Il vero volto di Christopher Lee

L’attore si trovava ieri a Roma alla presentazione del Fantafestival, in qualità di ospite speciale. Cronaca di un’intervista non concessa e di un cambiamento di personalità degno del dottor Jekyll e di Mister Hyde. Ma non era diventato famoso come Dracula?

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Cronaca di una mattinata di fronte ad un mito, Christopher Lee. Dopo una lunga (forse troppo) presentazione della manifestazione e delle sue attività (non eccezionali, ma gli organizzatori hanno anche fatto notare l’esiguità del budget a loro disposizione), ha preso la parola il veterano interprete di pellicole horror e fantastiche, che ha iniziato un lungo soliloquio, un po’ in italiano, un po’ in inglese, sostenendo, tra le altre cose:

- di non vedere molti film horror moderni, perché non lasciano spazio all’immaginazione
- di non amare la definizione di horror, ma di preferire quella di ‘fantastico’
- che i produttori di oggi prendono delle giovani star inesperte per dei film ad alto budget, cosa che porta questi interpreti a bruciarsi in poco tempo.
- Che George Lucas ama lavorare con gli attori, a differenza di quello che si dice in giro.
- Di avere un cd di canzoni in uscita ad ottobre e di essere anche un cantante, nonostante molti non riescano a credere alla cosa (perché non ci dovrebbero credere, non si sa).

Insomma, una serie di cose dette e ridette, che compaiono in decine di sue interviste.
Subito dopo questo monologo (che dura una quindicina di minuti), spazio alle domande e io posso chiedergli qualche informazione sul confronto tra Saruman e Gandalf tagliato da Il Ritorno del Re e disponibile solo in versione estesa, soprattutto per quanto riguarda il suo rapporto con Peter Jackson. Purtroppo, Lee interpreta la mia domanda come una richiesta di spiegazioni sul taglio della scena (scelta già chiarita, piaccia o meno, dallo stesso Jackson e che personalmente condivido) e si lascia andare alle solite polemiche, dicendo che gli appassionati erano inferociti, che il taglio ha creato grossi problemi alla storia, che le spiegazioni che gli avevano fornito i realizzatori erano soltanto delle scuse, eccetera, eccetera.

Subito dopo questa risposta, la conferenza finisce (con la mia sola domanda, credo sia un record) per passare alle interviste televisive. Io aspetto pazientemente, considerando che avevo concordato con l’ufficio stampa una breve chiacchierata con Lee. Peccato che, quando arriva il mio turno, l’attore non ha proprio voglia di parlare e, come spesso succede in Italia, gli impegni presi (anche se non da lui personalmente) non vengono rispettati. Prima si lamenta con l’organizzatore, sostenendo di non essere stato informato di tutte quelle interviste (che in totale, in realtà, lo avevano tenuto occupato per meno di un’ora: possibile che sia così stancante parlare con la gente?). Poi, quando provo a chiedergli qualcosa su Tolkien e su cosa pensa dello scrittore inglese, mi risponde che il tema è troppo complesso e che non ha tempo, congedandomi sul posto. Quello che fino ad una mezz’ora prima (quando c’erano tutti i giornalisti) era una persona affabile e simpatica, diventa improvvisamente brusco e scostante (d’altronde, c’ero praticamente solo io in quel momento).

Morale della favola? Parafrasando un vecchio motto, meglio non desiderare di incontrare un mito del cinema: potresti essere esaudito…

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