Il braccio violento della legge e l’inseguimento perfetto
Il braccio violento della legge di William Friedkin è un film che parla di inseguimenti, e ne inscena uno dei migliori della storia del cinema
Cosa si può dire su Il braccio violento della legge, a cinquant’anni (da pochi giorni, tra l’altro: auguri!) dalla sua uscita, che non sia già stato detto finora? Il film di William Friedkin è uno dei più grandi thriller della storia del cinema, ha vinto cinque Oscar (Miglior film, attore protagonista, regista, sceneggiatura, montaggio) che potevano essere otto se gli avessero dato anche quelli per Miglior attore non protagonista, fotografia e mixaggio sonoro, ha incassato più di trenta volte il suo budget, e dal 2005 è entrato a far parte del National Film Registry della Libreria del Congresso americana. Il braccio violento della legge è il film che rivelò definitivamente il talento di “Hurricane Billy” (che poi replicò due anni dopo con L’esorcista) e che regalò a Gene Hackman il suo primo Oscar dopo due tentativi andati a vuoto, e ha contribuito a definire i successivi cinque decenni di thriller, polizieschi, action e dintorni; è uno dei film più influenti di sempre, non solo per il cinema ma per un po’ tutta la cultura pop. Che cosa si può dire che non sia già stato detto? Be’, per esempio che da oggi è su Star di Disney+, il che significa che potete usare la stessa app per guardare Il Re Leone II – Il regno di Simba e Il braccio violento della legge.
Il braccio violento della legge e Hurricane Billy
Il braccio violento della legge è il quinto film di William Friedkin; quelli precedenti sono, nell’ordine, una commedia musicale western con Sonny & Cher, un dramma basato su un’opera teatrale di Harold Pinter, un’altra commedia musicale sull’invenzione del burlesque e infine un dramma ambientato in un appartamento che è uno dei primi film americani con protagonisti omosessuali. Messa così sembra curioso che il produttore Philip D’Antoni lo abbia scelto nel 1971 per dirigere un film sulla vera storia di due poliziotti di New York che vanno a caccia di uno dei principali spacciatori di eroina della città, ma il fatto che da giovane Friedkin venisse soprannominato “Hurricane Billy” dovrebbe spiegare tutto.
Il braccio violento della legge e Gene Hackman
La prima sfida per Friedkin fu quella di doversi accontentare di un protagonista che non voleva, come racconta il regista stesso nel commento al film che trovate in tutte le edizioni home video. Friedkin puntava a Paul Newman, che costava troppo, poi ci provò con Jackie Gleason, Peter Boyle e persino Jimmy Breslin, giornalista americano che sarebbe stato al suo debutto cinematografico; poi rifiutarono sia Steve McQueen sia Charles Bronson, e solo alla fine si puntò su Gene Hackman. Difficile immaginare oggi il perché di tanta esitazione: Hackman veniva da due nomination agli Oscar come Miglior non protagonista (per Bonnie e Clyde e Anello di sangue), e aveva pure la faccia perfetta per il ruolo (qui a destra vedete Eddie Egan, il vero poliziotto a cui è ispirato il personaggio di Jimmy Doyle); ma è anche vero che lo stesso Friedkin ha dichiarato di non aver neanche letto il libro prima di accettare il film, e ci piace pensare che dopo averlo fatto abbia cambiato completamente idea su Hackman.
Di sicuro l’ha fatto la prima volta che ha visto il film completo: in un film popolato quasi esclusivamente di persone orribili, Jimmy Doyle è probabilmente il più orribile, eppure è anche l’indiscusso protagonista, il personaggio per cui viene automatico tifare, e gran parte del merito è del modo in cui Hackman lo abita, arrendendosi completamente al suo deboscio fisico e morale e trattandolo come se fosse la norma, come se non ci fosse nulla di strano a perquisire e menare privati cittadini solo perché sono neri e potrebbero avere della droga in tasca, o a pedinare una persona solo perché non ti convince la sua faccia. Tutti i poliziotti corrotti, violenti, viziosi, arrapati, fuori controllo degli ultimi cinquant’anni di cinema devono qualcosa a Gene Hackman e alla naturalezza con cui fa sembrare Jimmy Doyle una persona e non solo un personaggio.
