Il libro delle soluzioni, Michel Gondry ed Elise Fievet a Lucca Comics tra aneddoti e ricordi dal set

Michel Gondry e la montatrice Elise Fievet hanno presentato Il libro delle soluzioni a Lucca Comics & Games 2023

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Ospiti dell'area movie di Lucca Comics & Games, il regista Michel Gondry e la montatrice Elise Fievet hanno presentato mercoledì 1 novembre Il libro delle soluzioni, in occasione dell'uscita al cinema dell'atteso film del regista francese che aveva fatto il suo debutto alla Quinzaine di Cannes.

A moderare l'incontro lo scrittore Manlio Castagna, che sta accompagnando i due in un tour in giro per l'Italia che ha fatto tappa anche alla Festa del Cinema di Roma.

Il libro delle soluzioni parla di un regista che ha fatto un film di grande successo e al suo secondo film ha un po’ di problemi con i produttori e con il senso stesso del film. L'uomo, interpretato da Pierre Niney, decide di rubare gli hard disk che contengono il film e di recarsi con la montatrice e il suo team a casa di sua zia in campagna, cercando di realizzare il montaggio che desidera.

Cos’è il libro delle soluzioni?

Gondry: Il regista è in uno stato mentale per cui si trova del tutto senza inibizioni: pensa di poter trovare soluzioni a tutti i problemi del mondo. La soluzione quando si guida in montagna, per esempio, è non mettere mai la terza, così da evitare incidenti… E così via. Ecco quindi che decide di creare un libro. L’elemento principale del libro sono questi quattro simboli, immaginati da me molto tempo fa per iniziare un progetto e portarlo a compimento. Questi segni simboleggiano come iniziare, come apprendere e imparare, come non ascoltare gli altri e infine come ascoltare gli altri una volta che si ha un inizio solido. Sono quattro simboli e principi che ho imparato in un momento difficile della mia vita e che porto con me tuttora.

C’è quindi molto di te in questo film, vero?

Si certo, è molto autobiografico, un'esplorazione per rievocare con un po' di umorismo quel momento molto difficile della mia vita, un periodo doloroso per me e per gli altri: cerco di ricordarmelo e di alleggerire questi ricordi. Ho cercato di fare una cernita delle idee buone e meno buone che mi erano venute all'epoca...

Nel film il ruolo della montatrice è fondamentale, perché lei diventa una specie di persona con la quale confessarsi, con cui confidarsi e confrontarsi su quello che sta succedendo. Nel film, il regista non vuole mai vedere il suo film. Com’è il rapporto con Gondry durante il montaggio? È molto diverso?

Fievet: il montaggio con Michel è molto diverso da quello nel film, più pacifico e meno conflittuale, anche perché abbiamo avuto molti meno problemi con il produttore! Ma Michel ha un immaginario ricchissimo e prolifico, quindi lavorare con lui è molto intenso e particolare: bisogna canalizzare le sue idee. Nel film vediamo che a volte è difficile capire cosa passa nella testa di un regista, ma nella realtà eravamo molto sulla stessa linea d’onda. Il lavoro è stato distinguere, nella grande quantità di idee che venivano in mente a Michel o che per lui erano importanti, quelle che potevano essere davvero utili per l’opera.

https://www.youtube.com/watch?v=8KvxrcQ_jNQ

Che cosa ha significato girare nei luoghi della tua giovinezza, dove stavi quando eri bambino?

Gondry: È stata una sensazione effettivamente molto forte, ma aveva un grande vantaggio: nessun bisogno di cercare location, perché sapevo già dove c’era legno, dove c’era tappezzeria, qual era la scenografia. Era una casa reale che conoscevo a memoria, il luogo è rimasto autentico a quando ero bambino, non abbiamo cambiato nulla per girare. All’inizio gli attori mi sono sembrati un po’ staccati dalla scena che recitavano, ma man mano si sono calati nei personaggi e si sono ambientati in quelle location. Mi sembrava quasi di rubare quei luoghi alle persone reali che vivevano lì!

Il primo punto visto nella clip sembra banale: “Avvia un progetto”. Ci stiamo ponendo dei limiti alla creatività quando NON iniziamo qualcosa che vogliamo fare?

