Il caso di Keanu Reeves: quando l’azione salva le carriere
Le carriere ad Hollywood possono durare un soffio o diventare immortali. Poi ci sono i casi come qello di Keanu Reeves, fatti di cadute e di rivincite.
Attore amatissimo dal grande pubblico (meno dalla critica per via di una gamma di espressioni abbastanza limitata) la cui carriera cinematografica è stata salvata più volte da un genere: l’azione.
Nonostante l’attore sostenga di avere iniziato a recitare in tenera età nelle prime recite scolastiche, il suo approccio all’interpretazione drammatica non è dissimile da quello di molti altri suoi colleghi. Anzi, il giovane Keanu si dimostra molto più portato per l’approccio fisico rispetto alla performance intellettuale. A 20 anni si dedica allo sport, l’Hockey su ghiaccio, ma non mette da parte il sogno di diventare attore. L’occasione d’oro viene dal film Spalle larghe, dedicato proprio all’Hockey. Una storia sportiva in cui poter dare prova delle proprie doti non solo di performer ma soprattutto di atleta.
Inespressivo per vocazione, fisico per espressione, Keanu Reeves arriva al primo successo grazie a produzioni ad alto budget come Point Break (come dimenticare il lancio da un aereo senza paracadute?) ma soprattutto Speed. L’action movie diretto da Jan de Bont incassò 350 milioni di dollari in tutto il mondo tramutandosi in una vera e propria bomba al botteghino (altro che quelle disinnescate nel film!). Da qui iniziarono i problemi.
Come sempre, dopo il successo del film, partì la forsennata corsa al sequel che Reeves declinò. Le motivazioni, raccontate negli anni nel corso di diverse interviste, sono molte e complesse. L’attore si era infortunato all’anca durante una corsa in motocicletta. Non avrebbe potuto partecipare in prima persona a molti stunt, come da lui desiderato. Dopo essere diventato una star aveva ricevuto proposte per film più “impegnati” come L’avvocato del diavolo o Il profumo del mosto selvatico con cui voleva mettersi alla prova.
E poi c’era l’ultima ragione. La motivazione più vera: la sceneggiatura "faceva schifo".
Quindi Keanu rifiutò, e la Fox non la prese bene. La leggenda narra che venne inserito dallo studios in una Black List di attori. Di punto in bianco non venne più contattato per nessun ruolo di spessore. La scia del successo si esaurì insieme al fallito tentativo di arrivare a uno stile recitativo più complesso e alto.
Nel 1999 la sua imperturbabilità, la quasi totale assenza di espressioni, il velo di tristezza che gli avevano causato una serie di tragedie personali iniziate in quegli anni e continuate per tutto il decennio (una figlia nata morta, la separazione dalla compagna, poi deceduta per un incidente d’auto) lo resero perfetto per il ruolo di Neo in Matrix.
Ma vestiti su misura come questo, al cinema, non è facile trovarli. E Keanu si ritrova ancora una volta schiacciato da un ruolo troppo ingombrante, in un film troppo influente per essere replicato. Ancora una volta il salto nella qualità arthouse fallisce. A Scanner Darkly - Un oscuro scrutare è un successo di critica che non intercetta il pubblico. La casa sul lago del tempo piace, ma sembra essere un ruolo tombale per un attore così capace di parlare attraverso i gesti, invece che con i sentimenti. Ma il colpo di grazia sembra tirarlo Ultimatum alla terra, remake sbagliato, non voluto e non necessario del film di Robert Wise.
Da lì il vuoto, fino a John Wick.
Ancora una volta l’action salva la carriera di Keanu, questa volta a partire da un B movie, diventato poi (a sua insaputa) un cult di serie A. Negli anni trascorsi dal successo di Speed a oggi è arrivato un oggetto immateriale fondamentale per il cinema: internet.
I meme di Keanu triste sulla panchina, le clip in cui abbraccia le fan senza toccarle. Le clip in cui “vuole bene” agli animali e quelle in cui spara come un agente perfettamente addestrato, questi prodotti della rete hanno contribuito a far tornare ad amare un attore che il pubblico… voleva continuare ad amare.
Umile nella vita, ma raffinato e spietato sul grande schermo. Attraverso questa abile costruzione del personaggio dentro e fuori dalla finzione è riuscito a ottenere l’ormai raro stato di attore di culto. L’azione è un genere di nicchia, con un pubblico casuale vastissimo molto influenzato dal giudizio dei veri appassionati. La dedizione sul set dell’attore, le numerose clip dei dietro le quinte con allenamenti impressionanti e gesti tecnici impensabili per un cinquantenne, hanno consolidato uno storytelling (inconsapevole) sulla sua vita.
Il cinema del fisico, dell’istinto, dei sentimenti espressi attraverso azioni di sopravvivenza e della capacità di rialzarsi, ha raccontato la vita di Keanu Reeves meglio dei tabloid. Una carriera salvata dall’azione con una forza tale da apparire quasi una vocazione irrinunciabile. E oggi noi ammiriamo le gesta del Baba Jaga chiedendoci se sia stato John Wick a farci tornare ad amare il suo interprete, o se sia stato proprio Keanu Reeves a rendere indimenticabile un film che, altrimenti, sarebbe stato ricordato come un’ottimo titolo nei cestoni scontati della sezione home video dei supermercati.