Il padrino: la storia della vera mafia sul set del film

Nella lotta per realizzare Il padrino la vera mafia (che non voleva si facesse) si scontrò con una forza ugualmente spietata: uno studio hollywoodiano

Critico e giornalista cinematografico


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Il padrino compie 50 anni e torna al cinema dal 28 febbraio al 2 marzo

Prima del libro di Mario Puzo la parola “mafia” non era mai stata usata in un libro o in un film. E in origine doveva essere proprio quello il titolo “MAFIA”. Era un termine che sì era diffuso negli anni ‘60 per identificare il crimine organizzato italoamericano e nessuno di quelli che ne faceva parte voleva che prendesse piede. Puzo invece era indebitato fino al collo quando vende l’idea di un romanzo sulla mafia, la vende al suo editore più o meno per la cifra che aveva perso al gioco d’azzardo. Il titolo viene poi cambiato in Il padrino ma la parola mafia dentro c’era. Così quando il crimine organizzato viene a sapere di questo bestseller e poi ancora che hanno venduto i diritti per farne un film comincia a mobilitarsi: quella parola non deve diffondersi.
Inizia così una storia parallela che corre dietro le quinte della produzione di Il padrino che racconta cosa accade quando una forza come quella della mafia si scontra con qualcuno al suo livello, cioè con un’organizzazione spietata, che pensa solo al guadagno e che non accetta di fermarsi di fronte a nulla una volta che sente l’odore dei soldi: uno studio hollywoodiano.

Puzo aveva imparato tutto quello che sapeva della mafia non tanto dalla frequentazione di veri ambienti mafiosi (che non aveva bazzicato per niente) ma al tavolo da gioco. Nello stesso posto in cui aveva contratto i debiti che lo costrinsero a scrivere quel romanzo, aveva anche fatto ricerca. Alla roulette faceva domande tra una puntata e l’altra e scopriva storie, aneddoti e usi. Era invadente ma una volta controllato da dove venisse e che non fosse con la polizia i croupier erano autorizzati a parlargli, tutto purchè continuasse a giocare. Certo, un conto erano i pettegolezzi alla roulette e un conto era parlare della mafia a tutto il paese per non dire tutto il mondo.

Quando la produzione del film parte si inizia quindi a muovere anche la macchina della mafia che l’avrebbe contrastata. In prima linea c’era Joseph Colombo Sr. presidente della Lega dei diritti civili degli Italo-americani, un uomo che con la sua associazione si batteva ovunque per sradicare la parola mafia dal vocabolario e contrastare chiunque associasse gli italo-americani al crimine organizzato. La sua crociata era volta a mantenere alto il buon nome degli italo-americani ma anche a mantenere sé stesso fuori dalla galera. La lega era infatti nata quando l’FBI l’aveva incastrato per rapina di gioielli, prestiti a strozzo, evasione fiscale e controllo del gioco d’azzardo illegale. Leader di una delle 5 famiglie di New York, Colombo aveva capito che invece di scappare dall’FBI poteva combatterlo in tribunale appellandosi alla discriminazione e alla violazione dei diritti civili, e così aveva creato la Lega.

padrino matrimonio

Già nel 1970 la Lega vantava un budget di 1 milione di dollari a disposizione 45.000 seguaci in costante crescita, e Il padrino era il nemico numero 1. In una manifestazione contro la produzione avevano raccolto mezzo milione di dollari solo per quella causa. Avevano mobilitato tutti gli italo-americani dando loro scarsa possibilità di scegliere. Per avere il taglio di capelli giusto Al Pacino fu mandato da un barbiere di Little Italy e quando questi, fatto il lavoro, scoprì che era per un attore di Il padrino si sentì male dalla paura e fu ricoverato all’ospedale.

Eppure la pubblicità negativa, le proteste e il battage non avevano troppo successo, allora ogni tanto a questi la Lega affiancava anche i cari vecchi metodi. Racconta a Vanity Fair Al Ruddy (produttore esecutivo del film) che l’FBI lo avvertì di essere nel mirino della mafia, ragione per cui cambiava continuamente auto, e una sera sentì un rumore di vetri infranti, uscì di casa e trovò il finestrino della sua macchina distrutto, dentro una pallottola e un biglietto “Chiudete la produzione”.

Qualsiasi altra impresa, business o anche qualsiasi altre persone avessero ricevuto simili intimidazioni non avrebbero pensato di avere alternative se non adeguarsi alle minacce e fare quel che gli veniva chiesto. Non Hollywood, che i soldi li aveva stanziati, la produzione era iniziata e aveva già faticato non poco a trovare un regista. Il film era a basso budget ma volevano una star alla regia, solo che tutti rifiutavano perché, dicevano, “Rendere romantica la mafia è immorale”. Questo era il clima all’epoca, il crimine organizzato come lo conosciamo oggi era una questione del secondo dopoguerra e una questione cocente. Il libro però era un successo e questo bastava alla Paramount per passare sopra ogni moralità. Con l’idea di fare un film fedele, coinvolsero un italoamericano, Francis Ford Coppola, il quale rifiutò come tutti gli altri, salvo poi tornare sui suoi passi (convinto da George Lucas, all’epoca amico e sodale nell’impresa di creare la loro Hollywood alternativa, la American Zoetrope), perché era andato totalmente in rosso. Coppola doveva 600.000 dollari alla Warner e la polizia aveva messo i sigilli ai suoi studios, perché non aveva di che pagare i debiti. Avrebbe quindi girato il film ma l’avrebbe trasformato in un’epica familiare per creare così una metafora del sogno americano.

