Il colore venuto dallo spazio (spoiler: è fucsia) - BadBuster
Come Il Colore Venuto Dallo Spazio di Lovecraft diventa la brutta copia di La Cosa con il peggior colore possibile per l'horror
Ovviamente alla base di tutto c’è Lovecraft e in teoria la vera attrattiva del film dovrebbe essere il fatto che adatta il famoso omonimo racconto breve, tuttavia a Richard Stanley (una carriera tutt’altro che immacolata la sua, ma andiamo per gradi) interessa molto di più usare il nome che ricreare Lovecraft al cinema.
Prima di andare avanti voglio chiarire una cosa: se a me qualcuno dicesse che esiste un film che adatta Il colore venuto dallo spazio di Lovecraft con Nicolas Cage a briglia sciolta e tutta una vibe anni ‘80 da Carpenter la mia risposta sarebbe “e dov'è la brutta notizia?” mentre con l’altro occhio sto controllando su Justwatch su quale piattaforma sta (brutta notizia: nessuna). E invece la notizia è che Il colore venuto dallo spazio, il film, non riesce mai a rendere giustizia al racconto ma in fondo, da un certo punto in poi nemmeno ci prova, preferendo essere una brutta copia di Carpenter, un body horror di mutazioni in cui poi queste mutazioni nemmeno si vedono troppo (che è come dire un porno in cui poi non è che si veda molto dell’atto sessuale…).
Insomma di Lovecraft davvero non c’è nulla se non qualche citazione. Il cuore del racconto, quel senso di profonda inquietudine di fronte all’ignoto e sconosciuto, di fronte all’inconoscibile che si manifesta davanti ad un pover’uomo, minuscolo e impotente, manca. E del resto come potrebbe essere lì onestamente? Tutto il punto del racconto sta nel manifestarsi di un colore mai visto prima, indescrivibile, che è l’evidenza concreta del mistero. Quel colore è proprio il McGuffin il trucco geniale per spingere l’immaginazione dello spettatore in posti dove non è mai stata, farla sprofondare nel baratro spaventoso dell’inconoscibile, invece nel film il colore si vede, ed è fucsia. Cristo santo il fucsia! Di tutti i colori possibili il fucsia, il colore più di moda!
Non vi nascondo che questa scelta mi ha distrutto. Anche perché a quel punto le creature, le bestie, i lampi di luce, le mutazioni e anche la distruzione degli esseri umani tramite i loro corpi prende la via del fucsia. E obiettivamente io quanto mi posso spaventare quando arrivano i mostri fucsia? Quale abisso posso trovarmi davanti con le creaturine fucsia?
E proprio quando si manifesta in tutta la sua modaiola insulsaggine il colore lì Nicolas Cage che come un cobra rapace era rimasto buono buono, in un angolo, con una recitazione controllata, comincia a pompare. Sciolte le briglie a Nic l’effetto è che tutto quel che il film già è viene amplificato. Se è buono migliora, se non è buono peggiora.
Richard Stanley, una vita dedicata all’horror senza saperlo fare, un uomo il cui highlight su imdb è il credit per L’Isola Perduta con Brando e Val Kilmer (l’ennesimo adattamento di L’Isola del Dottor Moreau di Wells) per il quale è stato licenziato e rimpiazzato da John Frankenheimer, vuole in realtà fare un horror classico e si rifugia senza ritegno nei suoi luoghi comuni. Le sue preoccupazioni sono il far vedere che i telefoni non prendono e la batteria dell’auto è scarica così che nessuno possa andarsene. Si preoccupa in pratica di ottemperare alle regole di Scream.
Quindi se non sapete niente di Lovecraft, se non vi importa nulla di uno scrittore morto di cui Guillermo Del Toro ha una statua a grandezza naturale in libreria, e se siete in quella folta nicchia di amanti dell’horror classico e del colore fucsia, e se infine in un angolo del vostro cuore c’è un punto debole per Nic Cage che fa Nic Cage. Beh allora Il colore venuto dallo spazio è il film per voi.