I Simpson e il femminismo raccontato davvero: Lisa contro Malibu Stacy
Un conto è parlare di femminismo, un altro è mostrarlo come fa la puntata di I Simpson che mette Lisa contro Malibu Stacy, tratta da una vera storia di Barbie
Lisa contro Malibu Stacy - I Simpson, quinta stagione, episodio 14
LISA: "Miss Lovell, vorrei parlare di Malibu Stacy"
STACY LOVELL: "Ha idea di quante bambine hanno provato a trovarmi?"
LISA: "Sono la prima?"
STACY LOVELL: "Sì."
Nel 1992 poteva capitare di comprare un modello di Teen Talking Barbie, la versione parlante di Barbie con più di 270 frasi pre-registrate che uscivano da un altoparlante al suo interno, e sentirsi dire da Barbie frasi che appartenevano in realtà al pupazzo parlante Duke dei G.I. Joe come “Ora portiamo questa battaglia ai Cobra!” o “Rapidi e precisi ragazzi”.
Non era un errore. Era attivismo.
La Barbie parlante aveva provocato un tumulto non da poco nel mondo femminista perché tra le frasi che pronunciava ce n’erano due inaccettabili: “Le lezioni di matematica sono difficili” e “Pianifichiamo il nostro matrimonio da sogno!”. Erano due frasi su 270 quindi solo il 3% delle bambole in commercio le diceva, ma era anche lo spunto perfetto per attaccare quei modelli sessisti che venivano venduti (letteralmente) alle bambine d’America. La Mattel dovette ritirare quel 3% di modelli ed eliminare le frasi incriminate dalle 270 possibili. Una conseguenza piccola per quella che fu una battaglia soprattutto mediatica e che ebbe diversi risultati tra cui essere rilanciata da I Simpson.
Tutto parte dal fatto che, arrivati al quinto anno di trasmissione, due nuovi sceneggiatori che successivamente sarebbero diventati gli ultimi showrunner dell’età dell’oro della serie (per le stagioni 7 e 8), Bill Oakley e Josh Weinstein, cercavano di inventare un episodio a partire da qualcuno dei molti brand che ormai la serie aveva creato e accumulato. Un po’ come era accaduto con le storie intorno alla società che produce Grattachecca e Fichetto. La scelta ricadde su Malibu Stacy, bambola preferita di Lisa, già vista in passato. E l’ispirazione fu dichiaratamente la storia di Teen Talking Barbie.
In realtà questo episodio ha una doppia trama ad elica che mette in parallelo giovani e anziani. La protagonista non è Lisa, sono Lisa e Nonno Simpson, e proprio con lui inizia la puntata, con la gag di un raduno di anziani davanti ad un ospedale perché arriva l’attore di Matlock e tutti sono lì per vederlo. Matlock è una gag ricorrente di I Simpson, una serie tv da noi poco fortunata e andata più che altro su Telemontecarlo, centrata su un anziano avvocato che, come dice il dr. Hibert introducendolo, è “L’uomo che mette i giovani dietro le sbarre. Dove devono stare!”.
La folla di anziani in visibilio lo assale comincia a strappargli i vestiti e rubargli memorabilia. L’amico principale del nonno (il gigantesco Jasper, una colonna dei comprimari) gli ha anche fregato delle pillole che, legge dall’etichetta, vanno prese “una ogni ora per evitare spasmi cardiaci”. Mentre lo fa dietro di lui passa un’ambulanza con qualcuno che sta facendo una rianimazione. Non viene mai detto che dentro c’è Matlock, ma la forza di I Simpson è di sapere che il pubblico farà l’associazione tra primo piano e sfondo da solo. Meno dettagli sì dichiarano più è la testa dello spettatore a lavorare completando la battuta e più è divertente.
Tutto questo serve per introdurre il fatto che il Nonno si senta prossimo alla morte e vuole lasciare degli oggetti alla famiglia, tra cui dei dollari d’argento che, invece che essere conservati, vengono spesi subito al centro commerciale. Tutto il viaggio in macchina e poi il tempo al centro commerciale sarà ammorbato dai racconti infiniti e inconcludenti del nonno.
Ecco questo è esattamente quel che Oakley e Weinstein trovavano esilarante in Nonno Simpson, un personaggio che al pari di Burns coinvolgevano spesso nelle loro sceneggiature perché gli faceva molto ridere l’anzianità e l’essere fuori dal proprio tempo. Sono loro che hanno creato la gag ricorrente di Matlock e quella dei racconti infiniti che poi si possono ritrovare in tanti altri episodi.
Sarà solo al centro commerciale, e più precisamente nel negozio di giocattoli dove Homer distrugge un pianoforte-tappeto come quello di Big suonando Rock Around The Clock malissimo, che partirà la trama principale.
