto, il capo del villaggio ringraziava il dottor Jones per il ritorno a casa di tutti i figli e per il recupero della pietra sacra: “Adesso anche tu ne conosci il potere!”. E Indy, di rimando, comprendeva di essere cambiato. L’Arca finiva confinata in una base top secret, le pietre restituite al villaggio indiano, il Graal restava all’interno del tempio. Il primo problema degli esseri interdimensionali de Il Regno del Teschio di Cristallo era che schizzavano via nello “spazio tra gli spazi”. Il tentativo di rendere la vicenda più interessante di quanto già non fosse è stato letto da molti come un espediente fuori luogo per “modernizzare” Indy, nel senso peggiore del termine, a scapito dell’onesta intellettuale della storia. La scelta degli alieni come elemento di mistero è pienamente coerente con l’epoca storica della quarta avventura del professor Jones. Tuttavia, l’idea si perde sul finale cercando di divenire “altro”, facendosi più complessa di quanto non occorra per amarla. Il plot twist di Indy 4 non aggiungeva fascino alla soluzione della vicenda, né apriva a ulteriori e potenziali sviluppi. E il franchise, per quanto composto da 4 capitoli, ha lasciato in molti fan la sensazione del 3+1.

Indiana Jones alieni
Eppure, Indy 4 partiva davvero molto bene. Per quanto non all’altezza dei tre precedenti, il quarto Indiana Jones non è né un'inversione di tendenza né un prodotto fallimentare. Ma è quando vuole scomodare tematiche fantascientifiche, senza averne prima lanciato le opportune premesse, che sembra condito dell’ingrediente sbagliato. Indy 5 potrà naturalmente ruotare attorno al MacGuffin di turno, ma dovrà sviluppare con coraggio un’idea che resti coerente a se stessa, lasciando alla sceneggiatura il compito di estrarre dal cappello mirabolanti colpi di scena. Per rendere una caccia al tesoro l’impresa della vita, è sufficiente dotarla di una forte carica ideale dai risvolti potenzialmente tragici. Ci pensava alla perfezione Sean Connery ne L’Ultima Crociata, quando dava alla coppa del Graal un significato ben più ampio del recupero di una sacra reliquia: “La ricerca del Santo Graal, non è archeologia: è una gara contro le forze del male. Se cadesse nelle mani dei nazisti, le armate delle tenebre marcerebbero su tutta quanta la Terra. Non lo capisci questo?”.

Harrison Ford Sean Connery Indiana Jones

5) Rinnovare la giostra di comprimari, con qualche ritorno eccellente

Una delle caratteristiche peculiari del professor Jones è quella di saper coinvolgere altri avventurieri nelle proprie rocambolesche ricerche. Quando mette in guardia i nazisti sulle fantomatiche risorse infinite del povero Marcus Brody, Indy sta in realtà parlando di se stesso: Jones è un cosmopolita che riesce a stuzzicare anche con piccoli gesti l’immaginario del pubblico, facendone viaggiare la fantasia verso lidi che sul grande schermo non vengono mostrati. “Ti ho seguito in tante avventure, ma nel regno del grande mistero ci vado prima di te” erano le ultime parole dello sfortunato Wu Han. Deve averne passate, il dottor Jones, in giro per il mondo. E ovunque si trovi, sa di poter contare su chi ha già aiutato in passato. Il più amato dei suoi salvifici comprimari  resta il buon Sallah di John Rhys-Davies,  apparso solo negli episodi dispari. Di recente, Rhys-Davies ha dichiarato di aver rifiutato un cameo ne Il Regno del Teschio di Cristallo ma di tenere aperta la possibilità di tornare in futuro. Il pubblico adora Sallah perché oltre ad essere utile è un grande amico, una spalla robusta e un’anima umile e incorruttibile in un ginepraio di spregiudicati e venduti mercenari.

Sallah Indiana Jones
Eppure, erano anche i soggetti meno raccomandabili, a partire dall’infido Belloq, a raccontare un’epoca di corse all’oro, di predatori e di scorribande di cowboy dell’occulto. “Non ha seguito il mio consiglio, non le avevo detto di non fidarsi di nessuno?” faceva notare Walter Donovan ai due Jones. E Indy, nel sopravvivere alle più diaboliche minacce, contraddiceva continuamente ciò che insegnava ai suoi studenti. “L'archeologia si dedica alla ricerca dei fatti, non della verità. Se vi interessa la verità, l'aula di filosofia del professor Tyre è in fondo al corridoio” asseriva Indy di fronte ai suoi allievi, “Noi non seguiamo mappe di tesori nascosti e la X non indica, mai, il punto dove scavare”. Poco importa se ne I Predatori dell’Arca Perduta Indy apparisse proprio mentre consultava una mappa, o che ne L’Ultima Crociata scavasse proprio  sulla macroscopica X del pavimento della biblioteca veneziana. Gran parte delle fatiche di Indy si svolgevano sul campo e sporcandosi le mani. Dall’essere uno stimato accademico, Indy passava a rischiare continuamente la morte, in mezzo a gente poco raccomandabile, costantemente minacciato da bestie e bestiole. La sua è una doppia vita da supereroe vecchio stile: tanto pacato a lezione quanto spericolato in azione. Il professore che cercava i fatti e snobbava la verità non faceva che entrare a contatto con il soprannaturale. Per fortuna, erano proprio le forze mistiche a castigare i malvagi, leggendone l’anima e condannandoli a uno spietato contrappasso. “Per colui che è malvagio, la coppa della vita non è che fonte di eterna dannazione” ricordava Kazim prima di morire. A oggi, è proprio quella giostra di comprimari “larger than life”, collezionata nel corso di tante imprese in giro per il mondo, che deve tornare a fare di Indiana Jones una cosmogonia accattivante. Chiaramente, introducendo una nuova generazione di amici e aiutanti, pronta a contrapporsi a scagnozzi e sgherri di turno. E dopo aver ripescato Marion Ravenwood, sarebbe bello rivedere John Rhys-Davies e Ke Huy Quan.

