Il Canto di Natale di Topolino: 33 anni di sogni rivelatori
Riscopriamo insieme Il Canto di Natale di Topolino, prodotto dalla Walt Disney nel 1983 e ispirato al celebre racconto di Charles Dickens
Scrooge, de' Paperoni. De' Paperoni, Scrooge.
L’eleganza del Canto di Natale di Topolino è soprattutto nell’uso sapiente di un’occasione fornita su un piatto d’argento e mai sprecata: Paperon de’ Paperoni (in originale Scrooge McDuck) è già di per sé un personaggio ispirato a Ebenezer Scrooge.
L'Atlante delle Nuvole di Paperone
"Passato, presente, futuro, tutto è connesso" è l'idea alla base de L'Atlante delle Nuvole di David Mitchell, ripresa al cinema in Cloud Atlas. Mitchell scrive il suo libro nel 2004 e il film delle Wachowski è del 2012, ma l'idea di una doppia interconnessione (attraverso le epoche e verso le altre persone) tra le tre dimensioni temporali non è certo un'intuizione dell'ultima ora. Se 173 anni dopo il racconto di Dickens abbiamo ancora bisogno di comprendere che le nostre azioni generano conseguenze su di noi e sugli altri, è un segnale che l'importanza di gestire le proprie scelte esula completamente dal progresso. Nel raccontare in maniera abbastanza fedele la parabola del racconto del 1843, Il Canto di Natale di Topolino aggiunge alla vicenda il doppio tocco dell'immagine in movimento e della libera interpretazione: la prima aggiunge pathos, la seconda entertainment. Se il viaggio di Scrooge segue la tipica struttura tripartita del classico letterario, la goffagine di Pippo nei panni di Marley o la spontaneità di Paperino in quelli di Fred consentono al pubblico di constatare quanto versatile sia il parco dei character disneyani nel portare alla luce un racconto ben noto senza alcuna necessità di stravolgerlo. Nonostante la presenza di Topolino nel titolo (il corto è parte della serie Mickey Mouse), Paperone è il cuore del racconto non solo per semplici motivi di storytelling: il personaggio che interpreta è un inno all'importanza di chiamarsi Scrooge sia nell'universo dickensiano che in quello disneyano. Gli altri protagonisti, non a caso, si spogliano temporaneamente del loro nome canonico per assumere quello del rispettivo ruolo. È anche questo effetto straniamento, che per ovvie ragioni sfuma nella versione italiana, a separare Scrooge da tutti gli altri e a connettere con maggiore efficacia l'Ebenezer Scrooge di Charles Dickens allo Scrooge McDuck di Carl Barks.
Per riscoprire la presenza e il valore degli altri e tornare a essere una persona compassionevole, Scrooge deve innanzitutto liberarsi di una serie di convinzioni limitanti nelle quali si è rifugiato, chiudendosi in un castello di sicurezze che, in realtà, sono servite a nascondere la sua mancanza di coraggio. “Caro Scrooge, se si misurasse la gente dalla bontà, tu non saresti più grande di un granello di polvere!” sentenzia il Grillo Parlante nei panni dello Spirito del Natale Passato. Mostrandogli l’occasione sfumata di avere un affetto per la vita, il Grillo ricorda a Scrooge di essere stato qualcosa di “altro” rispetto all’uomo freddo che è nel presente: “Amavi i tuoi soldi più di quella creatura, e l’hai perduta per sempre”. Ma soprattutto, è il secondo spirito (Willie, il gigante di Bongo e i Tre Avventurieri) a dover smontare l’idea di Scrooge di aver dato alle persone niente di più di ciò che meritavano: osservando la vita del suo bistrattato dipendente, Scrooge comprende quando dolore gli sia sempre stato accanto, anche sul luogo di lavoro. Confondendo la bontà con il buonismo, l'anziano papero è divenuto cieco non solo rispetto all'affetto che avrebbe potuto dare ma, soprattutto, a quello che avrebbe potuto ricevere. Il terzo spirito, inevitabilmente, è pronto a mostrargli che nessuno verrebbe al funerale di un uomo che ha perso ogni occasione di empatia con gli altri. Ma non tutto è perduto: la possibilità di rimediare c'è, ed è frutto di una pulsione individuale che può sconfiggere anche abitudini sedimentate nel tempo. Non è male tenerlo a mente, anche 33 anni dopo l'uscita del Canto di Natale di Topolino.