Se i vecchi in apertura assalgono Matlock come delle fangirl, le bambine nel centro commerciale non appena scoprono che uno degli scatoloni appena arrivati contiene la nuova Malibu Stacy parlante, fanno lo stesso. Assalto furioso. Il parallelo tra il nonno che vuole comportarsi da giovane per mandare un’immagine da giovane e Lisa che con un giocattolo monta una questione da adulti riguardo l’immagine di adulto che quel giocattolo rimanda alle bambine è chiaro. In una scena al tavolo da cucina sarà quasi lapalissiano, quando entrambi, contemporaneamente, pronunciano una risoluzione e si dicono pronti a tutto per ottenere il proprio obiettivo, solo che a metà della frase nonno Simpson si incarta e in un momento di metanarrazione effettivamente invece che proseguire con la sua dichiarazione d’intenti la scambia con quella di Lisa cominciando a farfugliare cose su Malibu e una certa Stacy. È una puntata su un ideale femminista, ma è anche una puntata sulle utopia e il desiderio di cambiare il mondo intorno a sé.
Certo tra la trama del nonno e quella di Lisa, è la seconda a conquistare il centro della scena. Come sempre nelle puntate con Lisa protagonista è una storia in cui lei si batte contro le istituzioni e la società. La miccia è il fatto che, rientrata a casa con Malibu Stacy, nel momento in cui la mette su un podio per parlare simulando un’assemblea generale, la frase che esce è: “Vorrei insegnassero shopping a scuola”, la seconda è “Facciamo i biscotti per i ragazzi!” e quando, disperata, Lisa le chiede se non abbia niente di interessante da dire la frase successiva sarà l’affronto finale: “Non chiedere a me sono solo una ragazza” seguita da una risatina sciocca.
Perché la costruzione della perfetta “storia da Lisa” sia completa però manca un dettaglio: il fatto che il resto del mondo attorno a lei non condivida quel che crede e le sia quindi nemico. Le amiche al parco la deridono (e una ha un modello di Malibu Stacy da cui escono frasi dell’Uomo Ragno, un esplicito riferimento a quel che accadde a Teen Talking Barbie), a casa Marge nello sminuisce la sua battaglia afferma di essere cresciuta anche lei con Malibu Stacy senza problemi e anzi “Dimentichiamo i problemi con una bella coppa di gelato alla fragola”, Lisa, spietata, fa partire Malibu Stacy che dice “Dimentichiamo i problemi con una bella coppa di gelato alla fragola”. Di nuovo, è la testa dello spettatore a lavorare per completare la connessione tra le due frasi.
È l’idea che tra tutte vince la puntata, ed è un’idea di puro cinema. Malibu Stacy è un modello femminile antico che come Barbie esiste nella società da decenni, ha avuto un’influenza che le stesse donne faticano a comprendere. Far dire la stessa identica frase di Marge alla bambola demolisce qualsiasi controargomentazione non con un’affermazione o un sillogismo ma con un’idea visiva e un’immagine che dice tutto, dall’inconscio allo spietato cinismo del marketing.
E proprio alla società che produce la bambola Lisa si rivolgerà per prima, facendo un tour un po’ come quello che si vede in Jurassic Park (uscito solo l’anno prima) che conclude la parabola di esposizione del sessismo risalendo alla fonte. Non prima della gag più bella di tutta la puntata: “Qualcuno sostiene che ci sia un tocco di polvere di fate nell’aria” dice la persona incaricata del tour mentre passano accanto alla catena di assemblaggio delle bambole e vediamo degli impiegati derelitti e sempre arrabbiati insultarsi: “Ehi Leroy, il macchinario si è inceppato di nuovo!” - “Chiudi quella fogna Lou!”. La scelta dei nomi è il dettaglio da sbellicarsi.
È un pieno prodotto di Oakley e Weinstein, i due sceneggiatori, che erano amici dai tempi della scuola ed erano stati assunti nella quarta stagione dopo aver scritto in totale autonomia una puntata di Seinfeld. Sono stati scritti da loro episodi storici come Chi ha sparato al sig. Burns? ma sono anche quelli che con l’episodio australiano hanno inventato l’idea che I Simpson possano viaggiare in altri paesi per prenderli in giro. Hanno inventato la puntata di Frank Grimes e poi quella con George Bush vicino di casa dei Simpson. Hanno insomma dato un’impronta fortissima alla serie, producendo episodi audaci come quello con 22 cortometraggi, diventandone showrunner per le stagioni 7 e 8. Sono però anche quelli che hanno scritto Il direttore e il povero, la puntata in cui si scopre che Skinner non è chi dice di essere, considerata da tutti il punto in cui la serie ha cominciato a peggiorare e ha saltato lo squalo definitivamente.
La loro filosofia è ben ritratta in questa puntata: avere almeno due episodi a stagione fuori dai canoni che possano allargare ciò che pensiamo che I Simpson possa fare. La puntata sul divorzio dei Van Houten è una di queste idee, il sessismo nella società di questa puntata un’altra.
Lisa contro Malibu Stacy contiene infatti alcune delle immagini più forti che I Simpson abbiano partorito in materia di femminismo. Quando l’incaricata della compagnia che produce Malibu Stacy verrà accusata da Lisa di perpetuare modelli sessisti con i loro prodotti, risponderà che assolutamente nell’azienda sono molto attenti, prima di essere apostrofata dai superiori da cui si schernisce ridacchiando civettuola (“Non fingere che non ti piaccia” le viene detto) e, di nuovo un espediente di regia geniale di Jeffrey Lynch, chiudere la porta in faccia a Lisa e Marge con un colpo di sedere oscillante.