Costa-Gavras, Buñuel e l’influenza
Altri riferimenti che fanno capire come Friedkin abbia pescato da più o meno tutto il cinema per creare l’alchimia che tiene in piedi Il braccio violento della legge. Innanzitutto Costa-Gavras, il cui Z convinse il regista ad adottare uno stile quasi documentaristico, con tanta camera a mano e una scrittura che dedica tantissimo tempo al nulla totale che riempie la gran parte delle giornate di un detective (eredità, questa, anche dell’omonimo romanzo da cui il film è tratto): è impressionante quanta tensione riesca a generare Friedkin considerando che passa gran parte del tempo a riprendere gente che pedina altra gente, oppure gente seduta in macchina che tiene d’occhio altra gente seduta al tavolo di un ristorante. Poi c’è l’aneddoto su Buñuel: Friedkin aveva visto Bella di giorno e aveva molto apprezzato Francisco Rabal, del quale però ricordava solo “è un attore spagnolo”; chiese così al direttore del casting Robert Weiner di contattarlo, ma lui, come dire, sbagliò spagnolo, e chiamò invece Fernardo Rey – che fece un’ottima impressione a Friedkin, che decise di affidargli uno dei ruoli più importanti del film, quello dello spacciatore francese Alain Charnier, prototipo del villain elegante e stiloso, soprattutto più elegante e stiloso del poliziotto che lo vuole catturare (la stessa dinamica che c’è, per esempio, tra Bruce Willis e Alan Rickman in Die Hard).
Infine c’è l’influenza più importante che ha contribuito a plasmare il film, e che non ha nulla a che vedere con il cinema: sul set, ad aiutarlo con la sceneggiatura e persino a recitare un paio di ruoli minori, Friedkin volle Eddie Egan e Sonny Grosso, cioè i veri poliziotti a cui erano ispirate le figure di Jimmy Doyle e del suo partner Buddy Russo (Roy Scheider). I due aiutarono spesso Friedkin con la plausibilità di certe sequenze e soprattutto con i dialoghi – che, vale la pena segnalare, nel film sono quasi interamente improvvisati – e con lo slang poliziesco. Una delle scene più contestate del film è quella nella quale Doyle spara alla schiena a un criminale in fuga, un gesto che secondo molta gente sarebbe considerato omicidio a sangue freddo anche se commesso da un poliziotto (ah ah ah); di quella sequenza Friedkin dice che è così che Egan avrebbe fatto nella vita vera, e il fatto che fosse presente sul set e abbia approvato lo dimostra.
Quell’inseguimento
Scoprire i dettagli della trama di Il braccio violento della legge, che è un film di gente che va a caccia di altra gente (e non vale solo per Doyle e Russo), è un piacere che vi lasciamo volentieri. Lasciateci chiudere però tornando a quella sfida che D’Antoni lanciò a Friedkin: gira un inseguimento migliore di quelli di Bullitt, se ci riesci. Friedkin la risolse con una serie incredibile di invenzioni: per esempio la dashcam o una sua versione rudimentale, con una trentina di anni di anticipo sul resto del mondo, o il fatto che l’intera sequenza sia girata a 18fps per accelerare il girato finale. Avete presente le scene di inseguimento di Baby Driver, montate a ritmo di musica? Quella di Il braccio violento della legge è stata concepita allo stesso modo, sulla base di Black Magic Woman di Santana, che purtroppo non trovò posto nel montaggio finale ma era ben presente nella testa e nelle orecchie di Friedkin la momento di comporre la sequenza.
Più scriviamo più ci rendiamo conto che è inutile continuare a scrivere: vi lasciamo qui sotto la scena in questione, seguita da un video dove Friedkin racconta tra l’altro a Christopher McQuarrie come l’inseguimento sia stato girato senza il permesso della città di New York.
Friedkin e McQuarrie