Il nepotismo a Hollywood: uno scandalo che non stupisce nessuno ma che è diventato trend
Il nepotismo a Hollywood è diventato un trend cavalcato dalla stampa. Un nuovo scandalo che non stupisce nessuno ma di cui tutti parlano
Mettiamola così: Hollywood è un po’ come quelle saghe a fumetti che vanno avanti da sempre. Si evolvono i personaggi ma, bene o male la famiglia principale resta sempre la stessa. Qualcuno se ne va, arriva qualcun altro con lo stesso cognome o con gli stessi poteri che porta avanti la storia. Ecco, non è una novità che l’industria cinematografica si muova in una direzione concentrica. I talenti si cercano cioè più all’interno che all’esterno, tra coloro che ci sono già. E, per entrare nelle piccole stanze affollatissime dello stardom, aiuta avere qualcuno che prenda per mano e conduca passando nei corridoi giusti. Tutto questo, per usare un termine più concreto e franco si chiama: nepotismo. E ogni quindicina d’anni il pubblico sembra ricordarsene.
Inutile dire che non è servita a molto la dichiarazione di Tom Hanks per calmare gli animi di una polemica che si è accesa di recente, senza una vera causa scatenante. La prima ad essere bollata come nepo-baby è stata Maude Apatow, figlia dell’attrice Leslie Mann e del regista Judd Apatow. La star di Euphoria è stata oggetto di tweet stupiti che ne indicavano la parentela.
Wait I just found out that the actress that plays Lexie is a nepotism baby omg 😭 her mom is Leslie Mann and her dad is a movie director lol pic.twitter.com/s3Mh5QERgC
— girl idk… (@MeriemIsTired) February 21, 2022
La caccia ai nepo-babies è diventata presto un trend, prontamente cavalcato dalla stampa. Vulture ha pubblicato un rumoroso articolo addirittura con infografiche per tracciare i legami di parentela tra le star. Nulla di nuovo, tutto - già da prima - a portata di click con una ricerca su Google. Ma l’efficace immagine di copertina (bambini in fasce con la faccia degli attori e delle attrici) e il lunghissimo scroll di volti celebri legati ad altri e ancora ad altri ugualmente celebri ha fatto gridare allo scandalo.
Il nepotismo coinvolge anche più generazioni. Come già detto, è sempre funzionato così ad Hollywood e non è un mistero per nessuno. Genera una facile indignazione risalire al contrario nel lungo albero del nepotismo partendo da Dakota Johnson, figlia di Don Johnson e Melanie Griffith la quale a sua volta è figlia della star di Marnie e Gli uccelli Tippi Hedren. Oppure: Kate Hudson ha come genitori Goldie Hawn e Bill Hudson ma è cresciuta con il compagno della madre Kurt Russell. Suo fratello è Wyatt Russell nato da questa seconda unione. E così via.
La rabbia del pubblico più giovane è stata descritta come ingenua e fuori tempo. In realtà questo non ha impedito alla storia di diventare un argomento caldo oltreoceano. Non tutti ci stanno però. Così ecco che in un servizio di E! News si può leggere un virgolettato di John David Washington che ammette di avere spesso mentito rispetto alla professione di suo padre. Le persone cambiano quando scoprono di chi è figlio, e mentire è un modo per proteggersi e venire preso sul serio (sic!).
Lilly Collins ha confessato di amare cantare ma di essere troppo spaventata dal confronto col padre (Phil) per farlo. Così si è buttata nella carriera di attrice rassicurata dal suo agente. Essere imparentati con qualche celebrità è la normalità a Los Angeles, le ha detto.
Il servizio sui nepo-babies di Vulture si è esteso anche ai Career Swappers, cioè a chi non ha seguito la professione della star di cui è imparentato (o imparentata) iniziando una carriera in una disciplina affine. Dal cinema alla musica, per fare un esempio si può citare il figlio dell’attore Alan Thicke (Genitori in blue jeans), ovvero il musicista Robin Thicke.
Gli Industry Babies sono invece coloro che hanno goduto di conoscenze importanti all’interno dell’industria per arrivare dove sono. Sono i figli di produttori, registi, sceneggiatori, senza un nome famoso ma con un piede già ben piantato nei luoghi che contano dell’industria. Timothée Chalamet è nipote di Amy Lippman, creatrice di Cinque in famiglia, e di Roman Flender, regista di Leprechaun 2.
Una varietà, insomma, di sottocategorie ben catalogate dalla stampa. Non un’inchiesta, ma una constatazione dell’esistente. Forse però questo nuovo trend di indignazione può aiutare a smontare la più grande fiaba su cui si basa il fascino del sistema di creazione di star statunitense: il talento nascosto, il sogno di potercela fare, un giorno, a vincere il biglietto d’oro di un talent scout che nota una stella in potenza e la fa nascere. Il fiuto della scoperta non è così determinante, pare. È vera invece la frase che si dice spesso: per diventare una superstar bisogna avercelo nel DNA. Letteralmente.
Fonte: Vulture