Horizon Zero Dawn è la cosa più vicina al videogame di Xena - Principessa Guerriera

Passaggio epocale, Aloy non è solo un buon personaggio femminile (non mancano), quel che Horizon Zero Dawn propone è femminismo tramite gamplay

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Il paragone più calzante per Aloy, la protagonista di Horizon Zero Dawn, è Xena. Lo si capisce da come è presentato il personaggio, da cosa fa e come gli altri si rapportano a lei. Ma trattandosi di un videogioco lo si capisce soprattutto dal gameplay.

A metà anni ‘90 Xena - Principessa Guerriera causò un piccolo terremoto nella serialità televisiva. Partita come uno spin-off di un’altra serie, Hercules, si affermò subito come una saga di successo maggiore. Sei stagioni e una tacca profondissima nella produzione televisiva (basti dire che la community che si creò fu così potente da creare di fatto il termine “alternative fan fiction” per le molte storie che producevano). La sua protagonista e la sua aiutante diventarono in breve un nuovo standard in termini di personaggi femminili, due anni dopo non a caso venne Buffy, altro esempio di donna in un ruolo tradizionalmente maschile che però non agiva come facevano gli uomini.

Nonostante non manchino i buoni personaggi femminili nei videogiochi, lo stesso Aloy non è come le altre. Negli ultimi anni molto è cambiato, Dishonored 2, Tomb Raider, Mirror’s Edge e molti altri titoli propongono donne che non sono buone solo per il consumo dello sguardo maschile, definite cioè dalle loro componenti sessuali, ma che sono tali per come intendono il mondo intorno a sé e che sono eccezionali in quel che fanno. Eppure Horizon Zero Dawn fa di più, non ha solo una donna al centro ma fa di tutto per dimostrare come lei possa essere più abile degli uomini in quello che tradizionalmente è il loro campo da gioco: la violenza primitiva. Fare esattamente quel che fanno gli uomini, da protagonista e farlo con e contro di loro.

[caption id="attachment_162770" align="aligncenter" width="600"]horizon zero dawn screenshot Horizon Zero Dawn[/caption]

Siccome però tutto ciò che di interessante i videogame hanno da dire lo dicono con le dinamiche di gioco, Horizon Zero Dawn non crea solo una storia originale intorno ad Aloy ma fa in modo che il giocatore interagisca in maniera significativa con il mondo attraverso lei. E' un ottimo misto di tutto ciò che conosciamo dei giochi tripla A in terza persona, dal sistema “radar”, attraverso il quale si possono vedere dove sono i nemici, segnarne la posizione, controllarne i movimenti anche se fuori dal raggio visivo, all’uso della modalità stealth, all sistema di miglioramento delle abilità, di raccolta di risorse per commerciare o costruire altre armi, fino ai controlli. Tutto ciò che i grandi giochi hanno sperimentato e decretato come efficace (incluso il sistema di dialogo) è fuso in questo titolo con una fluidità impressionante e messo al servizio di Aloy, una donna che lotta quasi solo con uomini per essere accettata dalla comunità.

"Horizon Zero Dawn di fatto mette al lavoro il giocatore nei panni di una donna abile che tenta di farsi strada in una società che non la accetta e la marginalizza"

Come in The Last of Us c’è una minaccia esterna, cioè le macchine, e una interna, gli esseri umani spesso peggiori del nemico esterno. Sono però tutti uomini i personaggi che si oppongono ad Aloy, quelli facili da battere, quelli che tramano e quelli che la disprezzano. Sono invece donne tutte le figure di comando in questo mondo matriarcale in cui chi, come lei, non ha una madre è una reietta della società. Aloy deve continuamente dimostrare di valere, esclusa dalla sua comunità dovrà superare una prova per essere accettata ma come spesso accade non sarà mai accettata davvero. Ha insomma un quest che non è il riciclo di uno maschile, ma è qualcosa di estremamente specifico.

In questa maniera Horizon Zero Dawn di fatto mette al lavoro il giocatore nei panni di una donna abile che tenta di farsi strada in una società che non la accetta e la marginalizza. L’atto stesso del giocare, del superare prove, mette continuamente Aloy a confronto con maschi, sia quelli che stende o uccide, sia quelli che stanno con lei e che lei aiuta, quelli per i quali fa il grosso del lavoro e di cui è più brava. Siano opposti o alleati lei li supera sempre. Eppure non viene mai accettata per quello che è. Non è una questione narrativa, perché nei videogiochi le cose si “fanno”, è una questione di frustrazione data dall’essere evidentemente abili come tutti i protagonisti di un videogame ma vederlo difficilmente riconosciuto (se non da altre donne).

[caption id="attachment_168961" align="aligncenter" width="600"]Horizon Zero Dawn screenshot Horizon Zero Dawn[/caption]

È allora ancora più meravigliosa la scelta dell’ambientazione che, fingendosi passatista, in realtà afferma il potere distintivo della tecnologia. In un mondo diventato primitivo, dove conta solo la forza, Aloy è in possesso di un artefatto tecnologico da lei trovato quand’era piccola. Una specie di client di una rete globale che le fornisce dati del mondo intorno a lei, e la mette in comunicazione con altre macchine. Effettivamente Aloy fa di più perché ha più informazioni, non ha temuto la tecnologia benché cresciuta in una società che la rigetti e ora l’uso di essa la separa subito dagli altri, la mette su un altro piano. Andando avanti poi questo sarà ancora più evidente quando si impara a comandare le macchine e cavalcarle. In un mondo in cui la tecnologia è magia Aloy, per come padroneggia gli strumenti tecnologici ad istinto è praticamente una strega, il simbolo più arcaico di fobia femminile da parte degli uomini.

Molto si è discusso se tutto ciò sia solo un gender swap (usare donne dove solitamente si usano uomini) o un vero atto di femminismo. Difficile non propendere per la seconda ipotesi, poiché femminismo non è “essere dalla parte delle donne” o affermare che donne e uomini sono uguali (quello è “buon senso”). Femminismo è una forma di attivismo, cioè fare qualcosa per far cambiare idea agli altri. E Horizon Zero Dawn fa esattamente questo.

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