I video casting costano troppo? Continua la polemica ad Hollywood 

A Hollywood si fanno ancora i casting come in pandemia. I video da inviare sono molto comodi ma portano con sé problemi, costi e polemiche

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I video casting stanno diventando un problema a Hollywood. La questione è tanto semplice da enunciare quanto complessa da risolvere. Come vi scrivevamo riportando la notizia della nascente polemica, durante la pandemia gli attori hanno continuato a proporsi agli studi tramite audizioni video. La pratica, nata come una soluzione momentanea, è stata integrata nel processo di selezione. Adesso che non è più una questione di sicurezza, si è capito che ricevere video è molto più conveniente per i direttori del casting rispetto a vedere di persona centinaia di attori al giorno. Si risparmia il costo di affitto dei teatri in cui provare e gli artisti possono evitare lunghi viaggi per giungere sul luogo della convocazione. In questo modo si possono visionare agilmente molti più provini. Una situazione win win? Non tutti sono di questo avviso.

Il problema dei video casting

Già in pandemia le agenzie hanno iniziato a chiedere alti standard qualitativi di produzione. Davano parametri ben precisi su come girare i video. Se prima bastava un cavalletto e un telefono cellulare ora rischiava di comunicare sciatteria. Il costo produttivo finì così per ricadere sulle spalle degli attori. C’è chi ha iniziato a pagare dei service che potessero rendere più efficace il filmato. Chi ha dovuto trovare degli spazi adatti alle proprie esigenze pagando di tasca propria. Molti credono infatti che tutto questo sia determinante per avere la parte.

L’attore Antonio Jaramillo (Chicago Med) lamenta a Deadline (che sta continuando la sua inchiesta iniziale) di dover pagare 50 dollari per poche ore di registrazione in luoghi adibiti a questo scopo. Per i drammi storici capita di dover noleggiare anche un costume da indossare. Ci sono microfoni professionali da acquistare e luci da sistemare. Costi moltiplicati per numerosi provini che fanno parte della quotidianità del lavoro.

La direttrice del casting Alexis Allen Winter ha risposto, sempre negli spazi concessi dalla testata, di non guardare la qualità produttiva. Queste preoccupazioni sono legittime ma tutto quello che conta, dice, è la recitazione.

L’attore Michael Gaston (Mayor of KingstownFive Days at Memorial), uno delle voci più attive in questo dibattito, è di altro avviso. Se 200 persone si candidano per una parte sottoponendo un video di 6 minuti, il totale di tempo impiegato nel valutare ciascun ruolo è di 20 ore. Un impegno che lui ritiene irragionevole, ponendo quindi un’altra questione: chi garantisce che i video vengano effettivamente visti dopo essere costati tanto agli attori?

Winter, nel contraddittorio, ha spiegato che l’agenzia valuta tutti i provini pur con un effettivo dispendio di tempo. I selezionatori devono anche ordinare tutti i filmati e caricarli in appositi server, non avendo un software apposito. Però assicura che nessuno viene ignorato. È anche vero però che i casting generalmente non vengono visionati per tutta la durata, spesso bastano dei punti chiave per valutare la soluzione scelta dall’attore e decidere.

Le agenzie guadagnano sulla produzione dei video?

Jules Willcox (Servant, Under the Silver Lake) e Presciliana Esparolini (NCIS: Hawaii) hanno espresso un parere più positivo sui video casting. Permettono di scegliere l’orario più favorevole agli attori, e possono rivederli e analizzarli per migliorarsi. Ci sono state anche audizioni su zoom e l’investimento richiesto per la clip comprende anche i consigli di chi sta dietro la macchina da presa.

Se per Regina Taylor (CSI: Las Vegas) il problema è soprattutto che non essere fisicamente presente con altre persone impedisce di creare l’affinità giusta, per molti altri il problema è di convenienza e interessi. Alcune agenzie hanno aperto degli spazi appositi con luci e videocamere che affittano a tempo. I performer devono spesso pagare anche voci aggiuntive fuori campo che gli accompagnino nei dialoghi. Un sistema, accusano gli attori, costruito per fare profitto.

Alexis Winter non è d’accordo con questi conti. Recarsi fisicamente a Santa Monica, pagare il parcheggio, prendere una babysitter o una stanza d’hotel viene a costare di più che produrre un video. C'è chi si è registrato la propria voce e l'ha montata nella dialogo, risparmiando l'ingaggio di un'altra persona.

Quello sui video casting è un dibattito che sta man mano diventando rilevante più che per il contendere in sé per il contesto in cui è arrivato. Hollywood è attraversata da molte agitazioni che vanno dalle accuse delle società di VFX al grave sciopero degli sceneggiatori che si prospetta all’orizzonte.

Una possibile soluzione al confronto tra due parti può venire dalla riflessione di Winter. Lei invita a non sopravvalutare il ruolo dei casting director nelle decisioni finali. Spiega infatti che audizioni premettono certo una importante scrematura, ma alla fine sono sempre i registi e i produttori a decidere chi dovrà interpretare un ruolo. Anche in caso di casting in presenza, infatti, a loro viene mandato da valutare in un secondo momento il video dell’audizione registrata.

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