Il Mostro di St Pauli: la vera storia di Fritz Honka, il serial killer del film di Fatih Akin

Chi era Fritz Honka, il serial killer interpretato da Jonas Dassier nel film Il Mostro di St Pauli di Fatih Akin, al cinema dal 29 agosto

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Manca una settimana all'uscita di Il Mostro di St Pauli nei cinema italiani grazie a BIM Distribuzione: presentato alla Berlinale a febbraio, dove abbiamo avuto occasione di recensirlo, il film è stato diretto da Fatih Akin, regista di La Sposa Turca (Orso d’Oro a Berlino nel 2004), Ai Confini del Paradiso (miglior sceneggiatura a Cannes nel 2006), Soul Kitchen, Il Padre e Oltre la Notte.

La pellicola è basata su una storia vera (raccontata nel romanzo Der Goldene Handschuh di Heinz Strunk), quella di Fritz Honka, serial killer che negli anni settanta ha sconvolto non solo Amburgo ma la Germania intera. Un vero mostro le cui gesta vengono mostrate da Akin con un realismo quasi pulp che, non a caso, ha fatto ottenere al film il divieto ai minori di 18 anni nel nostro paese.

IL MOSTRO DI ST PAULI: LA STORIA DI FRITZ HONKA

Ma chi era Fritz Honka, interpretato da Jonas Dassier in Il Mostro di St Pauli?

Nato il 31 luglio 1935 a Leipzig, terzo di dieci figli, Honka visse nella povertà e nel degrado (raccontò, durante il processo, di essere cresciuto in un campo di concentramento nel quale era stato rinchiuso suo padre per aver lavorato per i comunisti). A vent'anni rimase coinvolto in un incidente che gli deturpò il volto, rompendogli il naso e rendendolo strabico. Nel 1957 si sposò ed ebbe un figlio: il matrimonio fu burrascoso, con liti violente, separazioni e riconciliazioni, e terminò alla fine degli anni sessanta. Spostatosi ad Amburgo, Honka si isolò sempre più diventando un alcolizzato e iniziò a frequentare i pub del quartiere di St Pauli in cerca di prostitute: uno di essi era il Goldene Handschuh, il Guanto D'Oro, che dà il titolo al libro di Strunk e al film di Akin e attorno al quale ruota non solo la vita di questo apparente fallito dal volto deturpato, ma anche quella delle sue vittime. Iniziò ad avere comportamenti sempre più violenti: nel 1975 venne multato dopo aver tentato di costringere una donna a fare sesso con lui e Irmgard Albrecht, con cui conviveva.

Fritz Honka

"Per me, Honka non è semplicemente una specie di Hannibal Lecter. Quest'ultimo infatti è un personaggio fittizio che commette omicidi negli Stati Uniti. Honka era una persona reale del mio quartiere, una persona che ha lasciato il segno," spiega Akin nelle note stampa del film. "Alle elementari mi avvertivano sempre: fai attenzione, o un molestatore o Honka ti prenderanno! Era l'uomo nero della mia infanzia. Cerco sempre un rapporto personale con il materiale sul quale lavoro. Più questo rapporto è stretto, più il film sarà verosimile."

Fu sempre nel 1975 che si scoprì, per puro caso, che Honka conservava nel suo appartamento brandelli di cadaveri chiusi in sacchetti di plastica. I vigili del fuoco, intervenuti a causa di un incendio nel suo palazzo, scoprirono alcuni resti umani: la polizia perquisì l'appartamento, e quando l'uomo rientrò dal lavoro lo arrestò. Dieci giorni dopo, Honka confessò i suoi crimini, ma nel 1976 ritrattò tutto affermando di non ricordare più nulla.

Il primo degli omicidi da lui perpetrati e che sono stati confermati dopo l'arresto è quello di Gertraud Bräuer, parrucchiera e prostituta, strangolata nel suo appartamento nel 1970 perché non voleva fare sesso con lui: i resti della donna vennero ritrovati nei paraggi, ma la polizia non arrivò a trovare il colpevole. Ci fu poi quello di Anna Beuschel nel 1974, strangolata sempre nel suo appartamento, e successivamente quelli di Frieda Roblick alla fine del 1974 e della prostituta 52enne Ruth Schult nel gennaio del 1975. Le donne vennero strangolate, fatte a pezzi e i loro resti vennero nascosti nell'appartamento e nel solaio.

Honk, che potrebbe anche aver ucciso anche altre donne, venne giudicato colpevole e rinchiuso per 15 anni in un ospedale psichiatrico. Uscito di prigione nel 1993, passò gli ultimi anni della sua vita in una residenza sanitaria assistenziale fino alla sua morte nel 1998.

"Ho preso come riferimento principale il romanzo di Heinz Strunk uscito nel 2016," spiega Akin. "Il libro è stato uno dei motivi principali per cui ho iniziato a lavorare al film. Penso che sia un grande lavoro letterario, perché genera in qualche modo una specie di empatia per il serial killer. Il film non racconta le origini di Honka, né quanto sia stato umiliato da piccolo, o le violenze sessuali che ha subito da bambino. Non volevo cercare delle spiegazioni per le atrocità da lui commesse. Ma ho cercato di catturare le tracce di umanià che il romanzo stesso concede a Honka."

Non è un caso se ne Il Mostro di St Pauli hanno un ruolo centrale il contesto in cui vivevano sia Fritz Honka che le sue vittime, esemplificato dallo squallido Guanto d'Oro: "Molti dei personaggi sono stati segnati dalle loro esperienze durante la Seconda Guerra Mondiale, sebbene siano passati più di 25 anni da essa. La Repubblica Federale stava attraversando il miracolo economico, eppure queste figure sembrano infinitamente distanti da essa. Sono persone che si aggirano nell'ombra. Dove ci sono vincitori, ci sono anche vinti, e in questo caso si tratta del proletariato. Forse la Guerra ha traumatizzato queste persone molto più di quanto la società abbia voluto riconoscere. È qualcosa che i Tedeschi e i Turchi hanno in comune, nella loro anima: non vogliono elaborare i traumi, vogliono dimenticarli. Ma non funziona così. Si creano dei nodi, e quei nodi vanno sciolti."

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