Il collezionista di ossa, questa sera su TV8 il thriller che voleva essere un horror
Buio, sangue, depressione, suicidio, serial killer e Angelina Jolie: Il collezionista di ossa è la quintessenza degli anni Novanta
Il collezionista di ossa, che TV8 trasmette questa sera in chiaro alle 21:30, è uno dei figli esemplari di quel periodo del thriller cinematografico nel quale il genere si stava facendo sempre più attirare dalle tentazioni horror del Silenzio degli innocenti – un periodo conclusosi in gloria con l’arrivo di Saw, che segna il momento del passaggio da un genere all’altro, e che per tutti gli anni Novanta e un buon pezzo dei Duemila ha sfornato un’infinità di opere (spesso tratte da bestseller di gente ultrafamosa) parecchio simili, con i loro detective problematici e geniali, i loro serial killer creativi e abbondanti dosi di buio, oscurità, tenebre e altri sinonimi degli anni Novanta cinematografici.
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Il collezionista di ossa di Jeffrey Deaver
Jeffrey Deaver è uno degli autori che citavamo sopra in quanto ispirazione per l’ondata di thriller “tipo Il silenzio degli innocenti” dei quali Il collezionista di ossa (guarda il trailer) è un esempio perfetto. Eppure solo tre dei suoi romanzi sono diventati film (oltre a quello di Philip Noyce ce ne sono due per la TV, La lacrima del diavolo e Ostaggi del silenzio); curioso, perché Deaver è il prototipo perfetto dello scrittore saccheggiato negli anni Novanta: è un giallista, ma con un gusto per la violenza, per l’anatomopatologia e per il modo in cui queste due cose si possono incontrare in casi che coinvolgono quasi sempre serial killer o comunque che gente che ammazza altra gente in modi efferati.
Il collezionista di ossa vs. Il silenzio degli innocenti
Questa storia talmente riutilizzata da smettere di essere un riciclo per diventare un classico, un archetipo pari al viaggio dell’eroe di Conrad, viene raccontata da uno dei registi più altalenanti del decennio, Phillip Noyce, capace di passare dal Raspberry Award per Sliver (un triste tentativo di capitalizzare sul thriller erotico e sullo status di icona sexy della Sharon Stone post-Basic Instinct) alle lodi sperticate per La generazione rubata, e tutto nel giro di dieci anni. All’interno dei quali si colloca anche Il collezionista di ossa, appunto, che Noyce dirige secondo i dettami del thriller anni Novanta e ci mette tutta l’attenzione e la concentrazione del mondo per non sgarrare.
Tutto quello che c’era nel Silenzio degli innocenti (ma anche in Se7en, per dire) ritorna in una forma o nell’altra in Il collezionista di ossa, che è una collezione (perdonate il gioco di parole) di sequenze da thriller spaventoso ambientato in stanze buie, cunicoli bui, sottopassi bui, di zone industriali dismesse e fognature puzzolenti, alternate a momenti più classici che ruotano tutti intorno al letto di Lincoln Rhyme/Denzel Washington, non particolarmente credibile come tetraplegico ma parecchio a suo agio nel ruolo del detective geniale e focalizzato esclusivamente sul suo lavoro a scapito dei rapporti umani. C’è soprattutto, in Il collezionista di ossa, il gusto macabro per il dettaglio shockante: dita mozzate, schegge di ossa insanguinate, tutto purché passi il messaggio che Lincoln e Amelia non si stanno scontrando con un criminale normale ma con un sadico.
La (allora) nascente stella di Angelina Jolie
Su questa architettura non particolarmente interessante spicca ovviamente il già citato Denzel Washington, ma più che altro spicca Angelina Jolie, che tra il 1999 (anno di uscita di Il collezionista di ossa) e il 2000 farà anche Ragazze interrotte e Fuori in 60 secondi prima del salto definitivo nell’Olimpo con Tomb Raider. Al tempo la futura Malefica era ancora una giovane promessa, che si era fatta notare soprattutto in Hackers per la sua presenza magnetica e che qui può dimostrare di essere in grado di fare tutto quello che vuole, e di dare vita anche a personaggi tutto sommato monodimensionali come Amelia Donaghy.
Angelina Jolie è il motivo principale per cui arrivare in fondo a Il collezionista di ossa, un’opera di due ore che ne sarebbe potute durare tranquillamente una e mezza guadagnandoci in ritmo, un esempio clamoroso di film non particolarmente coinvolgente – formalmente ineccepibile, certo, ma un po’ anemico – che lascia comunque la voglia di arrivare in fondo per scoprire il destino della sua protagonista. Non è abbastanza per consegnare Il collezionista di ossa agli annali, ma è abbastanza per salvarlo e fargli meritare una visione anche nel 2020.