Heath Ledger: un ricordo


Il talento di Heath Ledger sembrava sul punto di esplodere grazie a The Dark Knight. Ma purtroppo sarà la sua ultima interpretazione, in una carriera comunque notevole...

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Rubrica a cura di ColinMckenzie

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Nel 2001, la Fox organizzò una visita al set de La setta dei dannati (The Order) un horror paranormale che veniva girato a Cinecittà e che all'epoca era molto atteso (lo so, a ripensarci col senno di poi...). Oltre alla possibilità di vedere com'erano i set, ci fu anche una conferenza stampa, in cui feci un paio di domande, neanche polemiche, a Heath Ledger. La sua reazione mi sorprese, perché rispose in maniera piuttosto aggressiva, difendendo il film anche oltre il dovuto.

Sembrerà un modo un po' strano per incominciare il ricordo di una persona morta così prematuramente, ma in realtà devo dire che la sua reazione mi fece piacere. Abituato a grandi star che parlano sempre in maniera diplomatica (ergo, banale e dorotea), l'idea che qualcuno osasse esprimere chiaramente la propria personalità, senza cercare di compiacere l'intervistatore di turno, mi fece un'impressione molto positiva.

Curiosamente, La setta dei dannati fu un film che segnò una svolta nella sua carriera, anche se non per le ragioni previste. I numerosi problemi produttivi portarono ad un'uscita ritardata di due anni, con un massacro della stampa e risultati insignificanti al botteghino. Qualcuno parlava di fine di Heath Ledger, considerandolo semplicemente il solito attore che ha successo da giovanissimo e che poi non ha più nulla da dire.

Invece, Ledger si è costruito una carriera notevole, non tanto per i risultati economici (a parte I segreti di Brokeback Mountain, nessun vero successo, in attesa ovviamente di The Dark Knight), ma per il coraggio di certe scelte. Sarebbe stato semplice prolungare la sua 'adolescenza' cinematografica e continuare a fare ruoli da ragazzino in pellicole romantiche rivolte al pubblico più giovane. Per fortuna, non è andata così, anche se il rischio ora è che le similitudini con la vita reale prendano il sopravvento.

Certo, la tragica fine che fa il suo personaggio in Monster's Ball verrà sicuramente citata, così come il ruolo di drogato nel recente Paradiso + inferno. E che dire del Bob Dylan più tormentato tra i 6 diversi che vediamo in I'm Not There, in cui esprimeva i problemi familiari del musicista e i suoi problemi con i paparazzi? Tutto vero e materiale succulento per creare il solito parallelo tra arte e realtà. Però, sarà anche il caso di ricordare che nel suo film più famoso, I segreti di Brokeback Mountain, era lui quello che andava avanti, nonostante tutte le difficoltà. O che in Lords of Dogtown emergeva un suo lato decisamente ironico.

Insomma, le basi per costruire la solita icona maledetta ci sono tutte, ma sarebbe forse ingeneroso e sbagliato. Capita spesso (penso per esempio a due leggende musicali come Kurt Cobain o Ian Curtis) che si estrapoli dal materiale artistico un disagio interiore che si vuole sempre collegare all'arte. Ma qui (oltre al fatto decisivo che non sembra trattarsi di suicidio), l'impressione è che le vicende personali siano stata la causa dei suoi problemi, più che un certo spleen malinconico con cui si vorrebbe etichettare questo attore. D'altronde, se così non fosse, uno come Jack Nicholson (che magari dovrebbe scusarsi per certe sue dichiarazioni sul nuovo Joker) sarebbe morto da trent'anni.

La realtà è che trovare significati precisi in una morte non è sempre una strada corretta. A volte, il caso la fa da padrone. I bookmaker puntavano sulle morti di Britney Spears o Lindsay Lohan? Beh, magari è, paradossalmente, più sicuro sballare ogni notte in compagnia (in modo che, se si va in overdose, c'è qualcuno che ti salva) piuttosto che isolarsi come ha fatto Ledger. La realtà è che magari sarebbe bastata la telefonata di un amico quello stesso giorno, poco dopo aver ingerito le pillole, per capire che c'era qualcosa che non andava e magari salvarlo. Ledger magari sarebbe sopravvissuto e avrebbe dato una svolta alla sua vita personale. O forse no e sarebbe semplicemente morto qualche mese più tardi. Non lo sapremo mai, ma di sicuro non è il caso di valutare la sua dipartita con la precisione millimetrica di una sceneggiatura cinematografica ben calibrata, in cui il finale può essere uno solo ed è logico.

Per questo, rimango un po' sorpreso dalla cattiveria di David Poland (con folli paragoni con i militari in Iraq, che peraltro almeno hanno scelto cosa fare) o di Jeffrey Wells . L'impressione è che si voglia rimproverare a Ledger di non aver soddisfatto un certo tipo di sogno (più che americano, ormai internazionale), in cui se hai successo devi anche essere felice. E se non lo sei, allora ecco che "sei un ingrato, non hai idea dei veri problemi della gente, sei il solito attore di Hollywood viziato", ecc. Certo, anche a me fa impressione che una persona con una bambina piccola non sia riuscito a rimettersi in carreggiata per non lasciarla senza padre. Ma prima di giudicare ci penso qualche migliaio di volte, anche considerando che la sua morte sembra proprio una tragica fatalità.

Forse, più che tante parole e commenti, la cosa migliore da fare per ricordarlo è rivedere le sue interpretazioni migliori e cercare di concentrarsi sulle sue qualità di interprete. Cosa che in questo momento, tra tutti i dubbi legati alla sua morte, mi sembra una delle poche sicurezze che abbiamo...

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