il padrino gianni russo

La Lega per la difesa dei diritti civili degli italoamericani era passata al volantinaggio, ogni esercizio commerciale italoamericano esponeva manifesti contro Il padrino, e poi ancora come racconta il documentario del 2006 Il padrino e la mafia avevano obbligato i sindacati dei trasportatori (fondamentali per un film) a non lavorare per loro in supporto alla Lega e ancora il palazzo della Paramount fu evacuato due volte per due diversi allarmi bomba. Quando nemmeno questo funzionò Robert Evans, uno dei capi della Paramount, ricevette una telefonata nella stanza di hotel in cui dormiva con la sua famiglia e, come racconta nel libro The Kid Stays In The Picture, sentì una voce dirgli “Accetta il nostro consiglio. Ci dispiacerebbe rovinare la tua bella faccia o fare del male a tuo figlio, lascia stare il film ok?” alla sua risposta “Ma non sono io a produrlo” la voce replicò “Quando uccidiamo un serpente gli tagliamo direttamente la testa”.
Quello fu il momento in cui dalla cima della Paramount arrivò ad Al Ruddy il messaggio: “È il momento di incontrare Joe Colombo”.

Di nuovo, l'intenzione non era di seguire il consiglio, lasciar stare, non provocare la mafia. Hollywood non ragiona così, se ha deciso di fare un film e stanziato i soldi non li si può perdere, il film va fatto. La decisione quindi fu di trattare, di incontrare i boss. Al Ruddy incontrò Joe Colombo al Park Sheraton Hotel di New York. Colombo era venuto con due “guardie del corpo”. La strategia era spiegargli che il film trattava tutti allo stesso modo, che era una storia di corruzione, quindi c’era anche un produttore ebreo corrotto e un poliziotto irlandese corrotto… Soprattutto Ruddy si offrì di fargli leggere la sceneggiatura a patto che l’avesse fatto nel suo ufficio. E così Colombo andò negli uffici della Paramount, sempre con i suoi bodyguard e Ruddy gli porge uno script da 155 pagine. Colombo tira fuori degli occhialetti da vista e sta due minuti sulla prima pagina dopo i quali chiede: “Cosa significa dissolvenza in entrata? Aaahh! Questi maledetti occhiali… Tiè leggilo tu” e lo lancia ad una delle guardie del corpo che sa ancora meno cosa farci “E che c’entro io?” e lo lancia a sua volta all’altra guardia del corpo. La scena è surreale per fortuna è Colombo stesso a chiuderla sbattendo la sceneggiatura sul tavolo e dicendo: “Ma cosa stiamo facendo? Ci fidiamo o no di quest’uomo?” e le guardie del corpo “Sì che ci fidiamo” e Colombo “E allora cosa cazzo dobbiamo leggere a fare la sceneggiatura!? Accordiamoci!”.

padrino luca brasi

Colombo una cosa voleva e una cosa ottenne: la totale rimozione della parola “mafia” dal film. Ruddy garantì che non sarebbe stata pronunciata da nessuno nemmeno una volta, nemmeno per sbaglio, nemmeno scritta su un cartello! Anche perché Ruddy sapeva che nello script effettivamente compariva una volta sola e in una battuta minore, nel dialogo con il produttore che non vuole far lavorare Johnny Fontaine, roba totalmente marginale, mentre Colombo era convinto fosse ovunque nello script. Pace era fatta e una conferenza stampa congiunta la siglò. Dal giorno successivo l’atteggiamento di tutta Little Italy si ribaltò, erano totalmente a favore del film e anzi mettevano a disposizione volti e posti. Il problema era diventato l’opposto, tutti volevano una parte. Per questo Il padrino è pieno di veri mafiosi e non solo nello sfondo.

Al Martino, che interpreta Johnny Fontaine era un protetto da Russ Bufalino; Lenny Montana, che interpreta Luca Brasi, era un ex wrestler finito a fare il gorilla per la mafia; Gianni Russo, che interpreta Carlo il marito di Connie Corleone, era stato in carcere più volte e responsabile di diversi omicidi. Molti di questi chiaramente non sapevano proprio recitare, James Caan racconta che Al Martino era totalmente incapace e quando Don Vito lo schiaffeggia nel film per non farlo piangere dicendogli “You can act like a man!” era un espediente improvvisato da Brando sul momento per animarlo un po’ e dare un po’ di vita alla sua interpretazione. Quando si vede Luca Brasi provare il discorso da fare a Don Vito Corleone durante il matrimonio della figlia, quella non è una scena provata, è Lenny Montana che prova le sue battute da solo, Coppola l’ha ripreso di nascosto.
Nemmeno a dirlo non ci fu nessun problema per ottenere permessi per girare a New York, non solo a Little Italy ma proprio ovunque.

il padrino al martino

Il film era stato accettato prima ancora della sua uscita, era già un trionfo, per i mafiosi era la prima volta che il loro stile di vita era gonfiato dall'epica. Per questo i boss pretendevano di stare in prima fila alla premiere di Los Angeles, cosa che ovviamente non era possibile. Così Ruddy rubò una pizza del film e la mandò a New York così che avessero nello stesso momento una contro-premiere tutta per loro. Centinaia di limousine parcheggiate fuori dal cinema e una mancia di mille dollari al proiezionista. Erano entusiasti. Da quel momento il lessico di Il padrino e molti atteggiamenti e convenzioni inventate dal film sono entrate nel lessico della mafia (una cosa per tutte: la proposta che non si può rifiutare). Ma dall’altra parte anche Hollywood era rimasta influenzata. Charlie Bludhorn della Paramount è rimasto legato alle famiglie e per anni ha fatto affari con Michele Sindona che, tra le altre cose, era consigliere della famiglia Gambino, come anche con la banca vaticana (cosa che poi Coppola ha inserito nel terzo film della saga). E alla fine Sindona, prima di essere arrestato, addirittura possedeva la quota di maggioranza dei lotti della Paramount.

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