I Mercenari 2 è puro equilibrismo

I Mercenari 2 compie l’impresa di dare spazio ad almeno una decina di star soddisfacendo le esigenze di tutte quante in appena 100 minuti

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Questo speciale su I Mercenari 2 fa parte della rubrica Tutto quello che so sulla vita l’ho imparato da Sylvester Stallone.

Guardando I Mercenari 2 si ha ogni tanto la sensazione che le vere imprese, i veri stunt, i veri sforzi sovrumani che spingono il nostro corpo oltre i suoi limiti, non siano tanto quelli compiuti dai suoi protagonisti – quasi nessuno dei quali è più giovanissimo, e il film si impegna per mascherare i loro inevitabili sopraggiunti limiti – quanto quelli di Simon West e dello stuolo di avvocati, agenti, rappresentanti, intermediari ed esperti di negoziati internazionali che si sono dovuti mettere al tavolo a stabilire quanto spazio dovesse essere concesso a ciascuno dei loro assistiti e a definire il range di interazioni permesse e/o proibite.

I Mercenari 2 è un’operazione prima di tutto di equilibrismo. Dopo aver parlato per tantissime settimane di Sly come di un autore che cerca di infilare la propria filosofia e i propri messaggi anche nei suoi lavori apparentemente più superficiali, la saga degli Expendables sembra fatta apposta per smentirci e prenderci in giro. È un giocattolo, un giocattolo voluto da Stallone in persona per raccogliere a sé gli amici di una vita ma anche per intestarsi in qualche modo una forma di primato: “Sono io il primo e l’unico che è riuscito a convincere tutte le grandi star solitarie del cinema action anni Ottanta e Novanta, gente che era abituata ad avere interi film costruiti su misura, a condividere un set e a lavorare di squadra”.

È un sempre più raro caso di film costruito a partire dal cast, non dalla storia. Nel quale Sly voleva infilare tra gli altri anche John Travolta, Nicolas Cage e Jackie Chan, ed è impossibile non chiedersi dove li avrebbe ficcati se davvero li avesse avuti a disposizione. Un film che a un certo punto ha tirato a bordo Chuck Norris e ha quindi visto l’aggiunta di un paio di scene dedicate appositamente a lui, che compare, ammazza gente, fa un paio di battute basate sui Chuck Norris facts e scompare, per tornare poi a galla sul finale quando non si nega una comparsata a nessuno.

È un film di vecchie glorie che si vogliono godere il loro ultimo giro di giostra giocando secondo le loro regole. C’è un solo personaggio maschile sotto i quarant’anni, il povero Liam Hemsworth, la cui utilità di fatto si riduce all’essere una vittima sacrificale per far arrabbiare gli Expendables. C’è una sola donna, certo forte e indipendente e capace di combattere (ma questo nell’universo stalloniano non è una novità dai tempi di Rambo II), ma pur sempre una sola, “come si usava una volta”. Il resto del film è come vedere tutti gli anni Ottanta dell’action compressi in una singola inquadratura, una cosa talmente bella in quanto tale che non ha nemmeno bisogno di un vero film a sostenerla.

Perché ammettiamolo: I Mercenari 2 è, se vi interessano cose come la buona scrittura, peggio del capitolo precedente, che aveva meno ambizioni e lasciava qui e là un po’ di spazio a momenti di filosofia e introspezione (la maggior parte dei quali affidati a Mickey Rourke). Il film di Simon West, invece, fa costantemente a gara con sé stesso per quanto tempo riesce a trascorrere senza far esplodere qualcosa; si apre con venti minuti di insensata distruzione e da lì non abbassa mai il ritmo, anche a costo di sacrificare tutto il resto e diventare una collezione di cartoline dal fronte, di scene singole che servono per dare a questo o quel personaggio l’occasione di mettersi in mostra.

Ovviamente non tutti ricevono lo stesso trattamento: Jet Li viene salutato quasi subito, Terry Crews e Randy Couture continuano a rimanere sullo sfondo dopo un primo capitolo nel quale non avevano fatto granché per farsi notare, e alla già citata new entry Yu Nan, in quanto donna, viene rifilato il ruolo della hacker. Le stelle sono ancora Sly e Statham, gli unici i cui siparietti di coppia hanno un minimo di mordente, ma il meglio arriva dai due personaggi più esagerati e larger than life del film. Da un lato c’è il ritorno di Dolph Lundgren e del suo assurdo Gunner, del quale scopriamo anche il passato da ingegnere chimico (I Mercenari 2 è talmente autoconsapevole che fornisce ai suoi personaggi la stessa backstory degli attori che li interpretano) e l’insospettabile timidezza di fronte alle donne.

Dall’altro il villain, incredibilmente chiamato “Vilain”: se chiedete a noi Jean-Claude Van Damme è l’MVP del film, un cattivo non da operetta ma genuinamente crudele e che l’attore belga interpreta con tutto l’abbandono di quello a cui non frega nulla della quantità di screentime che gli viene concessa – a lui bastano trenta secondi per diventare indimenticabile. E in effetti, in un film che è un’unica lunghissima sequenza d’azione dalla quale si potrebbero isolare decine di momenti memorabili, il più memorabile è il combattimento finale tra lui e Stallone, nel quale i due per qualche minuto sembrano avere di nuovo vent’anni, e se le danno di santa ragione come se non dovessero preoccuparsi degli acciacchi e dei lividi della mattina dopo.

È forse il momento più sincero di un film che altrove viene un po’ affogato dalla CGI e dall’evidente misurino con il quale sono stati distribuiti i minuti a schermo dei vari Stallone, Schwarzenegger, Statham, Willis, Van Damme; un film paradossale, che è di una precisione ragionieristica ma è fatto per parlare al lato più spontaneo e anche infantile di chi è cresciuto con certi film e certi volti. Qualunque sia la vostra opinione su questa storia di plutonio e terrorismo internazionale, come si fa a non ignorare il paradosso e ringraziare Sly per averci regalato I Mercenari 2, e averlo tagliato su misura per noi?

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