Il ritorno di Cowboy Bebop: riscopriamo la serie di culto

Ricordiamo assieme la serie animata di Cowboy Bebop, in attesa del ritorno al cinema, ai primi di marzo, del lungometraggio sulla saga spaziale

Alpinista, insegnante di Lettere, appassionato di quasi ogni forma di narrazione. Legge e mangia di tutto. Bravissimo a fare il risotto. Fa il pesto col mortaio, ora.


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cowboy bebop filmCorreva l'anno 1999 ed eravamo adolescenti. Adolescenti appassionati di fumetto di ogni genere, terribilmente attratti dalla fantascienza, magicamente incollati allo schermo la sera in cui, dopo averci proposto una serie di interessantissimi cartoon statunitensi di vario tipo (chi non si ricordasse Daria non è nostro amico), MTV Italia iniziò a trasmettere anime. Se non ci ricordiamo male, era un martedì sera e, da quel singolo martedì sera, il secondo giorno della settimana divenne un appuntamento fisso per molti di noi. In rapida successione (stiamo sempre andando a memoria), vennero trasmesse la prima puntata di Neon Genesis Evangelion e il primo episodio di Cowboy Bebop. Se sulla prima serie noi fumettari sapevamo già parecchie cose, dato che il nome era girato parecchio, aveva fatto molta sensazione tra gli otaku e tutti eravamo molto attratti dalla rivisitazione del genere dei robottoni che ci era familiare, Cowboy Bebop fu una sorpresa assoluta e una totale scoperta. Permetteteci di scendere nella sfera del giudizio personale: se Evangelion è certamente l'anime più importante ed amato tra i due, sono state le avventure spaziali della serie dello Studio Sunrise a rimanere con noi più a lungo. Oggi, alla vigilia della riproposta al cinema del film dedicato a Cowboy Bebop, vogliamo raccontare quel che abbiamo amato della serie animata da cui tutto ha preso le mosse, ancor oggi celebrata come una delle più belle e interessanti di sempre.

Oggi siamo terribilmente abituati alla commistione di generi. Negli ultimi anni il postmodernismo ha messo la quarta marcia e, nel fumetto come in ogni altro media intrattenitivo, abbiamo assistito a una mescolanza di ispirazioni di generi assolutamente senza pari. Sarà un caso, ma alcuni degli esperimenti più di successo di questo tipo, almeno nel mondo fumettistico, hanno tra i loro ingredienti proprio le storie di far west: Pretty Deadly, fumetto Image Comics di Kelly Sue DeConnick ne è un esempio, The Sixth Gun di Cullen Bunn un altro. All'epoca non era così scontato che si potesse realizzare una storia credibile che avesse per protagonisti personaggi che si considerano cowboy, che agiscono come cacciatori di taglie in un sottobosco malavitoso da thriller pulp e si muovono in una sistema solare (il nostro) in cui pianeti ed asteroidi sono stati colonizzati, nessuno più vive sulla Terra. Un sistema solare che gode di tecnologie avanzatissime, ma in cui una Beretta è sempre una Beretta, una Glock è sempre una Glock, il jeet-kun-do è sempre quello dei film di Bruce Lee e la mafia non perdona, porta rancore, si vendica come ai giorni nostri.

Cowboy bebopIn un ambiente siffatto Spike Spiegel e Jet Black sono dei reietti. Il primo è un giovanotto dalle origini oscure, silenzioso come pochi, veloce come nessuno con la pistola come anche con mani e piedi. Ha gli occhi di colore diverso come David Bowie, è pigro come Zoro e si veste sempre uguale come Lupin III. Ha anche una storia di malavita alle spalle ed è piuttosto chiaro fin da subito che sta scappando da qualcosa. Jet è molto meno elegante, del resto uno stagionato ex-poliziotto con una protesi cibernetica al posto di un braccio ha meno bisogno di essere affascinante, ma è il proprietario del Bebop, la nave spaziale che è anche casa per questi due vagabondi che sbarcano il lunario andando a caccia di criminali dalle taglie lucrose e consegnandoli alle forze dell'ordine. Presto si aggiungerà al cast Faye, bellissima ed esuberante truffatrice di cui non potranno mai fidarsi fino in fondo, non fosse altro che non è mai un'idea furba mettersi nelle mani di una bomba sexy consapevole di esserlo, ed Edward, genio informatico completamente folle, tredicenne il cui padre se l'è data a gambe tempo fa e le cui doti di hacker salveranno spesso le situazioni pericolose in cui l'equipaggio del Bebop si troverà in continuazione.

Ventisei episodi di animazione di nuovissima generazione, una delle prime serie che ci capitò di vedere che mescolava con evidenza e con costanza le tecniche tradizionali e la CGI con ammirevole coerenza e coesione. Un dinamismo delle immagini impressionante anche per quell'epoca, quando assistevamo a moltissimi prodotti che ci lasciarono davvero a bocca aperta (anche più spesso di quanto accade oggi, dato che assistiamo a cadute di qualità anche su serie molto blasonate provenienti dal Giappone). Cowboy Bebop era ed è visivamente meraviglioso, con un'ambientazione costantemente doppia, che sapeva fondere elementi fantascientifici e ipertecnologici con un'atmosfera terribilmente contemporanea. Gli abiti erano un po' retrò, un po' anni Novanta; le città delle colonie non sembravano quelle del futuro, ma le nostre; ovunque, nella serie, domina un'idea di decadenza della civiltà, come se la tecnologia avesse premesso all'umanità di spostarsi nello spazio, ma non nel tempo e gli uomini e il loro stile di vita fossero rimasti immutati su Marte, Giove, Venere e sulla cintura di asteroidi. Il tutto senza cadere nell'abusata estetica steampunk.

cowboy bebop animeParte integrante fondamentale dell'ambientazione erano le musiche. La serie si chiama Cowboy Bebop, dove per bebop si intende proprio il sottogenere del jazz. Ogni puntata contiene un riferimento a un genere musicale diverso che non solo fa da tappeto e da tema alla colonna sonora di quell'episodio, ma ne fissa e ne determina l'ispirazione generale, il tipo di storia raccontata. Il country corrisponde a uno svagato inseguimento tra il cowboy Spike e un assurdo cacciatore di taglie rivale che gira con colt, lazo e cavallo bianco; il metal ci propone una sorta di camionista spaziale donna dalla pelle dura come la pietra e dalla vita complicata... e così via, in un'inedita e mai ripetuta (almeno per quanto ne sappiamo) osmosi tra musica e narrazione nell'animazione giapponese e nell'animazione seriale in generale. Insomma, ragazzi, diteci voi se quella che potete ascoltare in coda a questo articolo è o non è la miglior sigla introduttiva per un cartone animato che abbiate mai sentito!

Un cast di personaggi interessanti e complessi, ognuno pieno di segreti e rimpianti da dimenticare o da ignorare, per continuare una vita senza radici e una fuga dal passato senza una meta nel futuro, tra momenti d'azione entusiasmanti, episodi tutti quanti molto diversi tra loro in grado di accogliere la comicità e l'epica, il noir e la fantascienza, la malinconia e momenti di grande poesia emotiva. Questo è Cowboy Bebop: una serie adulta raccontata con la lingua degli adolescenti, terribilmente coinvolgente e assolutamente mai banale. Ai primi di marzo, saremo sicuramente al cinema a rivederci il bel film di Shinchiro Watanabe, perché nessuna occasione di ricordare quel martedì sera e i venticinque seguenti che passammo incollati allo schermo, trepidanti, dovrà mai andare sprecata. Buona visione.

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