I fenomenali anni da co-protagonista di Alberto Sordi
Il decennio in cui Alberto Sordi ai ruoli da protagonista affiancava una valanga di apparizioni in cui mostrava un umorismo folle e demenziale
Racconta Christian De Sica, che a sua volta l’ha sentito dal padre, che il primo incontro tra Vittorio De Sica e Alberto Sordi avviene in un caffè. I due erano entrambi lì anche se in tavoli diversi, non si conoscevano o almeno De Sica non lo conosceva, perché Sordi era ancora alle prime armi dello spettacolo e bazzicava i luoghi frequentati da attori e registi pur non facendone effettivamente parte. Uno di questi luoghi, quel caffè, quella sera ospitava anche un generale che stava facendo a voce alta una requisitoria militaresca sul valore dei soldati. Eravamo nel dopoguerra e non è difficile immaginare come la pensasse Sordi della retorica sul valore, dei soldati che si fanno belli e della pomposità dei generali. Racconta De Sica che ad un certo punto la requisitoria fu interrotta da Sordi che davanti a tutti si alzò e iniziò a urlare fortissimo con fare militare: “SIGNOR GENERALE! E COSA DIRE DEI NOSTRI VALIDI ALPINI?!?!” attaccando una canzone tipica degli alpini sempre a volume altissimo.
Senza insultarlo l’aveva distrutto.
Da lì Vittorio De Sica cominciò ad informarsi su chi fosse quel tipo. Era uno che faceva una gavetta incredibile nel mondo dello spettacolo romano, e lo prese per un piccolo doppiaggio in Ladri di Biciclette (è la voce di un venditore di bici di Porta Portese) e in seguito, anni dopo che l’aveva iniziato a frequentare, gli suggerì di trasportare un personaggio che faceva in radio al cinema, con il suo primo film da protagonista che gli produsse: Mamma mia che impressione!
Il cinema italiano ci ha messo tantissimo per capire che quelle assurdità e quell’atteggiamento potevano far ridere il pubblico ma quando lo ha fatto non ne ha potuto più fare a meno. Lungo tutti gli anni ‘50, nonostante abbia girato due film con Fellini e uno con Pietrangeli oltre ai molti da protagonista assoluto (quelli in cui Rodolfo Sonego creava e scriveva per lui come Il Seduttore, Un Eroe dei Nostri Tempi con Monicelli, IlMarito, IlMoralista...) era attivo in maniera febbrile come spalla in altri film, era la guest star a briglie sciolte che veniva buttata in mezzo per dare ritmo. È in quei film lì che c’è il Sordi più rivoluzionario, totalmente demenziale, imprevedibile, esilarante e cattivissimo. Era il primo, ben prima di Paolo Villaggio, a lavorare sulla pura cattiveria come arma di comicità, l’umorismo dato dalla meschinità e dal politicamente scorretto (per gli anni ‘50), far ridere facendo cose turpi e rompendo tabù.
L’elenco è mostruoso e necessariamente incompleto, oscilla tra sublimi trovate verbali e moltissimo umorismo fisico. Si va da Nando Moriconi di Un Giorno in Pretura (che poi avrebbe avuto uno spin-off a sé dedicato in Un Americano a Roma) che era una specie di ragazzino scemo che imitava gli americani e parlava come gli americani senza sapere l’inglese, uno che fa Tarzan nella marana di Roma, a Ivan Vasseli Lomov di Il Matrimonio o il trasformista di Gran Varietà, ma ancora è pazzesco il piccolo ruolo che ha in Accadde al Commissariato. È un film che aggrega sketch e scenette nel commissariato di Nino Taranto, quello di Sordi è l’ultimo e il più folle, è un nobile che rivendica titoli e diritti ma poi si scopre che è stato arrestato perché gira in gonnellone da donna a fare il piazzista, è una mitraglia di parole inarrestabile, porta tutto un altro ritmo al film e ci vorrà tutto lo sketch per capire perché giri in gonna, ma l’idea in sé è fantastica.
