Il Re Leone: la morte è necessaria, anche quella di Mufasa | Un film in una scena

Il re leone raccontato attraverso una scena: la morte di Mufasa è un invito alla crescita e a seguire il ritmo della vita

Condividi

C'è un enorme sole che apre la prima sequenza de "Il Re Leone". È l'inizio di un giorno nuovo, è l’inizio di una vita nuova. Quella di Simba, un principe svelato ai sudditi di un regno che, prima o poi, governerà. È il cerchio della vita, dice la colonna sonora. È la legge della natura e del più forte, si intuisce da adulti. Mufasa e Sarabi, Re e Regina, sono regnanti apparentemente illuminati. “Buoni”, si potrebbe dire usando termini narrativi. I piani del “cattivo” Scar sono invece di rovesciare la monarchia e prendere un potere che non sarà mai suo per diritto. L’unico modo che ha di regnare è rovesciare la corona. Uccidere Mufasa.

Sta qui il brutale realismo de "Il Re Leone", ispirato all’Amleto, ma anche dalla scelta rivoluzionaria fatta da "Bambi" nel mostrare la morte. La narrativa per bambini è piena di orfani e di genitori ammazzati. Era però raro vedere la loro morte, soprattutto se questa avviene di fronte ai loro figli. Nel momento più tragico (non il più inaspettato) "Il Re Leone" ha la sequenza che cambia tutto: un prima e un dopo.

Una sensazione… autoavverante

È come se il re sapesse di avere poco tempo a disposizione. Difficile credere che avesse intuito la congiura. È più una deduzione logica (da leone). La fine non arriva quasi a nessuno per vecchiaia nella savana. La successione al potere in un luogo dove vige la legge del più forte può arrivare solo con la morte. Così, parla al figlio esclusivamente con grandi lezioni. Simba, dal canto suo, è perplesso dalla gravitas del padre. Gli chiede se sarà sempre con lui, anche quando sarà re.

Tutto il film che si svolge dopo la morte affronta questa constatazione: non possono esserci due re contemporaneamente. Uno deve morire perché l’altro sorga. Simba, da solo con il peso del regno, cerca il riflesso del padre nel suo.

Prima di quella tragica sequenza, vediamo che lo sforzo di Mufasa è quello di far comprendere la dura bellezza del cerchio della vita. Esistere e non esistere sono due condizioni ugualmente naturali. Solo dalla fine di qualcosa può nascere altro, più forte, più bello. Tutta la storia possiede un aspetto profetico, di destino e destinazioni. La morte di Mufasa era scritta nelle stelle. La morte di Mufasa è il centro tematico del film: accettare l’alternarsi di vita e morte, vivere la notte.

Anche i buoni (e i più forti) possono morire ne Il re leone

La sceneggiatrice Linda Woolverton ricorda la scrittura della scena della morte: “L’obiettivo era rendere Mufasa il più grande padre mai vissuto, per poi ucciderlo”. Spiega che gli sceneggiatori lavorarono di fino per trovare la zona emotiva adatta alla storia. Non troppo poco, ma neanche troppo. Dopo un test screening in cui gli spettatori scoppiarono in un pianto disperato, decisero di abbassare il tono della scena. Eppure, questa resta straziante, soprattutto per il pubblico della prima volta. Woolverton testò per l’ultima volta la scena su sua figlia, il giorno della premiere, beccandosi in risposta un secco “come hai osato (uccidere Mufasa)?”. Una reazione che appartiene a un’intera generazione di spettatori. Forse anche di più.

Un trauma collettivo? Sì, perché in quel momento cruciale, in cui il piccolo si avvicina al corpo senza vita, la differenza di grandezza tra i due simboleggia la fine della protezione. Il re è morto e con lui lo è anche il padre che sembrava invincibile agli occhi del figlio. Tutti possono fare la stessa fine. "Il Re Leone" diventa così, a partire da questo momento, un viaggio verso l’accettazione del lutto, ma soprattutto segna la fine dell’infanzia e l’inizio di un processo di crescita. Simba deve imparare a portare su di sé le responsabilità. Non gli è concessa una vita alla “Hakuna Matata”. In realtà, quello che farà inconsapevolmente il giovane principe è un percorso un po' diverso. La savana lo porta a ripercorrere la via del padre e infine a farlo rivivere nelle proprie azioni.

La morte di Mufasa porta così "Il Re Leone" ad essere un film sulla giovinezza, sulla spinta a crescere e sull’abbracciare la tenebra, la mancanza, il dolore che questo processo richiede. Quel momento è fondamentale per ridefinire la scala del pericolo. Da quella di un bambino che crede che tutto resterà così per sempre, a quella di un adulto che percepisce la caducità delle cose.

Il peso del potere

Fedele alla sua ispirazione shakespeariana, "Il Re Leone" è uno dei film Disney più maturi di sempre. Non lo è perché contiene una scena di questa portata drammatica, lo è per quello che comporta quel momento. Se la mamma di Bambi muore per la crudeltà dei cacciatori, Mufasa viene ucciso perché detiene il potere e non è disposto a cederlo. Sotto quel sole che sorge all’inizio del film non ci sono sogni, ma solo un terribile realismo nel commento sociale che fa.

Muore con Mufasa l’idea di una natura neutra, amica, migliore dell’uomo. Nella savana tutti devono imparare a sopravvivere, i padri cercano di insegnarlo ai figli sotto forma di gioco. Però nemmeno il buon Simba esita prima di saltare sulla sua preda. Si può così capire Scar e il suo bisogno di affermazione. Persino le iene fanno tenerezza: sottomesse per convenienza, furbe per sopravvivenza, maldestre per mancanza di allenamento.

Poi però arriva il momento di un nuovo confronto, e un altro ancora. Il regno non è fermo, continua ad aggiustarsi e a riportare chi è dominante alla prova del suo potere. Una ruota che gira. Spesso significa morte. Il fuoco che devasta tutto può però lasciare un terreno più fertile. In questo dolore c'è una soluzione positiva: gli antenati non spariscono, ma il loro retaggio è una base su cui costruire, da cui provare a migliorare. Un giorno finisce, una lunga esistenza si spegne. Arriva una notte a cui seguirà un’altra alba.

È difficile da accettare, ma è il cerchio della vita.

BadTaste è anche su TikTok, seguiteci!

Continua a leggere su BadTaste