Il documentario più sconvolgente del 2008?

In un anno che ha visto il trionfo del fantastico Man On Wire, c'è stato un altro lavoro impressionante, anche se non ha ricevuto le stesse attenzioni. Si tratta di...

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Rubrica a cura di ColinMckenzie

...Dear Zachary. Normalmente, quando voglio parlare di piccoli film, che la maggior parte del pubblico non ha mai sentito nominare e che quasi sicuramente non verranno distribuiti in Italia (se non sulla televisione digitale), cerco di far capire meglio di cosa trattano, magari sviscerandone la trama anche più di quello che faccio solitamente. Per Dear Zachary: A Letter to a Son About His Father (questo il titolo completo) francamente non è proprio il caso. Trattasi, infatti, di pellicola che andrebbe vista con occhi quanto più possibili vergini, senza conoscere la storia. Perché? Beh, perché si tratta di un lavoro che punta chiaramente tutto sulle emozioni e non si vergogna assolutamente di farlo. Sarebbe semplice analizzare tante cose che funzionano e commuovono nell'ultima mezz'ora, tutto materiale perfetto per costruire un bell'articolo, ma sarebbe anche un crimine.

Il punto è che il pregio maggiore di Dear Zachary è l'imprevedibilità. Inizia come un semplice (si fa per dire) omaggio a un amico morto, che appare come un esempio di minimalismo intelligente e corretto. Ma poi, col passare dei minuti, diventa qualcos'altro. Un giallo? Un thriller? Una denuncia sociale? Sì, ma fatto in maniera molto complessa. Da una parte, c'è un utilizzo fantastico di materiali 'poveri' (come semplici spezzoni di interviste e vecchi filmini casalinghi), che sembrano mostrare un grande senso di ingenuità. Ma dall'altra, c'è un realizzatore che conosce perfettamente il suo mestiere e che sa come utilizzare i mezzi a sua disposizione per provocare i massimi effetti possibili.

Certo, come ha obiettato qualcuno in patria, il rischio ricattatorio esiste e in alcuni momenti ci sono degli effettacci pesanti. Ma è un difetto? A parere di chi scrive no, nel senso che chiaramente si tratta di un lavoro non obiettivo (nel senso migliore del termine) e in cui la passione non solo del regista, ma di tutti quelli coinvolti emerge chiaramente. E comunque, con un materiale così difficile da trattare, qualche difetto è inevitabile e comunque contenuto a livelli accettabilissimi. Ma certe scene, di sicuro, sono indimenticabili, a cominciare dai rapporti incredibili a cui la vita ti costringe e delle strazianti ipotesi alternative. 

La cosa incredibile è che tutta questa storia, se fosse stata una pellicola di fiction (o semmai lo diventerà, cosa che non mi sembrerebbe strano, anche considerando che il libro sulla vicenda è un bestseller) sarebbe stata considerata materiale da soap opera. L'altra stranezza è che questo documentario, nella sua uscita americana, ha conquistato solo 18.334 dollari, nulla insomma. Eppure, sono convinto che qualsiasi televisione lo proponesse in prime time, farebbe numersi altissimi, almeno se fosse ben promosso. Al posto di qualche canale di Sky, ci farei un pensierino, tanto credo che con pochi soldi i diritti italiani si comprano tranquillamente...

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