I Batman di Joel Schumacher: film sbagliati ma necessari

Batman Forever e Batman & Robin di Joel Schumacher sono stati film sbagliati ma necessari per arrivare ai cinecomic come li conosciamo ora

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Nella lunga e proficua storia d’amore tra Batman e il cinema ci sono due macchie apparentemente indelebili che torneranno necessariamente al centro del discorso almeno per qualche giorno ora che è morto il regista Joel Schumacher. Stiamo parlando di Batman Forever e Batman & Robin, quella parentesi camp tra le stranezze gotiche di Burton e la reinvenzione grimdark di Christopher Nolan, usciti tra il 1995 e il 1997 tra le pernacchie della critica e un successo di pubblico comunque non disprezzabile. Due film che nel grande schema delle cose hanno dato pochissimo al personaggio di Batman e al franchise intero, ma che hanno molte più cose interessanti da dire di quello che si pensa di solito, quando si tende a derubricarli a “quel film dove Batman ha i capezzoli e quello dopo che è ancora peggio”. Nonché due pellicole con parecchie cose da salvare, la maggior parte delle quali merito di Joel Schumacher, che se n’è andato ieri a ottant’anni dopo una carriera lunga, fruttuosa e soprattutto estremamente divertente (per lui in primis).

BATMAN FOREVER

Nel 1995 Batman Forever fu uno shock. Il pubblico che aveva appena scoperto Batman l’aveva fatto grazie a Tim Burton, Autore, che si era impadronito del personaggio e del setting e l’aveva piegato alle sue esigenze e al suo immaginario fatto di freak e di set cinematografici trattate come le quinte di un teatro (provate a riguardare oggi Batman - Il Ritorno e diteci che non è uno spettacolo teatrale travestito da film). Chiunque avesse scoperto l’uomo pipistrello grazie a Burton – e stiamo parlando di parecchie persone – associava il personaggio a una certa cupezza di fondo, al trauma, a una visione della realtà virata al blu scuro non solo cromaticamente ma anche filosoficamente. Un approccio autoriale che piacque il giusto a Warner Bros., non del tutto soddisfatta dal fatto che Returns incassò 150 milioni in meno del suo predecessore: l’idea fu dunque quella di dare una sterzata al franchise, di cambiare toni e palette cromatica, e per farlo fu chiamato un uomo che si era formato come costume designer e che fin lì aveva dimostrato di sapersela cavare più o meno con tutto, dal coming of age al legal thriller al film di vampiri.

Schumacher dal canto suo amava Batman, e avrebbe tanto voluto portare sul grande schermo Anno uno di Frank Miller, in sostanza l’opposto polare di quello che Warner voleva da lui. Successe quindi che in corso di produzione tutte le idee di Schumacher considerate troppo cupe e non vendibili vennero messe in soffitta, e Batman Forever nacque principalmente come veicolo per vendere giocattoli e per ridonare a Batman il suo status di “eroe per tutti grandi e piccini”. Stiamo parlando di un film per il quale Warner non prese neanche in considerazione l’idea di richiamare Tim Burton perché McDonald’s aveva detto che Batman - Il Ritorno era invendibile sotto forma di Happy Meal perché non adatto ai bambini. È la prima lezione importante da ricordarsi quando si parla di Batman Forever: quasi nulla di quello che si vede è frutto di un’idea originale e autoriale di Schumacher, ma dell’incessante labor limae di decine di focus group impegnati a sanificare e neutralizzare qualsiasi spigolo rimasto al Cavaliere Oscuro.

Questo non vuol dire che Schumacher abbia approcciato Batman Forever come farebbe un qualsiasi regista di servizio: messo di fronte alla necessità di fare un film camp, colorato e divertente, il regista americano, omosessuale dichiarato e la cui queerness è sempre stata parte della sua cifra stilistica, decise di puntare tutto sull’ipersessualizzazione, e sull’esplicitazione del sottotesto omoerotico che lui stesso percepiva nel rapporto tra Batman e Robin. Esatto, stiamo parlando soprattutto di una cosa: la famosa/famigerata “tuta con i capezzoli”, universalmente indicata come una pessima idea e che è invece una scelta stilistica potentissima e provocatoria: la sua esistenza è Schumacher che grida «volete le cose divertenti e colorate? E io smarmello come piace a me». È quindi un peccato che quasi tutto il resto non funzioni, e ancora una volta non per colpa del suo regista: Batman Forever è un manuale di come non si mette in piedi una produzione e soprattutto di quanto la scarsa professionalità e l’ego di un paio di attori possano far deragliare un’opera.

