In I Simpson la scuola massacra sempre ogni aspirazione
Tutto quello che siamo nella vita non viene e non verrà mai dalla scuola. I Simpson lo hanno sempre ben chiaro in testa
Vocazioni diverse - Terza stagione, episodio 18
JANICE: “Beh questa è stata proprio una perdita di tempo”
LISA: “Janice! La scuola non è mai una perdita di tempo”
SIG.INA HOOVER: “Visto che siamo in anticipo di 15 minuti, mettete giù la matita e guardate fissi la parete”
I test attitudinali in America vengono adottati nelle università già nell’800, mentre la loro versione standardizzata per le scuole risale al 1930. Tuttavia è con il National Defense Education Act di Eisenhower che davvero entrano in vigore in maniera sistematica. Era un provvedimento che regolamentava i sovvenzionamenti all’educazione da parte dello stato e stabiliva alcune pratiche standard, in buona sostanza riformava una parte del sistema scolastico per potenziarlo. Lo stimolo era venuto dal lancio dello Sputnik da parte dell’Unione Sovietica e dal fatto che l’America era a corto di matematici. La sensazione era che il sistema educativo sovietico fosse migliore e che l’America dovesse colmare un gap, specialmente sul lato scientifico e su quello della difesa. C’erano soldi per borse di studio, per consentire a più persone di andare al college e poi c’erano i test attitudinali per tutti, per stabilire subito chi fosse più portato per quella carriera lì o per altre. Era quindi il 1958 quando fu stabilito che i test attitudinali avrebbero indicato a tutti la loro miglior carriera possibile.
Circa dieci anni dopo sarebbe toccato a George Meyer sostenere il test.
Meyer è lo sceneggiatore unico di questa puntata che contiene tre storie con tre temi diversi. La prima e più forte è quella della grande sfiducia nelle istituzioni pubbliche: la scuola, la polizia. È uno dei punti di forza maggiori di tutto I Simpson, l’infinita cialtroneria e pigrizia di qualsiasi istituzione che non sia privata, il disastro del settore pubblico e l’abbandono in cui versano le persone. La seconda è la posizione in cui la società americana mette le donne, fin da piccole e i pesi da sui sembrano sempre doversi svincolare come anche il doppio lavoro che devono fare. La terza infine è l’infinita storia di Bart e Lisa, cioè la famiglia come unica possibile salvezza.
Il gran colpo di scrittura è che la prima e la seconda storia sostengono la puntata, intrecciandosi, ma è la terza che con una scena sola fa rilegge tutto quel che è accaduto sotto un’altra luce.
George Meyer, tra i molti sceneggiatori di I Simpson, è forse stato uno dei più influenti nella creazione dello stile comico della serie (assieme a Swartzwelder) e uno dei più didascalici nella scrittura. Gli episodi di Meyer hanno sempre un messaggio molto chiaro, non è mai criptico né mai frivolo, il suo obiettivo è sempre denunciare qualcosa. A farlo entrare nello showbusiness era stato David Letterman che l’aveva preso come autore del suo show già nel 1981, poi era stato ovunque, anche al Saturday Night Live, prima di essere chiamato a I Simpson. Era un operaio della risata. In questa puntata densissima c’è tutto il suo repertorio.
Il dettaglio geniale poi è che le domande del test sono smaccatamente finalizzate a far dire ai bambini stessi che lavoro vogliano fare: “Se fossi un animale sarei: a. una formica falegname; b. uno squalo infermiera; c. un uccello avvocato” - “Preferisco l’odore di: a. benzina b. Patatine fritte c. clienti di una banca”.
Conclude la geniale demolizione dei test il contrasto tra la loro idiozia e la maniera furtiva e militare con cui vengono ritirati, come fossero preziosissimi. Come sempre poi quando sembra che una battuta sia andata in porto a sorpresa ne arriva un’altra, cioè il macchinario antiquato con il quale vengono elaborati (che si blocca regolarmente sul test di Bart e viene rimesso in moto a colpi di scopa da un vecchio su una sedia a dondolo come fosse una vecchia caldaia).
A Lisa viene detto che sarà una casalinga e a Bart che sarà un poliziotto. Questa è la vera molla che fa partire tutto e che separa la trama in due.