In un modo o nell’altro era sempre un ribelle, non certo il ribelle che protesta in piazza o quello che si batte per i diritti, non era Volontè, era un ribelle del senso comune, uno che non tollerava di far le cose come gli altri, non voleva conformarsi e gli divertiva tantissimo provocare con idee comiche senza senso che solo con lui diventavano sensate. Come in Il Segno di Venere film che mette diverse star intorno alla coppia Loren-Valeri e tra queste ovviamente il più scemo è lui, che cerca di vendere a tutti i costi un’auto senza documenti, scatta in un ballo demenziale ad una festa e poi scoppia in lacrime davanti alla mamma quando lo beccano con l’auto senza documenti. O ancora la follia di Buonanotte… avvocato! in cui per corteggiare la bella Bianca Maria si chiude la testa tra le porte scorrevoli e inventa quello che sarà il suo classico, la scivolata accidentale.
Lungo gli anni ‘50 le idee per personaggi piccoli, di spalla, sembrano esplodergli in testa. Non c’è nemmeno da andare a guardare chi sono di volta in volta gli sceneggiatori dei film perché è evidente da quale sacco venga quella farina, sono tutte idee uniche che esistono solo con Sordi. Il geniale direttore maligno di un ospizio di vecchine di Piccola Posta, film la cui protagonista è Franca Valeri e in cui Sordi maltratta le sue ospiti con un fare sadico esilarante, finendo a prenderle a botte in testa per farle cantare, come fossero uno strumento da lui suonato e zittendo l'ultima con un colpo fortissimo. Un pezzo che visto oggi potrebbe avere come protagonista Zach Galifianakis e Will Ferrel.
A un certo punto non è neanche più umorismo demenziale, in quel decennio con la sua sola presenza era capace di creare un intero universo demenziale che il nostro cinema non conosceva, personaggi assurdi e incredibili che non necessitavano di essere tali in sceneggiatura, perché ci pensava lui.
Si pensi al cantante lirico stanziato a casa della fidanzata, che si comporta da padrone con il padre di lei (Aldo Fabrizi) di Mi Permette Babbo! (alla fine non resisterà e per puro protagonismo inventerà una battuta che non esiste in La Traviata rovinando i suoi unici 2 minuti sul palco perché ha avuto una visione di Giuseppe Verdi che lo autorizza a farlo), senza contare Arrivano i Dollari, in cui di nuovo ha un piccolo ruolo, un nobile che ha preso il titolo di Conte dalla moglie (morta perché spinta da lui in un crepaccio) che trama nell’ombra con complice il grande Turi Pandolfini, suo cameriere personale, maltrattato a colpi di insulti mai sentiti prima e mai sentiti poi: “Che sei stato a caccia di sorci stamattina? Dì la verità vecchio!”, “Guarda che te metto le scarpe strette!”, “Cocce di noci per te stasera!”.
Finirà tutto più o meno con La Grande Guerra, Leone d’oro al Festival di Venezia, e grande svolta per tutti i coinvolti. Poi farà I Magliari di Rosi e comincerà tutta un’altra fase per lui, diversa, in cui molto di quel demenziale viene irregimentato e messo a servizio di un cinema più ampio, più ambizioso e meno locale. Già il personaggio di Il Vedovo, con Franca Valeri, è un matto normalizzato, un uomo che medita di uccidere la moglie e finisce per essere ucciso dal marchese che lavora per lui, e lo stesso vale per quello di Il Vigile, uno scemo qualunque eletto a potente dalla divisa ma che poi impara a sue spese che c’è sempre uno più potente di lui (il sindaco).
Quei dieci anni di piccoli ruoli non torneranno più e Sordi passerà da carta matta a grande attore del nostro panorama. Che è una maturazione e un’evoluzione comprensibile e forse necessaria, una che comprensibilmente mette in ombra quel primo periodo. Riscoprirlo oggi però è quasi un dovere.