I migliori film medi
Non sono dei capolavori, ma se Hollywood producesse sempre pellicole del genere, andremmo tutti al cinema più volentieri. Eccovi una lista di cinque ottimi titoli 'medi' usciti negli ultimi tre anni...
Rubrica a cura di ColinMckenzie
5 - Mean Girls
Beh, intanto è il miglior film di Lindsay Lohan. E no, non è il caso di strabuzzare gli occhi, non stiamo parlando di Paris Hilton o di Britney Spears, ma di un'attrice che prima di crollare emotivamente in preda ad alcool e droghe aveva dato buone dimostrazioni delle sue capacità, arrivando anche a lavorare nell'ultimo film di Robert Altman. Eppure, nonostante la Lohan con i suoi occhioni da cerbiatto (quando si poteva usare un'espressione del genere per lei senza mettersi a ridere), l'attenzione si sposta rapidamente su Rachel McAdams. Che, oltre ad essere una nostra beniamina, qui nei panni della perfida rivale della protagonista è perfetta, tanto da poter assurgere al titolo di una delle migliori cattive degli ultimi anni. Mettiamoci una storia che funziona e un regista che non fa danni e l'etichetta di film medio ci sta benissimo.
4 - Come d’incanto
Tipico prodotto Disney sdolcinato e melenso? Non proprio. Certo, l'impronta della casa di Topolino è decisamente evidente, così come le influenze di film come Mary Poppins. Ma la pellicola evita anche attentamente diverse trappole, che di solito fanno scadere prodotti di questo tipo ben sotto la sufficienza. Per esempio, sarebbe stato semplice puntare gran parte dell'attenzione sul personaggio della bambina e in questo modo rendere il film adatto soltanto ai minori di dieci anni. Per fortuna, la storia è ben supportata dai due protagonisti. Patrick Dempsey funziona bene in un ruolo che solitamente non offre grandi sorprese e possibilità agli interpreti che lo ricoprono. Ma è Amy Adams che permette alla pellicola di salire decisamente di livello. In un ruolo che avrebbe fatto felice la Julie Andrews del già citato Mary Poppins e di Tutti insieme appassionatamente, la Adams dimostra che la candidatura agli Oscar per Junebug non era certo un fuoco di paglia...
La recensione
3 - La ricerca della felicità
Per il primo film americano di Gabriele Muccino, ci si poteva attendere un lavoro registico spettacolare e che catturasse l'attenzione. Invece, il realizzatore italiano, che in patria aveva dimostrato chiaramente le sue doti tecniche, decide di optare per uno stile più minimalista e misurato. Anche se probabilmente questa scelta gli è costata una candidatura all'Oscar, è stata fondamentale per distanziare la pellicola da tanti prodotti simili. Infatti, sarebbe stato semplicissimo cadere nella retorica, nei buoni sentimenti e nella melassa. Invece, Muccino tiene a bada non solo la storia, ma anche gli attori. Will Smith dimostra una grande maturità, ma è evidente che c'è un'ottima indicazione di regia, che gli impedisce di abbandonarsi ad istrionismi, che invece spesso registi (anche più esperti) gli concedono. Lo stesso vale per suo figlio e per il rapporto che instaurano i due. Peccato che gli altri personaggi siano delle macchiette, ma anche così, non è il caso di lamentarsi, perché tra Muccino e i due Smith il biglietto è decisamente ripagato...
La recensione