Gondry: Sì, perché l’unico modo per esprimere la creatività è quello di farla esistere nel mondo fisico, reale. Finché rimane nella propria testa e nelle proprie parole, a meno che l’obiettivo non siano proprio le parole, non può esprimersi in alcun modo e non trova realizzazione. Bisogna quindi dare inizio e portare a termine il progetto. Ma il momento magico, il momento della magia dell’istante dell’idea che prende corpo, è la scrittura: quando inizio a dare i nomi ai personaggi. È già un salto nella realtà, quando consegno al mio assistente lo script. Quando sento gli altri pronunciare le scene, dar nome ai luoghi e ai personaggi, significa che ha già iniziato a prendere corpo. È una cosa che trovo magica e spaventosa in particolare.

Tu di solito da cosa parti per costruire le tue storie, in particolare per questo film?

Gondry: In effetti si può partire da un’immagine poetica, che magari finisce anche esclusa dall’opera, cosa difficile da accettare. In questo caso, passo la palla alla montatrice perché è lei ad aiutarmi a eliminare certe immagini che mi hanno ispirato ma che non servono all’economia della storia. Lei ha uno sguardo più distaccato di me, ovviamente.

Fievet: in effetti essendo principalmente un film autobiografico, tutto quello che è stato messo dentro era molto importante, erano idee e scene molto sincere, era difficile per Michel vedere cosa era utile e cosa era meno utile. Alcune cose ridonanti lui non le vedeva e io invece le notavo. Oppure elementi che rendevano il personaggio anticpatico, alienando la simpatia del protagonista da parte del pubblico. Ci abbiamo lavorato insieme confrontandoci.

Una delle regole è che si può imparare tutto da soli. È davvero così? Si può imparare quasi qualsiasi cosa mentre la si fa?

Gondry: In effetti non è proprio così, ma questo secondo passo simbolico ci dice che se analizziamo tutti i problemi che si possono frapporre tra noi e la realizzazione del nostro progetto nel momento in cui stiamo x iniziare a realizzarlo, questa cosa può scoraggiarci. Questo secondo passo serve a rassicurarci, a dire: le soluzioni si troveranno, intanto iniziamo a realizzare il progetto. Più si va avanti più ci si rafforza nella realizzazione e più facilmente si troveranno soluzioni. Per esempio quando il protagonista inizia a pensare alle musiche per il suo film, lui non ha mai diretto un’orchestra, ma questo non lo scoraggia.

Nel corso della tua via, facendo tanti film / corti / videoclip hai imparato che c’è qualcosa che proprio non riesci a fare?

Gondry: Ho imparato che se ci sono degli ostacoli che mi appaiono insormontabili, la soluzione è aggirarli, passare intorno, cambiando un po’ il progetto ma mantenendo inalterato il suo spirito. È estremamente raro che io abbandoni un progetto di fronte a un ostacolo, trovo sempre dei modi per portarlo a compimento. Anzi, alcune volte questi aggiramenti mi fanno trovare soluzioni migliorative.

https://www.youtube.com/watch?v=I_-8JPQrDJ8

Gondry: Qui manca una scena che viene tagliata dalla clip, in cui il protagonista ascolta un cd e cerca di riprodurre a memoria la musica che ha sentito. Un’altra cosa che non si vede nella clip è che l’attrice che fa la montatrice ha uno sguardo meravigliato dalla reazione dell’orchestra ai movimenti di Marc, mentre l’assistente di lui dice “ok non ci sono problemi andiamocene”, mentre lei vuole rimanere. Nella mia idea, la montatrice era disinteressata e voleva andarsene. L’attrice pensava che non fosse la cosa giusta, perché il suo personaggio sta assistendo a una scena magica, e quindi io ho insistito, e alla fine lei se ne va. Poi ci ho ripensato e ho capito che l’attrice aveva ragione e il suo personaggio rimanesse. Abbiamo rigigirato quella scena in un altro luogo e lei rimane. Elise, ti ricordi di questo cambiamento?

Fievet: No, non ho avuto nessuna parte in questa soluzione. Ho visto la scena quando mi è stata consegnata e non ho avuto dubbi che andasse bene.

Non ascoltare nessuno è anche un atto di resistenza da parte del regista, che deve spesso lottare per le proprie idee, e deve a volte imporle alla sua equipe. Questa scena i produttori non la volevano, giusto?

Gondry: Sì, in effetti ci sono state diverse discussioni con produttori e distributori che volevano fare tali. Io ed Elise abbiamo fatto resistenza per preservare l’opera. Spesso trovavamo delle soluzioni che risolvevano le discussioni coi produttori. Talvolta le soluzioni erano anche migliorative!

