Il labirinto del fauno è la perfezione deltoriana
Il labirinto del fauno è il film definitivo di Guillermo del Toro, dove il bilanciamento tra tutti gli elementi è perfetto
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La spina del diavolo era un film ambientato durante gli ultimi anni della Guerra civile spagnola, prima che Franco salisse al potere; e quindi parlava di fantasmi, intesi sia come manifestazioni spiritiche spaventose, sia come le spoglie del passato di cui non ci si è mai liberati del tutto. Era un film che diceva che le cose irrisolte diventano fantasmi e ci perseguitano per tutta la vita, e lo faceva parlando contemporaneamente di uno spirito che infesta un orfanotrofio e della storia recente della Spagna. Il labirinto del fauno è un ideale sequel non tanto della storia di Santi il fantasma, ma di quella del Paese intero: ambientato nel 1944, all’inizio della dittatura franchista, riprende la stessa idea di parlare di guerra e di politica mascherandole da metafore, o meglio travestendole da mostri e altre creature fantastiche.
D’altra parte lui stesso l’ha sempre detto: l’horror, e Il labirinto del fauno è anche un horror, è un genere intrinsecamente politico. Secondo del Toro ci sono due tipi di horror: quelli istituzionali, che ti dicono cosa fare e cosa non fare e ti spiegano a quali punizioni andrai incontro se dovessi disobbedire, e poi ci sono quelli che lui definisce “horror anarchici e contro l’establishment”. Il labirinto del fauno si piazza fieramente in questa seconda categoria: ci impiega poche scene a spiegare chi sono i cattivi (i franchisti) e a dipingerli come un branco di crudeli bestie assetate di sangue e con poco cervello (compreso il capitano Vidal, il padre della protagonista Ofelia), e la storia raccontata è quella di una persona che potrebbe essere l’eletta, ma probabilmente non lo è, ma con tenacia e pervicacia riesce alla fine a esserlo. Quella di Il labirinto del fauno sembra una classica storia di predestinazione (Ofelia non è una normale bambina ma la reincarnazione di una principessa delle fate), ma nel corso della sua parabola di formazione la protagonista si deve scontrare non solo con i più classici ostacoli e prove da superare per dimostrarsi all’altezza, ma con un momento ancora più sconvolgente, quello in cui la creatura che le ha dato una missione decide che si è sbagliata, e che non è lei la persona che stava cercando.
Tutto questo si svolge in primo piano mentre sullo sfondo del Toro dipinge il suo spietato ritratto della dittatura spagnola e degli sforzi rivoluzionari dei guerriglieri antifranchisti. A un primo sguardo potrebbe sembrare che i due aspetti della favola siano in contrapposizione, e coesistano a fatica e un po’ forzosamente: da un lato abbiamo giochi di potere e tradimenti che coinvolgono un ufficiale dell’esercito, dall’altro una bambina convinta di essere una principessa e che il grosso insetto che ha visto in giardino sia in realtà una fata. E invece del Toro riesce non solo a conciliare le due anime del film, ma anche a farle dialogare e a renderle interdipendenti.
Il fauno esiste davvero oppure Ofelia si è inventata tutto, un meccanismo di difesa più che prevedibile per una bambina di dieci anni costretta a vivere in un incubo? Il labirinto del fauno gioca fino alla fine con la confusione tra i piani (la nostra opinione è che sia tutto molto vero, non solo metaforico, e che il fauno esista sul serio, almeno nell’universo del film), e in questo modo le cose che succedono nel labirinto e quelle che succedono con il capitano Vidal riescono a dialogare e intrecciarsi. Decisivo è il fatto che, come in La spina del diavolo, del Toro sceglie di evitare ogni stacco visivo tra le sequenze più realistiche e storiche e quelle più fantasy: il mondo del fauno e dell’Uomo Pallido con gli occhi sulle mani ha le stesse luci, gli stessi colori e le stesse atmosfere di quello dove il capitano Vidal sfascia la faccia a un poveraccio con una bottiglia perché lo sospetta di essere un pericoloso rivoluzionario.
I film successivi di del Toro si sposteranno sempre di più da questo equilibrio perfetto, solo sfiorato con La spina del diavolo e centrato in pieno con Il labirinto del fauno. In certi casi (La forma dell’acqua) punteranno di più sul realismo magico e di meno sulla pura immaginazione e il worldbuilding, in altri (Crimson Peak, ma anche Hellboy II) lo sbilanciamento sarà al contrario. L’ideale punto di mezzo tra queste sue due anime è ancora oggi custodito nel labirinto del fauno.