Il sessismo sul lavoro normalizza il sessismo dei prodotti che a sua volta perpetua quella visione di mondo alle bambine che domani lavoreranno, la catena è completa. Più delle parole, più dello sbilanciamento nel potere, quell’immagine di una donna che chiude la discussione e taglia fuori le proteste di Lisa con un colpo di sedere è il punto.
Tutto questo non fa che aumentare il livore di Lisa che andrà a direttamente dalla creatrice della bambola, Stacy Lovell, doppiata con azzeccata scelta di cinismo da Kathleen Turner e in italiano affidata, senza nessun vero senso o razionalità a Leo Gullotta, che ovviamente l’ha doppiata in siciliano allontanandola dalla propria natura.
[caption id="attachment_382326" align="aligncenter" width="480"] "Ciao Smithers, sei bravo ad accendermi"[/caption]
Questa puntata infatti è l’opposto dell’astratto, è molto radicata nel vero mondo delle bambole. Ad esempio nel fare ricerca per la scrittura dell’episodio Bill Oakley, la cui moglie era una gran collezionista di Barbie, incontrò l’uomo che possedeva la più grande collezione di Barbie al mondo. Da quell’incontro viene la parte in cui si reca da Smithers, il più grande collezionista di Malibu Stacy. Del resto anche la StacyCon, la convention dedicata a Malibu Stacy è ispirata alle vere convention a tema Barbie. Smithers è poi anche l’autore e produttore di un musical su Malibu Stacy in cui lui stesso interpreta il fidanzato di Malibu. Dovrà prendere delle ferie per recarsi in un piccolo teatrino del New Mexico per l’unica rappresentazione. Ma questa è un’altra storia.
Dal computer, che si accende con un mr. Burns che lascivo gli dice “Sei bravo ad accendermi!” come fosse una pin-up, Smithers tira fuori la possibile location in cui la creatrice della bambola vive reclusa.
La grande idea è che la creatrice viva come una bambola in carne ed ossa, in una versione gigante di una casa di Malibu Stacy e con una galleria di ex fidanzati che praticamente sono versioni umane dei pupazzi più noti in commercio (più Steve Austin, l’uomo da sei milioni di dollari). Lei, estromessa anni addietro dalla gestione di Malibu Stacy ad opera della Malibu Stacy Division di una compagnia Petrolchimica, perché finanziava i vietcong sottobanco, deciderà con Lisa di produrre una bambola femminista che nelle parole di Lisa avrà la saggezza della romanziera Gertrude Stein, l’arguzia della fumettista Cathy Guisewite, la tenacia della giornalista Ninta Totenberg, il buon senso dell’attivista femminista Elizabeth Cady Stanton e la bellezza ordinaria di Eleanor Roosevelt. Il pantheon di donne da imitare di Lisa. La puntata spiega il problema, mostra un mondo in cui le donne accettano il sessismo, dalle amiche di Lisa a Marge alla fabbrica di bambole, ma anche quali siano gli anticorpi.
Lisa stessa registrerà le battute che la bambola Lisa Cuordileone pronuncerà (nello studio in cui irrompe Krusty per registrare le sue come un vero professionista, senza nessun rispetto dei tempi e finendo ancor prima che abbiano messo il nastro per registrare). La reazione della compagnia sarà per prima cosa di chiedere “un favore a Washington”, ottenendo che un funzionario di alto livello lanci un mattone contro la casa dei Simpson (di cui loro nemmeno si accorgono) e poi mettere sul mercato una nuova Malibu Stacy ma con cappello esattamente quando va in vendita Lisa Cuordileone.
Anche qui Jeffrey Lynch idea un’immagine che è tutto: quando le bambine corrono verso le scatole della bambola di Lisa qualcuno spinge un carrello con la nuova Malibu Stacy davanti a quelle. Ed è finita. Le major schiacciano i piccoli prima ancora che entrino in gara.
Similmente è completamente distrutta la trama di Nonno Simpson che trova lavoro al Krusty Burger per poi ribellarsi inutilmente al fatto che la società marginalizza gli anziani (e portato in trionfo da vecchi che dopo poco non ce la fanno più), chiusa in fretta per lasciare spazio alla parte sentimentale di quella di Lisa.
Nonostante la sconfitta il grande cuore di quelle stagioni dei Simpson fa sì che ci sia una bambina che in controtendenza compra una Lisa Cuordileone: “Se anche avremo fatto breccia nel cuore di una bambina ne sarà valsa la pena” è la chiusa buonista di Lisa, subito asfaltata dal cinismo di Stacy Lovell: “Sì certo ne sarà valsa la pena se quella bambina sarà disposta a pagare la bambola 6.000 dollari”.
La filosofia della serie di quegli anni era che i sentimenti e gli ideali migliori sono sempre frustrati e schiacciati da una società che è espressione del peggio, ma non per questo smettono di esistere e contare.