Cosa c'è di Hitchcock in Duel di Steven Spielberg?

Cosa c'è di Hitchcock in Duel di Steven Spielberg? Il nostro speciale in occasione dell'uscita di The Fabelmans

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Mandato in onda il 13 Novembre 1971 dal network Abc come “film della settimana”, poi distribuito in Europa al cinema in versione rivista e ampliata nel 1972, Duel è l’inaugurazione della carriera del regista americano più noto di sempre: Steven Spielberg.

Esistono le letture più disparate di Duel, ma a livello più immediato è un duello - o forse è più sensato definirla una “caccia” - tra un “Mr. everyday regular fella”, che infatti si chiama David Mann (quasi letteralmente “un uomo”), e un’autocisterna dalla consistenza animalesca, dal guidatore ignoto; una sfida su ruote nei paesaggi di un’America provinciale, nell’entroterra dei campi lunghi che proprio nei Settanta Hollywood stava riscoprendo nella loro dimensione più inquietante, violenta, uno spazio dove liberare le pulsioni represse (e che ancora a vent'anni di distanza troveremo con lo stesso segno in Thelma & Louise di Ridley Scott). In questa sfida reale ma possibilmente piena di metafore ci si è visto di tutto, come ricorda il grande studioso Franco La Polla, un apologo sulla violenza nelle strade, un’allegoria tecnologica, una versione aggiornata del mito del leviatano... O ancora, aggiungiamo, un film su una mascolinità in crisi che vuole riconquistare la sua prestanza (si pensi a tutti i suggerimenti che ci dà Spielberg in questo senso, dai dialoghi che si sentono alla radio alla conversazione di David con la moglie dove si intuisce che David è un uomo che sta perdendo il suo ruolo)… E, last but not least, un film sulla crisi dell’american dream di uomini ordinari che hanno paura di perdere ciò che hanno conquistato. Sono tutte letture possibili, immaginabili e che segnano in sé la qualità di un film che nella sua essenzialità sconcertante sa invece racchiudere le più disparate interpretazioni.

Per leggere, oggi, Duel ha allora forse senso fare qualche passo indietro e tornare alle stesse parole di Spielberg, il quale ha definito il suo primo film “Psycho e Gli uccelli su ruote”. Se è vero, anzi più che vero, che i grandi registi sono quelli che sanno “rubare” dai grandi maestri del passato facendo proprie quelle suggestioni, Spielberg in questo senso a soli 24 anni era già all’altezza di tale compito: erede di Alfred Hitchcock, “totalmente Spielberg” già alla suo primo film, padrone del linguaggio e dello stile a livelli che pochi autori ben più navigati si potevano sognare.

L’ironia nella tensione - Intrigo internazionale

Il cinema di Steven Spielberg è fatto di persone ordinarie in situazioni straordinarie. Lo sarà per tutta la sua filmografia, insieme all’idea di avventura, di sfida, al tema dell’altro in relazione all’io. Tutte tematiche che certamente si possono anche trovare in Hitchcock. Ciò che di veramente hitchcockiano c’è in Duel è in primis la dimensione di tensione e di sospetto.

Non si tratta della suspense hitchcockiana vera e propria (per lo spettatore sa qualcosa in più del personaggio). Chi guarda, infatti, ne sa quanto David sul suo assalitore: ovvero niente. Come David ci chiediamo per tutto il film chi guidi il camion, perché lo sfidi e con lui ci guardiamo attorno nel diner mentre cerchiamo di capire da alcuni dettagli (gli stivali) quale degli uomini in sosta possa essere il nostro. Questa dimensione thrilling Spielberg l’aveva probabilmente maturata dai set della serie televisiva Night Gallery a cui aveva lavorato, così come l’uso dell’elemento ironico, come quando il benzinaio entra all’improvviso nell’inquadratura, facendo sussultare David e anche noi. L’improvvisa entrata in campo e più in generale l’ironia nella tensione è allora il primo nucleo dell’eredità di Hitchcock in Duel. Come Hitchcock, Spielberg in Duel si fa beffe del suo stesso personaggio ma anche di chi guarda; crea aspettative sulla base di indizi e suggerimenti visivi salvo poi distruggere le nostre speranze o cambiare improvvisamente direzione. In questa situazione di naufrago vissuta da David in un mondo apparentemente senza senso, c’è tutta l’ironia dei personaggi hitchcockiani: uomini spesso perseguitati per un puro equivoco o che finiscono senza volerlo in situazioni molto più grandi di loro e che osserviamo mentre cercando di uscirne come meglio possono.