Short Round Indiana Jones

Fortuna e Gloria

Come avvenuto per l'ultimo Star Wars, il nuovo Indiana Jones sarà il primo senza il coinvolgimento di George Lucas. Di fatto, sarà il lavoro della reunion di un team storico che ha perso un pezzo e che si troverà, improvvisamente, in circostanze produttive nuove. Spielberg è stato opportunamente corteggiato dalla Disney, che ha co-prodotto Il GGG. Kathleen Kennedy, collaboratrice di vecchia data del regista, produrrà il tutto per conto della Lucasfilm, oggi parte proprio della scuderia disneyana. Di fatto, l’assenza di Lucas sposterà il grosso delle scelte creative sul team di scrittura chiamato a partorire le nuove avventure di Indy, nel quale al momento spicca il nome di David Koepp, già autore dello script del quarto episodio e sceneggiatore di lungo corso (da Jurassic Park a Il Mondo Perduto fino allo Spider-Man di Raimi, passando per il primo Mission Impossible fino a La Guerra dei Mondi e a Jack Ryan - L'iniziazione). Se la sua sceneggiatura sarà approvata, resta da vedere se Koepp farà tesoro delle critiche ricevute per Indy 4, il cui script finale fu un grosso e faticoso compromesso frutto di continui rimaneggiamenti. Se la politica “Indiana Wars” sarà portata avanti, è probabile la messa in campo di un mix di personaggi vecchi e nuovi in uno script in grado di portare finalmente il franchise verso nuovi orizzonti e con un cast rinnovato. Eppure, nella mitologia di Indy la forza della storia sta proprio nella meccanica della ripetizione. A capitoli alterni, ha proposto imprese di ampio respiro (il recupero dell’Arca dell’Alleanza e del Santo Graal) o avventure circoscritte (le incursioni indiane e sudamericane del secondo e quarto film). Per rendere efficace il quinto film, Disney e Lucasfilm devono giovarsi contemporaneamente della natura seriale della saga e dell’occasione di rinnovarla: il franchise non deve temere di ripetere la sua vecchia e tipica struttura narrativa, ma ha l’occasione di farlo con una trama e dei personaggi che guardino al futuro. Con un po' di fiuto, nei piani disneyani la quinta impresa del professor Jones non è affatto l’ultima e, volendo, potrebbe aprire anche a nuove incursioni sul piccolo schermo. Probabilmente, negli scaffali di Kathleen Kennedy si affollano molte idee su come dare battaglia al cinema e nel nuovo rinascimento televisivo, sulla scia di quanto già fatto con successo dai Marvel Studios. E con il coinvolgimento di Spielberg, la Disney potrebbe avere un atteggiamento diverso rispetto alla totale chiusura mostrata nei confronti di Lucas. Se oggi il vecchio leone di Star Wars appare disincantato e stanco, la vecchia volpe spielberghiana è più attiva che mai, con un gran numero di progetti in cantiere e l’entusiasmo di spaziare ancora da un genere all’altro.

Comunque vada, l’appuntamento è tra quasi 4 anni. E in meno di un lustro possono cambiare vento, stagioni e strategie.  Tra gli aspetti più interessanti, non va dimenticato il modo con il quale il film sarà promosso e con cui alimenterà hype e curiosità del suo pubblico. La Disney ha appena sperimentato con successo il culto del mistero di J.J. Abrams: l’ultimo Star Wars è uscito senza che se ne sapesse granché, ingigantendo ulteriormente le enormi aspettative intorno al brand. Quale franchise potrà trarre giovamento dallo stesso genere di viral marketing meglio di una saga che ruota attorno ai misteri dell’archeologia? Con una scrittura all'altezza e un cast credibile, l'operazione Jones può rivelarsi una nuova miniera d'oro a fronte di qualsiasi budget. Nel 1981, i Predatori dell’Arca Perduta sembrava un film da 40 milioni di dollari, ma ne era costati soltanto la metà. E molte delle improvvisazioni di scena fecero epoca, come il duello tra Indy e lo spadaccino tra la folla: i due avrebbero dovuto combattere a lungo, ma Ford era in preda a un’indigestione e sul set decisero di guadagnare tempo optando per la celeberrima revolverata. E ancora una volta, per ridare magia alla saga, servirà una buona dose di necessità fatta virtù. Tutto il resto, è fortuna e gloria.

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