Il problema della palette di colori sul set di Mank

Il problema della palette di colori sul set di Mank: ovvero, come creare un bianco e nero affascinante uscendo le tonalità della realtà

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Si parla tanto del perfezionismo di David Fincher, della sua ricerca dell’inquadratura più adatta alla  storia che deve raccontare. Si scrive meno degli effetti che questa cura ha sul resto del set e le ripercussioni sugli altri lavoratori. Fincher infatti non si definisce solo nelle sue indubbie abilità registiche, ma anche nelle eccellenze di collaboratori con cui si circonda. Per portare il peso di del set, servono maestranze dalle spalle larghe.

Durante la lavorazione di Mank tutti i reparti tecnici hanno fatto i conti con la scelta del bianco e nero caratteristico della pellicola anni ’40. Una scelta importante a cui tutto si è dovuto adeguare. Per ottenere l’armonia delle immagini e fare risaltare gli elementi della scena, tutti i colori del set sono stati pensati per una visione monocroma.

Fincher e il direttore della fotografia Erik Messerschmidt hanno inizialmente considerato l’idea di girare tutto a colori e virare in post produzione. Ma, dopo avere visto le prime prove, non soddisfatti, hanno optato per un sensore RED 8K Helium Monochrome con una resa direttamente in bianco e nero.

Scenografie, trucco, fotografia, costumi, ogni aspetto della messa in scena doveva quindi essere pensata non sulla base della resa dal vivo sul set, ma su quella successiva in bianco e nero. I ragionamenti sulla palette di colori, come detto dallo scenografo Donald Graham Burt, dovevano considerare il tono e il contrasto. Una visione chiaramente diversa da quella "naturale" a cui si è dovuta adeguare tutta la grammatica estetica di Mank

Grazie alla monocromia Fincher ha potuto omaggiare la tecnica classica di Hollywood della “notte americana” (effetto notte). Un trucco di ripresa per dare l’impressione della notte anche nelle riprese in pieno giorno, grazie a filtri polarizzati e alla sottoesposizione della pellicola. 

MANK E L'OMAGGIO A QUARTO POTERE

Come riportato da Netflixqueue il direttore della fotografia Erik Messerschmidt ha scelto di adottare lo stile di Gregg Toland infuso in Quarto Potere come omaggio in alcune particolari transizioni:

Invece della normale dissolvenza incrociata, Welles e Toland hanno usato la luce in stile teatrale come transizione - quando la luce di sfondo si spegne, poco prima di quella in primo piano. A me e David piaceva l'idea di usare questa tecnica come una transizione per i Flashback. Un piccolo omaggio che ci sembrava appropriato.

Lo scenografo Donald Graham Burt ha passato molto tempo a studiare la resa visiva degli oggetti in bianco e nero. Ha fotografato le case, i muri, le recinzioni del suo quartiere per capire come il colore si traduce in monocromia. Sono arrivati alla conclusione che il viola, il rosa, e l’arancione sono i colori più d’effetto per quelle immagini. Non hanno però fatto troppo affidamento a questa "scoperta" perché un set con colori innaturali avrebbe distolto gli attori dal realismo della scena. 

Mank

Il problema della palette di colori di Mank è ricaduta anche sulla costumista Trish Summerville che ha fotografato in bianco e nero con il suo cellulare le prove degli abiti per mostrarle a Fincher. Ovviamente secondo il filtro consigliato dal regista, non uno qualsiasi (Noir per la precisione).

Mi ha reso estremamente consapevole del perché così tanti vestiti, soprattutto quelli delle attrici in quel periodo, avevano questi strani colori verde pallido e salmone. Colorazioni come questa erano molto presenti sul set perché, sullo schermo, apparivano meravigliose. 

Gary Oldman è un attore abituato a recitare indossando molto trucco, ad avere il viso trasformato e irriconoscibile. Fincher ha gestito il suo volto mantenendo un aspetto naturale. Gli ha detto, durante la preparazione del film, che avrebbe recitato “più nudo di come sei mai stato”. L’allusione è ovviamente al fatto che non c’era una maschera a nasconderlo dietro il personaggio.

Gigi Williams, che si è occupata del trucco, ha reso la pelle degli attori e delle attrici un tono più scuro rispetto a quello naturale. Come una leggera abbronzatura che conferiva alla pelle un tono in grado di fare risaltare il bianco degli occhi e valorizzare il viso.

David Fincher odia il rosso sul set e quindi difficilmente lo vediamo nei suoi film. Ma per Mank ha fatto un’eccezione: era necessario che le labbra delle attrici fossero esaltate da un rossetto. Sia per coerenza con la Hollywood dell’epoca che per la resa della fotografia.

QUALE TONALITÀ DI ROSSO ABBINARE ALLA PELLE CON IL BIANCO E NERO?

Il reparto truccatori ha considerato 300 rossetti, riducendo infine la vastità di sfumature a una palette di 8 colori: dal pesca a un rosso più profondo con la giusta lucentezza. 

Lo stesso discorso si applica anche ai capelli. In fase di prova hanno dovuto testare la resa di tutte le tonalità dei capelli con un problema aggiuntivo: la coerenza con lo stile dell'epoca. 

Mank è un film molto personale del regista, una storia scritta dal padre che racconta l’epoca d’oro di Hollywood. L’opera ha ricevuto pareri molto positivi dalla critica e si sta facendo notare nella stagione dei premi. Fincher, ovviamente, è stato elogiato anche dai colleghi per la sua maestria nel portare alla luce l’estetica di Mank. Ma quando si viaggia dietro le quinte si può notare come il capitano di una nave non possa raggiungere la meta senza un equipaggio di primo ordine. Così è stato per Mank.

Una produzione nel segno del perfezionismo e dell’attenzione ai dettagli. La filosofia dietro a questa scelta è semplice e chiara. Si può riassumere in questa frase, che ha guidato la creazione del film: “Qualcuno potrebbe non notare se è accurato. Ma noteranno sicuramente se non lo è”. 

Cosa ne pensate della gestione dei colori sul set di Mank? Fatecelo sapere nei commenti!

Fonte: Netflixqueue

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