Da una parte Bart andrà su un’auto della polizia dove assisterà ai poliziotti che si vantano del fatto che fare il loro lavoro è bello perché parcheggiano dove vogliono (detto mentre passano davanti al Jet Market che viene rapinato) e ridono quando lui chiede se serva una laurea, fino ad essere al centro di un inseguimento in auto ricalcato su quelli di Sulle strade di San Francisco (con tanto di musica composta ad hoc da Alf Clausen, betoniera di latte tamponata che esplode e cliffhanger prima della pubblicità); dall’altra Lisa che comincia ad abituarsi a quello che tutto il mondo le dice: lei è tarata e non andrà da nessuna parte.
Insultata dall’idea di diventare una casalinga decide di andare a fondo con la carriera da sassofonista ma si sente dire che nonostante il talento le sue dita tozze le impediranno di essere qualcuno e poi vedrà sua madre umiliata negli sforzi quotidiani di rendere il suo lavoro soddisfacente (come quando prepara la colazione disegnando un volto sul piatto con gli alimenti ma né Bart né Homer se ne accorgono perché lo divorano). La genetica e il suo essere donna le impediscono in sé di sentirsi realizzata, questo è ciò che le viene detto, e ogni strada che prenderà sarà un vicolo cieco. Questo è quello che la scuola fa secondo nel mondo di I Simpson.
A questo punto parte un’altra trama ancora in questa storia: come spesso capita in I Simpson Bart e Lisa si scambiano i ruoli, Lisa decide di demolire la scuola e dimostrare l’inefficacia del sistema che l’ha condannata rubando i libri con le risposte degli insegnanti e Bart seguendo la sua vocazione viene messo a fare sovrintendente, cioè il poliziotto della scuola. E ci viene messo proprio perché Lisa sta “migliorando” le azioni delle ragazze che vogliono fare uno screzio a Skinner.
Entrambi stanno agendo assecondando i test e nessuno dei due è davvero se stesso.
Quando Skinner, disperato per il calo di rendimento di Lisa, gli chiederà “Contro cosa ti stai ribellando?” lei risponderà “Whaddaya got?!” con uno stecchino in bocca come Marlon Brando in Il selvaggio.
Questo dà modo a Meyer e Jeffrey Lynch (regista della puntata) di giocare con un altro cliché quello dei polizieschi anni ‘80 come Beverly Hills Cop (da cui mutua il tema musicale) e quello delle serie anni ‘60 come quella di Batman e ancora con quelli delle crime stories anni ‘40 da cui prende l’alternarsi di giornali, risate ed eventi in un montaggio musicale che racconta il patto tra Skinner e Bart. Qui c’è una densità di trovate, gag e idee puramente visive che fa impressione. Rubano da tutto e usano la contaminazione con linguaggi diversi da quelli dei cartoni per la tv per far ridere. Non ci sono battute, solo un racconto fatto con un altro stile. audiovisivo.
Intanto la demolizione dell’idea dorata della scuola elementare americana continua mandando gli insegnanti nel panico una volta privati dei libri con le risposte. Il consueto tono esagerato è una delle firme dell’umorismo dei Simpson (“L’impensabile è successo” dice Skinner solenne e poi continua “Niente panico, possono sentire la nostra paura” guardando attraverso la veneziana i bambini fermi che li fissano come fossero gli uccelli di Hitchcock).
E alla fine l’idea grandiosa per la chiusa e tipica delle prime stagioni di I Simpson sarà che Bart scopre che è stata Lisa a rubare i libri ma capendo che sarebbe la fine per lei e le sue possibilità si assume la colpa di tutto. Le dimostra così che non era vero niente, lui non sarà poliziotto perché non è fatto per applicare la legge e lei potrà essere quel che vuole. Un finale ironico ma dolcissimo è la ciliegina: mentre Bart scrive mille volte sulla lavagna l’esilarante monito “Non metterò più a nudo l’ignoranza degli insegnanti” (vera summa della morale), Lisa suona il sax per tenergli compagnia. È un riciclo, avviene già nella puntata in cui Lisa si innamora del suo supplente e gli fa una specie di serenata dal giardino. Ma qui è usato per un altro scopo ed è perfetto. Tanto basta.