La scena più lampante in questo senso è quella in cui David, agitato, chiama al telefono la polizia da una cabina in mezzo al deserto tra teche di serpenti esotici. Già la location è surreale, eccentrica, inaspettata. In più David non sa dire dove si trova e la polizia non capisce il suo nome: "Mann"... uomo? Nel frattempo, sullo sfondo, l’autocisterna killer sta puntando verso un David ignaro per colpirlo. E come non pensare all'iconica scena di Intrigo Internazionale con Cary Grant che scappa dall'aereo?

L'ignoto e l'animale - Gli uccelli

Nel “futuro” Spielberg l’ignoto acquisterà le sembianze di una incredibile (nel senso di fuori dall’ordinario) meraviglia associata all’idea di stupore o di timore. Come presto lo squalo in Jaws sarà l’ossessione di Roy Scheider, per quanto qui l’animale sia metaforico è più che lecito dire che l’autocisterna di Duel susciti nel protagonista le stesse dinamiche di sfida uomo-animale. Non vediamo mai il guidatore e funziona proprio come un predatore tutt’altro che umano che dà la caccia a David e a cui David deve rispondere “abbassandosi” alla stessa tattica, trasformandosi da ordinary man a un cacciatore su asfalto. L’autocisterna animale è quindi il simbolo di un ignoto indefinito incarnato dall’animale: proprio come in Gli uccelli di Hitchcock, dove i volatili sono l’irrazionalità che irrompe nel quotidiano, quel pericolo che turba le sicurezze borghesi. Una vera e propria pulsione di morte, inspiegabile proprio come la violenza gratuita a cui David Mann è letteralmente costretto e che, ironicamente, ancora nella scena della cabina telefonica Spielberg potrebbe forse stare citando direttamente...

Una lettura più estrema di Gli Uccelli di Hitchcock è quella che ha portato Lee Edelman, teorico della rivendicazione gay, a leggere il film come un attacco all'ordine sociale costituito. La lettura di Edelman si sofferma sul ruolo simbolico dei bambini, depositari delle speranze del futuro della società (nati da una sessualità con fini riproduttivi), attaccati quindi da questa forza ignota che rappresenterebbe un assalto alle fondamenta della società. Se la lettura di Edelman è certamente eccentrica e particolare - per quanto interessante - ciò che ci riconduce a Duel è però la stessa idea di sessualità e ruolo maschile represso "stimolato" da una sfida esterna, animale, ignota. David Mann viene infatti sfidato dall'autocisterna e porta questo a riflessioni più o meno consapevoli sul suo essere marito, uomo. Padrone della sua vita, della sua quotidianità. Tutte sicurezze che David pensava di avere quando dalla prima inquadratura vediamo, in soggettiva, uscire dal garage dalla sua villetta suburbana, fino al momento in cui - proprio nella wilderness - viene privato di ogni certezza.

Psyco

È però in Psyco, infine, che ritroviamo in modo più evidente tanti elementi di Duel. Rivediamo Psyco e il viaggio in macchina di Janet Leigh verso la sua futura morte in quello di David, nelle inquadrature in semisoggettiva dalla vettura; l'uso degli animali come promessa di morte e violenza (pensiamo all'inquadratura di Norman Bates con sullo sfondo gli uccelli impagliati); vediamo Psyco nella costruzione dell’azione per momenti di tensione e insieme ironici e, in generale, rivediamo Hitchcock nell’inutilità della polizia e dell’ordine costituito. Ci sono tutto Hitchcock e tutto Spielberg nell’ironia di una storia che illude noi e il protagonista di essere arrivati a una risoluzione proprio quando, giusto un secondo dopo, ci rendiamo conto che tutto quello a cui abbiamo assistito è semplicemente inspiegabile e straordinario.

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