Il regista italiano più sopravvalutato?

Nella mediocrità del panorama tricolore, secondo molti critici c'è un nome che risalta. Eppure, dietro a una tecnica discreta, si nascondono delle storie debolissime. Si tratta di...

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Rubrica a cura di ColinMckenzie

  ...Paolo Sorrentino. Se c'è un nome che rispecchia perfettamente certi vizi del cinema e della critica italiani, è proprio il suo.
Stranamente, Sorrentino aveva iniziato come meglio non si poteva, grazie ad un esordio notevolissimo, quello de L'uomo in più, che riusciva a trasformare una premessa degna di Oronzo Canà in un film pregevole per trama e idee visive.

Poi, deve essersi rotto qualcosa, anche se la critica non sembra essersene accorta, anzi. Le conseguenze dell'amore è forse il titolo italiano più celebrato degli ultimi anni, vincitore di numerosi premi e acclamato da (quasi) tutti come un capolavoro. Eppure, proprio nella sua opera più riconosciuta, possiamo trovare dei difetti lampanti (attenzione, seguono Spoiler). Primo, i personaggi e le situazioni inverosimili. E' già difficile credere che il protagonista (interpretato da un Toni Servillo talmente bravo da riuscire a colmare le lacune di script) riesca a sopravvivere all'inizio di tutta la storia dopo aver fatto perdere alla mafia 220 miliardi. Ma accettiamo pure che venga mandato in Svizzera. Vista la sua esperienza, servirà per un incarico importante e di grande fiducia, in cui deve applicare le sue capacità finanziarie. E infatti il suo lavoro consiste nel portare ogni settimana una valigia piena di soldi in banca. Tutto qui, non è uno scherzo. E' un compito che potrebbe fare qualsiasi neopatentato, ma lo fa lui. E i sicari che vanno nella sua stanza d'albergo? E l'idea folle che hanno di rubargli i soldi? E il modo in cui risolve la situazione? E il motivo per cui si rifiuta di restituirli al boss? E il modo in cui cercano di farlo parlare? Tutte situazioni assurde ed insensate, frutto di qualcuno che sembra aver visto tanti film noir ma di non averli capiti e non aver fatto ricerche sul campo per dare del realismo alle sue storie.

Una situazione simile avviene ne L'amico di famiglia. Qui il protagonista è uno strozzino che pensa di essere un benefattore e che subirà una trasformazione non molto diversa da quella del personaggio principale de Le conseguenze dell'amore. Il tutto, con una trama già vista in diecimila film e che qui non solo non viene riscattata da particolari idee originali, ma addirittura raccontata malissimo, con tante e tante incongruenze. Anche in questo caso, i personaggi di contorno sembrano spesso delle macchiette (il ruolo di Laura Chiatti è appena un po' più decente di quello di Olivia Magnani nel film precedente).

Insomma, ho l'impressione che Sorrentino sia veramente un regista sopravvalutato. Ma che il problema, in realtà, non sia questo. Purtroppo, la critica italiana, di fronte ad un regista che non si limita a qualche banale campo e controcampo con macchina fissa, ha la tendenza a urlare un po' in fretta al genio. Il tutto, senza preoccuparsi se le storie siano efficaci e se possano funzionare anche per il pubblico (che dovrebbe essere lo scopo di qualsiasi cineasta), parlando di Sorrentino come se fosse Kubrick reincarnato. Pubblico che, a scanso di equivoci, i film di Sorrentino non li vede proprio, considerando che dei suoi due ultimi lavori solo Le conseguenze dell'amore ha raggiunto (a stento) il milione di euro, mentre dell'esordio non è rimasta traccia al botteghino. Ma pochi sembrano porsi il problema, come se fosse normale che il regista italiano più acclamato degli ultimi dieci anni faccia pellicole per quattro gatti. La cosa strana è che non si pongono il problema neanche i suoi produttori, che a fare due conti dovrebbero pensarci.

Ora, ci si chiede cosa potrà fare Sorrentino con suo imminente film su Andreotti, Il divo. Qualcosa probabilmente di particolare e con una trama esilissima. E che, quasi sicuramente, verrà esaltato dalla critica e visto da poche persone...


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