Parliamo soprattutto di Val Kilmer, che venne chiamato da Schumacher che se n’era innamorato in Tombstone e che su quel set fece le prove generali di quello che poi avrebbe combinato al povero Richard Stanley per L’isola del dottor Moreau. Ma parliamo anche delle, chiamiamole così, frizioni tra Tommy Lee Jones e Jim Carrey, che lo stesso Schumacher ricordava: «Tommy è uno che vuole sempre rubare sempre la scena. Ed è impossibile rubare la scena a Jim Carrey. Credo che questo abbia irritato molto Tommy», che il regista definì anche, in maniera molto più sintetica ed efficace, «uno stronzo». La storia di Hollywood insegna che su cento film girati in queste condizioni, uno è Apocalypse Now e gli altri novantanove ne escono malissimo, con problemi su problemi che si affastellano e si ripercuotono anche su tutto il resto del comparto produttivo. E infatti Batman Forever, il film più visto del 1995 e che ottenne anche tre nomination agli Oscar, è un film sgangherato, sconclusionato, senza ritmo e pieno di linee narrative che sfociano nel nulla e vengono presto dimenticate; una bella confezione riempita di confusione, ego e un Batman dimenticabile per tutto tranne che per le carnosissime labbra di Val Kilmer.

BATMAN & ROBIN

E se Batman Forever fu soffocato dai suoi problemi e da una certa confusione creativa – con tutto il bene che si può volere ai reparti marketing di tutto il mondo, costruire un film intorno al concetto di “vogliamo vendere più Happy Meal” difficilmente porterà risultati apprezzabili –, Batman & Robin è... be’, un pasticcio fatto e finito, girato in pochi mesi e ispirato prima di tutto alla serie anni Sessanta con Adam West (dai toni giù giù fino agli effetti sonori ultra-camp), un’idea che funzionava alla grande negli anni Sessanta e con il suo limitato budget ma che trasportata al cinema trent’anni dopo e in un contesto produttivo più lussuoso smette di avere senso e diventa francamente insopportabile. In un certo senso, B&R è un film di Schumacher molto più di quanto lo fosse Batman Forever: purtroppo è proprio questa ritrovata autorialità che ammazza il film, tanto che lo stesso regista anni dopo chiese scusa e si giustificò spiegando che «io volevo solo far divertire la gente».

Sarebbe bello poter dire che esagerava, e che rivisto oggi B&R è un film molto migliore di quello che ci siamo raccontati per anni; purtroppo non è così, nonostante tutto l’impegno profuso dai due villain di turno (Uma Thurman e soprattutto Arnold Schwarzenegger). È un film sostanzialmente stupido, che si regge su una sceneggiatura fin troppo consapevole di stare viaggiando sul confine della parodia – vale sempre la pena ricordare che stiamo parlando del film con la Bat-carta di credito – ma che non riesce mai ad abbandonarsi del tutto all’idiozia; il risultato è un ibrido tra la commedia più becera e un film di Batman, nel quale il dettaglio meno interessante è lo stesso pipistrello (anche per colpa di George Clooney, poveraccio, il peggior Batman di sempre a mani bassissime).

Eppure, persino Batman & Robin “ha fatto anche cose buone” come si dice in questi casi, dimostrando che non era più tempo per il camp e per gli Happy Meal e che, se si voleva recuperare il personaggio e ri-trasformarlo in una macchina da soldi, era necessaria una sterzata netta: ci vollero otto anni per trovare Christopher Nolan e fargli girare Batman Begins, ma su quel risultato Warner campa ancora oggi, in parte grazie, be’, a Nolan e al fatto che ha girato due grandi film e mezzo, in parte grazie a Joel Schumacher che è riuscito a dimostrare nel giro di due film che il Batman colorato e divertente semplicemente non funziona, almeno non al cinema, sicuramente non a cavallo tra gli anni Novanta e i Duemila.

Ecco, vedetela così: senza B&R non avremmo avuto Christian Bale, Heath Ledger e le sue cicatrici, il dilemma del prigioniero applicato a un cinecomic (e probabilmente neanche Batman V Superman e Justice League, ma questo non è detto che sarebbe stato un male). Per cui avete tutto il diritto di odiare Batman Forever e Batman & Robin e di ritenerli filmetti o addirittura filmacci, ma ringraziate Joel Schumacher che si è immolato per tutti noi, e senza il quale oggi saremmo ancora fermi all’ennesima iterazione del circo dei freak di marca burtoniana. L’evoluzione, anche quella di un personaggio di finzione, passa anche da errori e correzioni in corsa.

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