La musica ha sempre avuto un ruolo nella tua vita, hai fatto alcuni videoclip straordinari. Nella scena della banda ho ripensato al modo in cui hai messo in scena Around the World dei Daft Punk, dove gli strumenti diventano esseri umani… ci sono tre parole chiave nel tuo modo di intendere la creatività: visualizzazione nella musica, i ricordi, e i sogni. In che modo lavori per far sì che la musica venga visualizzata come tu ce l’hai in testa? Disegni?

Gondry: In effetti il disegno è importante per comunicare la propria idea, e lo è anche per me per prepararmi e cercare di capire, ma non è fondamentale per creare l’idea. Per questo videoclip Guy-Manuel mi parlò di coreografia, e mi venne un’illuminazione: non l’avevo mai fatta, volevo farla. All’epoca tutti i video che avevano coreografia erano pieni di montaggio, primi piani, eccetera. Nella mia testa invece un balletto va visto con un totale, con tagli chirurgici e precisi, perché quando vedi un balletto a teatro lo vedi nel suo insieme. Una volta eravamo in aereo con Spike Jonze, abbiamo quasi la stessa età e facciamo lo stesso lavoro, e così ci siamo confrontati e abbiamo parlato del processo creativo, come troviamo le idee. Il suo modo è mettersi delle cuffie e fare una passeggiata e immagina che questa musica sia la colonna sonora di un film che deve ancora girare, e cerca di farsi il film nella testa. Per me è diverso: io metto la musica, la ascolto e intanto faccio sfilare una serie di idee liberamente nella mia testa. A volte sono idee ridicole e scicche che non funzionano. Ma poi magari ci torno sopra, perché sono idee malate e distorte: di solito le scarto perché inizialmente penso che dovrei farci molto lavoro per renderle accettabili. Ma è proprio quel lavoro che aggiunge valore a quella cosa, e quindi rende tutto più interessante…

Domanda di Gondry alla montatrice: io di solito giro e poi assisto al montaggio. Tu non assisti invece alla fase in cui giro. Quando giro, io immagino come monterei. Tu immagini come andrebbe girato il film?

Fievet: Domanda interessante. Sarei totalmente incapace di girare un film, dirigere gli attori, sapere in che direzione stiamo andando, organizzare tutto. Amo il montaggio perché le idee sono tutte lì, e io le metto insieme… Sarei incapace di fare la regista!

Ma ti capita di dire: peccato che non ha girato quella scena!?

Fievet: No, perchè le riprese sono ormai finite. Il mio lavoro è organizzare le idee che già ci sono, tu mi dai talmente tante scelte, e le tue idee sono già così concrete, che io devo semplicemente capire cosa fare con ciò che è già stato girato.

Michel, cos'è per te l'invenzione e perchè è importante nelle tue opere che ci sia sempre un’invenzione artigianale, un “do it yourself”?

La creazione è molto importante per me. Non deve essere per forza artigianale, ma l’handmade lo rende veloce e poco costoso, puoi farla da solo e con pochi mezzi. Ho un’idea nella mia testa e voglio farlo nel modo più veloce possibile, se dovessi aspettare di farla in maniera professionale dovrei aspettare. Ho pochissima pazienza, voglio subito vedere il risultato. Poi penso che sia un momento magico quello di farsi le cose da se, il momento in cui le cose passano da non esistenza a esistenza per me è magico.

Domanda da parte del pubblico: nel film se mi lasci ti cancello quell’amore veniva vissuto come un amore estremamente romantico, oggi forse verrebbe visto come tossico. Cosa ne pensi?

No, non penso che un terapista interpreterebbe come tossico quello che si vede nel film. Tossico è una parola creata da alcune persone che vogliono decidere cosa è giusto e cosa è sbagliato. È una parola che ora va di moda e che è priva di significato in questo contesto, tossico è qualcosa che mangi e che ti avvelena, ti fa ammalare, è un gas che non ti fa respirare. Penso che non sia un termine adatto in questo contesto, è una parola che è stata abusata per esprimere il punto di vista di persone che vogliono fare la rivoluzione dal loro letto e dal loro computer. È una parola che rifiuto e che butterei nel water. Il problema è che mettiamo tutto sullo stesso livello, ogni cosa si decontestualizza e si appiattisce: è la stessa cosa uccidere una persona o stare troppo tempo al bagno? Anche la parola sopravvissuto / predatore. Quindi se ti tiro un buffetto su un ginocchio, dico che sei un sopravvissuto al mio tocco. Però si dice anche di chi sopravvive a un incidente aereo. Tutto è allo stesso livello, perché le persone enfatizzano ogni cosa, e penso che sia troppo pericoloso.

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