Il documentario più sconvolgente del 2008?
In un anno che ha visto il trionfo del fantastico Man On Wire, c'è stato un altro lavoro impressionante, anche se non ha ricevuto le stesse attenzioni. Si tratta di...
Rubrica a cura di ColinMckenzie
Il punto è che il pregio maggiore di Dear Zachary è l'imprevedibilità. Inizia come un semplice (si fa per dire) omaggio a un amico morto, che appare come un esempio di minimalismo intelligente e corretto. Ma poi, col passare dei minuti, diventa qualcos'altro. Un giallo? Un thriller? Una denuncia sociale? Sì, ma fatto in maniera molto complessa. Da una parte, c'è un utilizzo fantastico di materiali 'poveri' (come semplici spezzoni di interviste e vecchi filmini casalinghi), che sembrano mostrare un grande senso di ingenuità. Ma dall'altra, c'è un realizzatore che conosce perfettamente il suo mestiere e che sa come utilizzare i mezzi a sua disposizione per provocare i massimi effetti possibili.
La cosa incredibile è che tutta questa storia, se fosse stata una pellicola di fiction (o semmai lo diventerà, cosa che non mi sembrerebbe strano, anche considerando che il libro sulla vicenda è un bestseller) sarebbe stata considerata materiale da soap opera. L'altra stranezza è che questo documentario, nella sua uscita americana, ha conquistato solo 18.334 dollari, nulla insomma. Eppure, sono convinto che qualsiasi televisione lo proponesse in prime time, farebbe numersi altissimi, almeno se fosse ben promosso. Al posto di qualche canale di Sky, ci farei un pensierino, tanto credo che con pochi soldi i diritti italiani si comprano tranquillamente...