Il miglior documentario del 2009?

In un periodo in cui si discute molto di giornalisti professionisti e blogger, arriva un prodotto che dimostra come una realtà terribile possa essere raccontata solo dai testimoni diretti. Si tratta di...

Condividi

Rubrica a cura di ColinMckenzie

...Burma VJ. Già il sottotitolo, Reporting from a Closed Country (ossia, reportage da una nazione isolata), spiega bene qual è la situazione: descrivere il feroce regime militare che ormai da più di 20 anni affligge la Birmania e la sua donna simbolo, il premio Nobel Aung San Suu Kyi, durante le proteste represse nel sangue del settembre del 2007.

Tra i tanti meriti di questo fantastico documentario-collage, c'è sicuramente quello di farci capire come ormai il giornalismo-reportage non sia assolutamente un'esclusiva dei professionisti occidentali, ma si stia spostando verso il coraggioso lavoro degli amatori (basti pensare anche all'Iran), che grazie ai costi sempre più ridotti delle attrezzature e alle motivazioni personali di libertà riescono a compiere un lavoro straordinario e a tenere informato il mondo. Il tutto, grazie a una stazione televisiva indipendente che, nonostante la povertà di mezzi, rifornisce di materiale le ben più blasonate BBC e CNN.

In questo senso, la videocamera nascosta spesso nella borsa, altro a spiegarci chiaramente i rischi che corrono queste persone, è una metafora perfetta delle difficoltà che si affrontano ogni giorno. Ma se qualcuno avesse dei dubbi sulla situazione, basta la prima scena, in cui una persona viene portata via per una semplice protesta, a far capire il clima politico in Birmania.

Ma sarebbe sbagliato esaltare questo documentario soltanto per le straordinarie ed emozionanti immagini che ci propone, come quella dei monaci in marcia che danno il via alla protesta popolare. Il lavoro del regista Anders Østergaard ci propone infatti una fotografia assolutamente coinvolgente, anche nelle scene ricostruite. E La musica di sottofondo crea un'atmosfera perfetta per l'argomento trattato.

In tutto questo, la sorpresa maggiore del documentario è il modo in cui riesce a essere avvincente nel suo racconto, nonostante purtroppo si sappia già come andrà a finire, grazie a un ritmo perfetto. E un finale intelligente e aperto ci fa capire che, nonostante le difficoltà e la repressione del regime, la partita non è ancora chiusa. Speriamo se ne renda conto anche l'Academy, considerando che Burma VJ al momento è nella short list di 15 titoli in lizza per l'Oscar...

Discutiamone nel Forum Cinema  

Continua a leggere su BadTaste